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Il Foglio Rassegna Stampa
13.04.2023 In Siria le armi dell’Iran
Analisi di Cecilia Sala

Testata: Il Foglio
Data: 13 aprile 2023
Pagina: 10
Autore: Cecilia Sala
Titolo: «L’Iran piazza armi tra gli aiuti in Siria, dove ha il suo “stato parallelo”»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 13/04/2023, a pag.10, con il titolo "L’Iran piazza armi tra gli aiuti in Siria, dove ha il suo “stato parallelo” ", l'analisi di Cecilia Sala.

Cecilia Sala (@ceciliasala) | Twitter
Cecilia Sala

La Siria e le posizioni altalenanti dell'Iran - Arabpress

Roma. Il 6 febbraio c’è stato un terremoto devastante nel sud della Turchia che, soltanto in Siria, ha causato più di seimila morti: a poche ore dalla scossa di magnitudo 7.8 l’esercito della Repubblica islamica dell’Iran è stato tra le prime istituzioni al mondo ad annunciare un pacchetto di aiuti che sarebbe atterrato nel minor tempo possibile ad Aleppo e a Damasco, a casa di Bashar el Assad. Due giorni dopo un funzionario israeliano che preferiva restare anonimo aveva detto al giornale saudita Elaph: “Israele non si farà problemi a bombardare le armi iraniane dirette nel paese che vengono spacciate per aiuti umanitari”. Ieri un’esclusiva della Reuters ha svelato che i voli cargo umanitari di Teheran erano pieni di armi e altre tipologie di equipaggiamento militare, la notizia è stata confermata alla testata da nove fonti tra i funzionari di Siria, Iran, Israele e paesi occidentali. Quelle armi servono allo “stato parallelo” che la Repubblica islamica si è costruita nel paese nell’ultimo decennio. A febbraio circolavano in rete i filmati di scene impensabili fino a pochi giorni prima, come quella in cui, nell’aeroporto turco di Gaziantep, si vede un aereo israeliano che atterra proprio accanto a uno dell’aviazione militare iraniana. Le fotografie di quell’istante avevano fatto il giro della stampa di entrambi i paesi. Nel frattempo, secondo Reuters, le stesse tipologie di cargo di Teheran atterrati un po’ più in là, ad Aleppo, contenevano pezzi di ricambio per la contraerea siriana di fabbricazione iraniana, radar, microchip per uso militare e sistemi avanzati per le comunicazioni sicure tra i combattenti. L’operazione era organizzata dalla divisione siriana dell’Unità 18000 e il trasporto era affidato alla 190. Entrambe fanno parte della Forza Quds, quella che si occupa delle missioni “speciali” all’estero dei pasdaran e che è stata comandata dal generale Qasem Soleimani finché non è rimasto ucciso in un attacco americano a Baghdad a gennaio del 2020. L’uomo che ha preso il posto di Soleimani, il generale pasdaran Esmail Qaani, è stato il primo straniero a mettere piede nella porzione siriana della zona terremotata, prima addirittura dello stesso presidente Bashar el Assad. Nell’operazione degli aiuti iraniani c’era un cortocircuito fin dal principio perché, per la maggior parte, i danni provocati dal terremoto avevano colpito le aree ribelli: cioè i nemici del presidente siriano e quelli che lui, insieme all’alleato iraniano, normalmente bombarda. Assad, a dodici anni dall’inizio della guerra civile, controlla soltanto il 60 per cento del suo paese ma – secondo un’analisi di Jonathan Spyer, direttore delle ricerche del think tank Middle East Forum, pubblicata di recente dal Wall Street Journal – neppure quello. L’Iran si è costruito uno stato nello stato di fronte al quale persino Assad deve chiedere il permesso per poterlo attraversare, e in cui le milizie della Repubblica islamica operano senza consultarlo. Il presidente siriano è in una fase di frenetico lavoro diplomatico e ha già riallacciato i rapporti con Egitto, Tunisia, Emirati Arabi Uniti e, quasi, con l’Arabia Saudita, dove ieri il ministro degli Esteri siriano è atterrato per la prima visita dal 2011. “Ma questi tentativi di proiettare un’immagine di normalità del dopoguerra sono smentiti dalla situazione sul terreno”, scrive Spyer. Dove, a partire dalla fine di marzo, si è vista un’esclation tra le milizie iraniane e i militari americani (a cui si aggiungono i bombardamenti dal cielo d’Israele) con morti da entrambe le parti. L’ultimo scambio di fuoco risale a due giorni fa. L’ex consigliere israeliano per la Sicurezza nazionale, Yaakov Amidror, ha detto che Israele era riuscito a distruggere fino all’80 per cento della capacità militare dell’Iran in Siria. Ma secondo le fonti d’intelligence occidentali sentite da Reuters, gli iraniani hanno usato il terremoto e i voli umanitari “per trasferire di nuovo lì le enormi quantità di munizioni che avevano perso negli attacchi con i droni degli israeliani”.

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