Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 11/04/2023, a pag. 5, con il titolo "Kurt Volker: “La talpa è un insider controllato da Mosca per colpire Zelensky” " l'intervista di Paolo Mastrolilli.
Paolo Mastrolilli
Kurt Volker
NEW YORK — «Una talpa interna, probabilmente reclutata dai russi, che pubblicano i documenti per demoralizzare Kiev e dividere gli alleati. La controffensiva però ci sarà e avrà successo ».
Kurt Volker, ex analista Cia, ambasciatore Usa alla Nato, e inviato della Casa Bianca per l’Ucraina, è al crocevia perfetto per interpretare la fuga dei documenti segreti. Come giudica questo caso? «Molto preoccupante. Sembra un grande “leak” come Wikileaks. È grave per i contenuti, che rivelano cosa pensa il Pentagono sulla guerra, gli alleati, le mosse della Russia, ma anche perché scopre fonti e metodi sulla raccolta dell’intelligence».
Un altro Snowden? «Deve essere un insider. Sarei sorpreso se avessero raccolto le informazioni con l’hacking. Qualcuno da dentro le ha copiate».
Difficile lo spionaggio elettronico, visto che si tratta di foto? «È quello che ho sentito».
Un membro deluso della comunità dell’inteligence? «Non lo sappiamo, sono speculazioni, ma è quello che sospetto».
Ha agito di sua iniziativa, o reclutato e pagato dai russi? «Non abbiamo prove che una potenza straniera abbia diretto l’operazione, ma sembra piuttosto probabile».
A Mosca non conveniva tenere per sé le informazioni? «Bisogna considerare i possibili propositi. Se è stata la Russia, l’obiettivo principale è demoralizzare gli ucraini, mostrando che gli Usa dubitano di loro e delle capacità di Kiev. Washington ritiene che avranno problemi più grandi di quanto non pensino nella controffensiva, e questa è la ragione per pubblicarle».
Non potrebbe essere un insider contrario alla guerra? «Difficile dirlo, sono speculazioni. È possibile, ma difficile».
Oltre a demoralizzare gli ucraini, quali sono i danni più gravi? «La rivelazioni su fonti e metodi dell’intelligence. Sembra che abbiamo fonti nell’apparato militare russo con accesso a molte informazioni. Il rischio è che Mosca faccia un’inchiesta per capire da dove vengono, tecnologia o persone, e fermarle. Può portare al prosciugamento di alcune fonti».
Sul piano operativo che danni fanno i “leak”? «Non molti, ad essere onesto. Vedremo una robusta offensiva di primavera. Non immediata, tra alcune settimane, perché prima devono cambiare il tempo, asciugarsi il terreno, e arrivare le nuove armi. L’offensiva non era immediata, e quindi c’è tempo per eventuali aggiustamenti. Carri armati, artiglieria, migliori difese aeree aiuteranno gli ucraini. Sono in buona posizione per riprendere significativi territori tra la primavera e l’estate».
Quindi saranno in una posizione migliore per il negoziato? «Non sono sicuro. Non credo che Putin abbia alcun interesse a trattare. Gli ucraini riconquisteranno più territori, saranno in posizione migliore, ma non li vedo lanciare seri negoziati».
Quindi uno stallo, ma in condizioni migliori per Kiev? «Esatto».
Questa strategia non crea spaccature nell’alleanza occidentale? «Non direi. La Francia, forse la Germania, credono ancora che il tema sia la relazione futura con la Russia. Non possono spingere gli ucraini al negoziato, ma vogliono vederne l’inizio. Trascurano però il fatto che Putin è personalmente impegnato nella guerra e non intende fare passi indietro»
I documenti non creano problemi con gli alleati? «Durante l’amministrazione Obama si venne a sapere che spiavamo il cellulare della cancelliera tedesca Merkel, ciò ebbe un impatto. Ci saranno effetti con Israele, Corea, forse altri».
La preoccupazione per munizioni e difese aree non potrebbe accelerare le consegne? «Gli Usa hanno deciso che servono e le stanno dando. I tempi dipendono dal desiderio di non provocare un’escalation che porti allo scontro diretto tra Usa, Nato e Russia, e dalla necessità di conservare armi per noi, ma l’amministrazione ha fatto molto».
Potrebbero accelerare gli europei? «Sono più lenti, ma il problema è che hanno così poco equipaggiamento militare, da poter contribuire in maniera limitata. È il frutto di decenni di pochi investimenti nella difesa».
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