Attentato a San Pietroburgo: chi è l'autore? Commento di Anna Zafesova
Testata: La Stampa Data: 04 aprile 2023 Pagina: 13 Autore: Anna Zafesova Titolo: «La Wagner e la finta presa di Bakhmut, il grande fake per mascherare le difficoltà»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 04/04/2023, a pag.13 con il titolo "La Wagner e la finta presa di Bakhmut, il grande fake per mascherare le difficoltà" il commento di Anna Zafesova.
Anna Zafesova
Vladlen Tatarsky
La bomba che esplode in un bar di sua proprietà – rinominato pomposamente «Patriot» da quello che era uno «Street food» specializzato in «birra, salsicce e wurstel», come si pubblicizzava – arriva quando Evgeny Prigozhin si trovava in un momento delicato. Poche ore dopo che il blogger militarista Vladlen Tatarsky è stato ucciso da una bomba sul palco del locale pietroburghese, il capo del gruppo Wagner è apparso in uno strano video girato, secondo lui, a Bakhmut. Viene ripreso nel tondino verde di un obiettivo di visione notturna, bardato con casco, mimetica e giubbotto antiproiettile come uno dei suoi militari. Spiega che si trova a Bakhmut, ormai «giuridicamente nelle mani della Federazione Russa», in quanto starebbe per piazzare la bandiera russa sopra il municipio locale. Ammette subito che le truppe ucraine continuano a tenere la parte occidentale di quel che resta della città, ma ci tiene a segnalare che Bakhmut è presa dai russi, anzi, dai suoi uomini, e «sono le 23.00 del 2 aprile». Una messinscena che non viene confermata non solo dai militari ucraini, ma nemmeno dal ministero della Difesa di Mosca, notoriamente ai ferri corti con l'armata semiprivata di Prigozhin. Bakhmut resta ucraina, e Kyiv promette di riprendersela a breve. Qualche pedante del web va a cercare le foto aeree delle rovine di Bakhmut per mostrare che del municipio non rimane più nulla a cui appendere una bandiera. Ma il filmato di Prigozhin non è fatto per chi si trova sul terreno, è costruito per chi sta a Mosca, anzi, forse per un utente molto preciso, quello che aveva ordinato al suo esercito di portargli Bakhmut e il Donbass entro la fine di marzo. Fare rapporto il primo aprile sarebbe suonato troppo come uno scherzo e così Prigozhin si affretta a mettere la sua bandiera alle «23.00 del 2 aprile», dopo aver già proclamato di aver preso la città ucraina diverse volte nei mesi precedenti. Resta da capire perché Prigozhin - che oltre a essere un riuscito ristoratore pietroburghese ed essersi inventato un impero di mercenari, è il fondatore della «fabbrica dei troll» che ha inquinato la Rete globale - si lancia in un fake così palese, per di più poche ore dopo un attentato esplosivo a un suo locale, che lui stesso aveva trasformato in un club di ultramilitaristi. Sulla bandiera che sventola davanti alla telecamera ha scritto il nome di Tatarsky, arruolandolo così nel suo clan ideologico. Una mossa che ha fatto circolare nei canali Telegram russi – fonti di disinformazione pilotata, ma anche le ultime oasi rimaste dove esprimersi liberamente – l'ipotesi cospirazionista che sia stato proprio Prigozhin ad aver fatto saltare il suo bar con un pubblico di estrema destra nazionalista. Un pretesto per mostrarsi vittima, per colpire la sensibilità di Vladimir Putin, che da pietroburghese difficilmente sarebbe rimasto indifferente a una bomba nel centro della sua città, forse per ottenere una di quelle udienze sempre più faticose da strappare al capo di Stato. Una teoria complottistica, ma che Prigozhin sia in difficoltà appare evidente non solo dalle sue litigate pubbliche con i generali. Il «cuoco di Putin» ha scommesso tutto su Bakhmut, convinto che chi avrebbe portato a Putin sul piatto l'inespugnabile città ucraina avrebbe vinto la sua fiducia, che alla corte del Cremlino si traduce in medaglie, appalti e potere. Invece l'assedio si è rivelato un tritacarne per i detenuti reclutati da Wagner, e la propaganda di Prigozhin non ha potuto nulla contro gli intrighi dei generali. L'aggressiva campagna autopromozionale dei Wagner – con video di omicidi dei «traditori» e di profanazioni di cadaveri del nemico – ha spaventato non solo l'opinione pubblica internazionale, ma anche i moderati dell'establishment putiniano. Non a caso Prigozhin aveva già dichiarato che si sarebbe ritirato dall'Ucraina per concentarsi sulle operazioni di Wagner in Africa. Ma intanto altri falchi russi, come il premier crimeano Sergey Aksyonov, si stanno dotando di eserciti mercenari privati, e a quanto pare hanno iniziato a rubare i combattenti ai Wagner. Se Bakhmut resta ucraina, per Prigozhin sarà difficile risollevare le sue quotazioni al Cremlino.
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