Ucraina, fallita la campagna d'inverno russa Cronaca di Daniele Raineri
Testata: La Repubblica Data: 02 aprile 2023 Pagina: 10 Autore: Daniele Raineri Titolo: «Luci nelle città e morti russi sul terreno, Putin fallisce la campagna d’inverno»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 02/04/2023, a pag. 10, la cronaca di Daniele Raineri dal titolo "Luci nelle città e morti russi sul terreno, Putin fallisce la campagna d’inverno".
Daniele Raineri
Volodymyr Zelensky
KRAMATORSK — L’inverno è finito e la campagna lanciata a ottobre dalla Russia per distruggere con missili e droni le centrali elettriche ucraine e lasciare la popolazione delle grandi città al freddo e al buio si può considerarefallita. A Kramatorsk, capitale del Donbass libero da soldati russi, non ci sono più i blackout di quattro ore che fino a un mese fa permettevano alla griglia elettrica di spartire a turno un po’ di energia fra gli abitanti. Adesso la fornitura è senza interruzioni. I caloriferi sono spenti, ma soltanto perché è previsto che sia così in questo periodo dell’anno e non perché le centrali termiche non riescano più a lavorare. Fuori è arrivata una grande nevicata, ma dovrebbe essere l’ultima della stagione e martedì la temperatura massima toccherà i sedici gradi. Anche il gas, dopo mesi di assenza, è tornato a circolare nelle tubature. Se questo vale per la regione dove la guerra è più brutale, a maggior ragione vale nel resto del Paese. Nelle città come Kiev e Odessa c’è un’atmosfera di ritorno alla normalità dopo la lunga notte invernale e i raid sporadici dei russi non riescono a spezzarla. Il prezzo dei generatori diesel, che una volta erano gli unici congegni per avere energia elettrica garantita e per questo erano introvabili, adesso è sceso perché ce ne sono troppi. Il capo della compagnia elettrica nazionale Ukrenergo, Volodymyr Kudrytskyi, dice: «Hanno perso. Gli attacchi continueranno, ma l’inverno è finito e siamo ancora qui». A partire dal 9 ottobre i militari russi avevano tentato di colpire in modo sistematico le centrali elettriche dell’Ucraina con ondate di bombardamenti a intervalli di dieci-quindici giorni, per aprire una crisi umanitaria artificiale e spingere milioni di sfollati verso l’Europa. I bombardamenti erano congegnati in quel modo perché la Russia non produce abbastanza missili a lungo raggio per colpire tutti i giorni e quando li lancia è meglio se lo fa a sciame, in modo da saturare e confondere i sistemi di difesa aerea ucraina. Per ingrandire gli sciami, Mosca aveva anche acquistato migliaia di droni esplosivi dall’Iran, che sono più lenti e meno pericolosi ma fanno numero. Sulla tv russa i commentatori celebravano la nuova strategia, sebbene fosse chiaramente diretta contro i civili: è necessario far tornare l’Ucraina all’età della pietra, colpire ogni singola infrastruttura, lasciare la popolazione al freddo per costringere il governo a capitolare. Il comandante delle operazioni russe, ilgenerale Sergey Surovikin, aveva ricevuto il soprannome di “Generale Armageddon”: l’uomo che presiede alla fine del mondo. La strategia aveva funzionato, in parte. A fine ottobre un terzo di tutte le centrali nazionali era fuori uso. Era cominciato un duello frenetico tra i bombardamenti russi e le quaranta squadre di tecnici che, ventiquattr’ore al giorno, intervenivano da un capo all’altro dell’Ucraina con soluzioni di fortuna per riallacciare i pezzi di griglia elettrica nazionale separati dai missili. Interi quartieri della capitale Kiev, fatti da palazzoni di ventiquattro piani, restavano senza elettricità, senza riscaldamento e senza acqua corrente (perché le pompe erano ferme) a volte ancheper trenta ore consecutive. Ogni notte, quando il traffico si fermava per il coprifuoco delle ventitré, diventavano distese buie. La popolazione organizzava la propria vita attorno all’arrivo, oppure no, dell’elettricità. C’era chi scaldava le stanze con le candele, chi usava secchi di neve sciolta raccolta sui terrazzini per lo scarico del water e chi si asciugava i capelli con il getto del riscaldamento dentro l’auto parcheggiata. Non c’è soltanto il problema dell’impatto diretto dei missili russi sulle centrali elettriche, che spesso distrugge pezzi – come i trasformatori – che risalgono all’epoca sovietica e oggi sono difficili da sostituire. Il sistema funziona anche grazie al delicato equilibrio fra produzione e consumo di energia elettrica per mantenere stabili la frequenza e il voltaggio, come hanno spiegato i tecnici ucraini al Wall Street Journal . I bombardamenti fanno saltare l’equilibrio e il sistema, per prevenire danni, taglia fuori alcuni snodi della griglia con un precedimento automatico – e ripristinarli richiede molte ore. Con il passare dei mesi, però, i tecnici sono diventati veloci in questa fase di recupero e sono anche riusciti a mettere le mani su alcuni trasformatori sovietici rinvenuti in altri Paesi dell’ex blocco comunista. Un convoglio intero di trasformatori arrivato dall’Azerbaijan ha quasi causato uno scontro diplomatico fra Mosca e il governo azero. Ieri un rapporto quotidiano dell’intelligence inglese notava che anche il successore del “Generale Armageddon”, il capo di Stato maggiore Valery Gerasimov, ha fallito la sua campagna d’inverno. In teoria i russi avrebbero dovuto lanciare un attacco in grande stile da più direttrici per estendere il loro controllo del Donbass, anche grazie ai rinforzi arrivati con la mobilitazione di settembre, ma in pratica dopo ottanta giorni – e al prezzo di decine di migliaia di perdite fra morti e feriti – sono avanzati di poco. Ieri la compagnia di mercenari Wagner ha conquistato un palazzo quasi nel centro di Bakhmut e per ora è il massimo punto di profondità raggiunto dai russi in questi mesi di battaglia urbana.