venerdi 22 novembre 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Lo dice anche il principe saudita Bin Salman: Khamenei è il nuovo Hitler


Clicca qui






La Repubblica Rassegna Stampa
02.04.2023 Israele, Grossman: 'I giovani salveranno la democrazia'
Commento di Francesca Caferri

Testata: La Repubblica
Data: 02 aprile 2023
Pagina: 12
Autore: Francesca Caferri
Titolo: «In piazza con Grossman: “La democrazia è fragile i giovani la salveranno”»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 02/04/2023, a pag.12 con il titolo "In piazza con Grossman: “La democrazia è fragile i giovani la salveranno” " l'analisi di Francesca Caferri.

A destra: Theodor Herzl e Benjamin Netanyahu in una vignetta

Immagine correlata
Francesca Caferri

GERUSALEMME — C’era un’aria frizzante ieri alle otto del mattino, quando David Grossman è entrato nell’hotel Ymca di Gerusalemme. Camicia azzurra, maglione un tono più scuro, lo scrittore israeliano più conosciuto al mondo ha ordinato un cappuccino per scaldarsi e prendere la spinta per una giornata che già si annunciava lunghissima: come avviene ormai da tredici sabati, la parte di Paese contraria alla riforma della giustizia progettata dal governo Netanyahu è scesa in piazza ieri sera. Questa volta però la protesta ha avuto un tono particolare perché, poco meno di una settimana fa, il premier ha congelato la legge e il presidente Isaac Herzog ha aperto la sua residenza ai diversi schieramenti per dialogare. Alla vigilia gli organizzatori hanno sottolineato l’importanza di esserci per dimostrare che le concessioni non erano sufficienti. La piazza ha risposto: 200mila persone a Tel Aviv, altre decine di migliaia nel resto del Paese. Grossman ha parlato a Gerusalemme, di fronte alla residenza di Herzog: «È bello vedere tanta unità. Noi diciamo no alle divisioni», ha detto alla folla che lo applaudiva. Giovani e anziani, famiglie, e, a differenza di Tel Aviv, anche ebrei religiosi. Poche ore prima Grossman aveva guidato per mezz’ora nelle strade semideserte per spiegarci - nell’unico bar aperto diShabbat a Gerusalemme Ovest - l’importanza dell’appuntamento. «La Corte suprema è l’ultimo argine fra noi e la dittatura. Questo Paese è stato fondato da gente proveniente da settanta nazioni: non tutte democratiche. Anche per questo il nostro sistema di controllo fra i poteri non è efficace. Non abbiamo una seconda camera in Parlamento e neanche una Costituzione scritta. Di fronte a ciò che decide un governo, possiamo appellarci solo alla Corte suprema: per questo metterla sotto il controllo della politica sarebbe un errore». Un sorso di caffè, poi prosegue: «Io credo che sulla riforma si possa parlare: che sia giusto cambiare delle cose, per esempio dare spazio a gruppi che non si sentono rappresentati. Ma l’indipendenza dei giudici è fondamentale, su questo non si può discutere». Di fronte alla folla, la sera, lo scrittore ha scelto di non ripetere queste parole ma di leggere parte di un testo scritto per Pesach , la festività che ricorda a liberazione degli ebrei dalla schiavitù in Egitto. «Abbiamo costruito un Paese che amiamo: non è l’Utopia di Hertzl, non è la perfezione. Ma possiamo usare la nostra unità per difendere ciò che abbiamo costruito e vigilare su quello che accade in questa residenza». Mentre parlava, la folla annuiva, ascoltandolo. Sono emersi tanti leader da questesettimane, uomini e donne. Alcuni inattesi quanto efficaci: scienziati, gente di teatro, manager hi-tech, militari riservisti. Ma nessuno di loro ha la profondità di pensiero di Grossman. «Questa protesta ha evidenziato la fragilità del nostro sistema: per anni siamo stati abituati a sentirci una potenza militare, l’unica democrazia della regione. Poi, il giorno in cui i nostri piloti riservisti hanno detto che non si sarebbero messi a disposizione di uno Stato non democratico, improvvisamente ci siamo sentiti fragili. Io credo che la fragilità ci faccia bene, voglio vederci un’opportunità per raccontare la Storia con parole nuove». Anche di questo ha parlato ieri sera Grossman in piazza, affrontando il tabù di questi mesi, il rapporto fra chi oggi chiede democrazia e l’eterna questione del rapporto con gli arabi, cittadini di Israele e non: «Il nostro peggior errore è la negazione di un fatto insopportabile: siamo un Paese che ne occupa un altro da 55 anni». In piazza c’erano silenzio e attenzione: non lo scetticismo o il fastidio che spesso ha accolto in questi giorni chi ha osato sollevare l’argomento. Uno spiraglio di cambiamento? Chissà. Mentre parlava dal palco, con la voce bassa, la mente tornava alla mattina. Prima che tornasse a casa, gli avevamo fatto la domanda più difficile: cosa accadrà? Si era fermato a pensare più a lungo del solito. «Non lo so», aveva sospirato. «Però ho due certezze. La prima è l’importanza dei giovani: sono più coraggiosi di noi, più creativi di noi e sono in strada con noi. Hanno capito che questa è una battaglia per delineare cosa sarà il Paese, sono i primi che non si arrenderanno. La seconda è che queste giornate, comunque finiscano, segneranno il destino di Netanyahu: se cadrà, tutto sarà diverso. Sarà il centro di Benny Gantz a trarne giovamento, e i partiti religiosi saranno pronti a dialogare, perché alla fine vanno sempre dove vanno i finanziamenti pubblici. Gli estremisti no, ma va bene: la responsabilità maggiore di Netanyahu è stata legittimare persone come Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir (i due leader dell’estrema destra che guidano il ministero delle Finanze e quello della Sicurezza, ndr )per sopravvivere». Erano passate le 22 quando la lunga giornata di Grossman si è avviata al termine. Lo scrittore è sceso dal palco e quasi è sparito nella folla avvolta dalle bandiere con la stella di David. Qualche ora prima, ci aveva confessato che mai si sarebbe aspettato di scendere in strada con quel vessillo, a lungo usato dalla destra. Ieri sera però sembrava portarlo sulle spalle come quelli che lo circondavano. Nessuno, nemmeno lui, sembrava a disagio.

Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante

rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT