Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 01/04/2023, a pag.6, con il titolo "La Russa shock: “In via Rasella i partigiani uccisero dei musicisti” ", la cronaca di Lorenzo De Cicco.
Ignazio La Russa
ROMA — L’attacco partigiano di via Rasella? «Una pagina tutt’altro che nobile della Resistenza, quelli uccisi furono una banda musicale di semi pensionati e non nazisti delle SS». I partigiani rossi? «Non volevano un’Italia democratica ma un’Italia comunista ». I martiri delle Fosse Ardeatine? «Qualcuno, chi lo sa, era pure fascista ». Il tris di dichiarazioni è del presidente del Senato, Ignazio La Russa. Intervista di ieri al condirettore di Libero, Pietro Senaldi. Se l’obiettivo era mettere una toppa sulle frasi di Giorgia Meloni della settimana scorsa, è stato un disastro. Se invece, come suggeriscono i 5 Stelle, la lettura revisionista della seconda carica dello Stato nascondeva il tentativo di «distrarre l’opinione pubblica dalle inadeguatezze di questo governo », la manovra è uscita fuori sguaiata. E maldestra. Solleva un polverone di polemiche. All’opposizione c’è chi chiede le dimissioni di La Russa. «Parole indecenti, inaccettabili per il ruolo che ricopre», dice a Repubblica la leader del Pd, Elly Schlein. «Vogliono riscrivere la storia, non dobbiamo permetterlo».
Via Rasella
S’indigna anche la comunità ebraica, per le castronerie spacciate per storia dal presidente del Senato. «Non erano musicisti, ma soldati delle SS che occupavano il Paese con la complicità dei fascisti e che deportavano gli ebrei», rimarca Ruth Dureghello, presidente della comunità ebraica di Roma. L’Anpi parla di «parole indegne». «Il battaglione colpito a via Rasella mentre sfilava armato fino ai denti – ricorda il presidente Gianfranco Pagliarulo – stava completando l’addestramento per andare a combattere gli Alleati e i partigiani ». Peraltro l’età media era di 33 anni. Altro che semi-pensionati. Dettaglio non marginale: da Forza Italia e Lega cala il gelo. Zero commenti. A sera interviene solo il vicepresidente di Montecitorio, l’azzurro Giorgio Mulè, ospite del talk di GediMetropolis . Severo, ma cauto, anche perché FI ha sposato ormai il nuovo corso pro-Meloni: «Se sei arbitro, devi essere attentissimo». L’unica difesa d’ufficio è ovviamente firmata da FdI, col capogruppo di Palazzo Madama, Lucio Malan. Ma l’incidente è ormai deflagrato. La sortita fa capolino fuori confine. «Un post-fascista presidente del Senato, povera Italia», twitta il filosofo francese Bernard-Henri Lévy.
Inutile il tentativo di La Russa di correggere il tiro: «Non ho mai definito quell’azione ingloriosa – fa sapere con una nota nel pomeriggio – ma tra le meno gloriose della Resistenza ». L’opposizione per una volta si compatta. Per il Pd, oltre a Schlein, interviene il presidente dei senatori, Francesco Boccia: «Siamo di fronte ad un revisionismo storico che sposa il punto di vista dei fascisti». Intervengono anche i bonacciniani Pina Picierno e Matteo Orfini, che suggerisce le dimissioni: «Uno così non può fare il presidente del Senato». Per il M5S non interviene Giuseppe Conte, ma il capogrupo alla Camera, Francesco Silvestri: «Ennesima dichiarazione revisionista». Carlo Calenda si dice «ammirato dalla determinazione con cui La Russa sta riuscendo a dimostrare ogni giorno la sua inadeguatezza come presidente del Senato». E in serata aggiunge: «Oggi è in corso uno scontro titanico per la palma della presa di posizione più cretina tra La Russa e Rampelli, che presenta una legge contro chi non usa la lingua italiana nelle istituzioni pubbliche». Per la sinistra, Nicola Fratoianni ricorda che «per decenni i neofascisti hanno insozzato in tutti i modi la Resistenza, anche l’attuale seconda carica dello Stato va in questa direzione». Angelo Bonelli dei Verdi è il più duro: «La Russa non è degno di rappresentare l’Italia, si dimetta». Operazione praticamente impossibile, ammesso che ci siano i numeri (e non ci sono): il presidente del Senato non si può sfiduciare. Alle opposizioni non resta che una «reprimenda» in aula, a cui sta lavorando il capogruppo dem Boccia, e una manifestazione di piazza, probabilmente con l’Anpi e in occasione del 25 aprile. E chissà cosa capiterà ancora, a destra, da qui alla festa della Liberazione.
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