Testata: La Repubblica Data: 31 marzo 2023 Pagina: 21 Autore: Daniele Raineri Titolo: «Tra i carristi di Bakhmut all’assalto dei russi su tank da rottamare»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 31/03/2023, a pag. 21, la cronaca di Daniele Raineri dal titolo "Tra i carristi di Bakhmut all’assalto dei russi su tank da rottamare".
Daniele Raineri
Volodymyr Zelensky
KHROMOVE (DONBASS) — Qual è la distanza minima, quando combattete contro i russi? A rispondere è Danylo, carrista ucraino di 25 anni: «Ci è capitato di stare a cinquanta metri di distanza. Altrimenti combattiamo a duecento metri». Danylo manovra il cannone e passa le giornate infilato in un carro T-64 uscito da una fabbrica sovietica nel 1983. Il compito del suo reparto è ributtare indietro - o se proprio non è possibile aggredire, o perlomeno infastidire - i soldati russi che si stanno piazzando sempre più comodi sulle alture a sud di Bakhmut, una irrilevante città vinicola del Donbass che da otto mesi si è trasformata nel teatro di una lotta cruentissima. La battaglia per Bakhmut per qualche tempo è stata soltanto una fra le tante che si consumano nell’Ucraina orientale, poi si è caricata di un potere simbolico che trascende la strategia militare. Adesso anche quella fase è stata sorpassata: Bakhmut è diventata un duello esistenziale che si trascina dietro spettri storici, la battaglia per Stalingrado, l’eroismo di guerra, la capacità di resistere a oltranza, la saldezza in faccia ai nazisti — e qui entrambe le parti credono di lottare contro i nazisti. Qui si decide chi è il più forte e quindi chi vincerà la guerra. Molti esperti militari da parte ucraina hanno avvertito che si tratta di una pazzia, Bakhmut non merita tutta questa importanza, basterebbe ritirarsi di qualche chilometro indietro, riassestarsi su nuove linee di difesa e ricominciare a sparare ai russi che perdono mille soldati o mercenari per ogni chilometro che guadagnano (e ieri Putin ha firmato il decreto che regolarmente, due volte l’anno, chiama alla leva militare altri giovani: stavolta sono 147 mila, un numero di poco superiore al consueto). Ma ormai la questione è stata decisa. «Se abbandoniamo Bakhmut — ha detto Zelensky due giorni fa — Putin sentirà l’odore del sangue e continuerà a spingere». Bakhmut trymayetsya! Bakhmut tiene! è ormai diventato lo slogan. Pensa se viene giù. Dalle alture a sud di Bakhmut i soldati russi hanno il vantaggio dell’altezza rispetto agli ucraini insaccati dentro la città. Il compito dei carristi come Danylo è di uscire dai nascondigli fra gli alberi, portare i carri sotto alle linee russe, sparare con i cannoni ai soldati che stanno costruendo trincee e poi tornare indietro a inguattarsi in attesa di nuove istruzioni. Sono fuori dall’assedio e combattono perché non si chiuda. «Sono qui da quattro mesi, all’inizio sparavamo ottanta colpi ogni giorno, adesso ne spariamo trenta al giorno perché ci mancano le munizioni. Alcuni giorni non spariamo affatto», dice aRepubblica , infilato nella buca di acciaio del carro dalla cintola in giù, mentre i fiocchi di neve gli si depositano addosso. «La mancanza di colpi da sparare ha cambiato il nostro modo di combattere. Prima sparavamo come fanno i cannoni d’artiglieria, da lontano, a tiro curvo. Adesso invece ci dobbiamo portare in faccia al nemico, lo vediamo dritto davanti a noi e spariamo a tiro teso mentre loro ci colpiscono con tutto quello che hanno. Miriamo ai rifugi di terra che costruiscono a intervalli nelle trincee, per farli crollare con i soldatidentro». Prima della guerra Danylo lavorava all’estero: «Facevo le macchine per il caffè della Nespresso». Le discussioni sull’invio di armi e di tank moderni in Ucraina riempiono i notiziari e le cronache politiche, ma poi c’è un tempo di latenza da scontare, c’è da trasferire i carri, da addestrare gli equipaggi, da organizzare una campagna. Passano mesi che sono veloci nelle capitali occidentali e un’agonia sul fronte. Serhii è il capo carro, spiega che all’interno ha una visuale ridotta, un arco di novanta gradi, non vede ai lati né dietro, così ogni tanto alza il coperchio, si tiene basso, sbircia e torna dentro. Poi ferma il carro e spara. «Sui Leopard c’è una visuale a trecentosessanta gradi. Noi dobbiamo scaldare il motore per trenta minuti prima di partire, quelli li accendi e vai. E possono sparare mentre si muovono». I cingoli sono per un quarto nel fango. «Quando è così al massimo si va a dieci km all’ora». Con questo tempo la tanto attesa controffensiva ucraina, che sui social e giornali sembra sempre sul punto di partire, aspetterà ancora.