Riforma giudiziaria in Israele: è ora che entrambe le parti cerchino un compromesso in buona fede Editoriale del Jerusalem Post
Testata: israele.net Data: 31 marzo 2023 Pagina: 1 Autore: la redazione del Jerusalem Post Titolo: «Riforma giudiziaria in Israele: è ora che entrambe le parti cerchino un compromesso in buona fede»
Riforma giudiziaria in Israele: è ora che entrambe le parti cerchino un compromesso in buona fede
Editoriale del Jerusalem Post
(da Israele.net)
Benjamin Netanyahu
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha fatto la cosa giusta, lunedì sera, quando ha sospeso l’iter legislativo della riforma giudiziaria per almeno un mese, per consentire negoziati su una formula di compromesso. Certo, Netanyahu avrebbe dovuto farlo due mesi fa quando ha visto che le proposte estreme del ministro della giustizia Yariv Levin stavano lacerando la nazione. Ma come ha detto il leader del partito di Unità nazionale Benny Gantz, “meglio tardi che mai”. Tuttavia, la semplice sospensione dell’iter di approvazione non è sufficiente, sebbene anche solo questo abbia alleggerito in modo significativo e tangibile l’umore del paese. Ora sono necessari sforzi sinceri e genuini sia da parte della coalizione che dell’opposizione per arrivare a un compromesso che garantisca la totale indipendenza della magistratura pur restituendo alla Knesset e al governo alcuni dei poteri di attuazione delle politiche che hanno perso nel corso degli anni. Una volta risolto questo, le parti dovrebbero iniziare a lavorare sulla tanto attesa Costituzione e su una Carta dei Diritti (Bill of Rights) per regolare finalmente la vita in questo paese specificando con precisione chi esercita quali autorità, oltre a definire e ancorare nella legge i diritti e i doveri di ciascun cittadino. Se la crisi attuale darà vita a questo processo costituzionale, allora il trauma degli ultimi tre mesi non sarà stato vano. Ma stiamo correndo troppo, bisogna andare con ordine. E la prima cosa è che le parti si accordino sulla riforma giudiziaria. Questo già di per sé non è compito da poco, e perché avvenga entrambe le parti devono dimostrare buona fede. Purtroppo le cose non hanno avuto un inizio molto promettente. Mentre sia Yesh Atid di Yair Lapid che il partito di Unità nazionale di Benny Gantz organizzavano immediatamente le delegazioni per negoziare con il Likud sotto gli auspici del presidente Isaac Herzog, la coalizione di governo sottoponeva a seconda e terza lettura il controverso disegno di legge sulle nomine giudiziarie approvato lunedì dalla Commissione Costituzione, legge e giustizia della Knesset. Ciò non significa che il disegno di legge verrà presentato al plenum della Knesset, cosa che Netanyahu ha promesso che non sarebbe avvenuto durante l’attuale sessione di lavori. Significa tuttavia che la coalizione potrebbe portare al voto il disegno di legge da un momento all’altro. Anche se i funzionari della Knesset ne parlano come di una mera questione “tecnica”, si tratta comunque di una mossa controproducente che certamente non crea fiducia in un momento in cui la fiducia è disperatamente necessaria e gravemente carente. L’opposizione sospetta che il congelamento del piano di riforma da parte di Netanyahu non sia altro che uno stratagemma tattico per sedare le manifestazioni. Dal canto suo, la coalizione sospetta che l’opposizione non sia tanto interessata a modificare la riforma giudiziaria quanto a seminare il caos in modo da far cadere il governo. Netanyahu dovrà dimostrare che questo non è solo un altro dei suoi famigerati “trucchi e inganni”, e che invece è sinceramente interessato a raggiungere un accordo con l’opposizione sulla riforma giudiziaria. Per farlo, deve trovare misure che creino fiducia da offrire all’opposizione. Ma anche i parlamentari dell’opposizione devono offrire un ramoscello d’ulivo. La decisione di Netanyahu di congelare l’iter legislativo, cosa che si è rifiutato di fare solo due mesi fa, è un’innegabile vittoria per l’imponente movimento di protesta. La nostra speranza, tuttavia, è che l’opposizione e i leader del movimento di protesta non siano così inebriati da questo successo da perdere di vista l’obiettivo iniziale: impedire alla coalizione di imporre unilateralmente cambiamenti fondamentali al modo in cui funziona il governo di questo paese. Uno dei fattori cruciali per il successo delle proteste è stata la minaccia di riservisti dell’aeronautica militare e di altre unità d’élite delle Forze di Difesa israeliane di non presentarsi per il servizio di riserva volontario e per l’addestramento. In seguito al congelamento della riforma da parte di Netanyahu, un rappresentante dei piloti ha annunciato che ora torneranno al loro normale programma di addestramento: si tratta di uno sviluppo positivo di vitale importanza. Allo stesso modo, Gantz e Lapid farebbero bene a chiedere una pausa delle proteste per abbassare la temperatura nazionale e dare ai colloqui una possibilità di successo. Con l’annuncio di Netanyahu, lunedì sera la nazione ha fatto un passo indietro dall’orlo del baratro. Un’atmosfera meno tesa contribuirebbe a garantire che il paese non si avvicini di nuovo a quell’orlo tanto presto.