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La Repubblica Rassegna Stampa
27.03.2023 In Ucraina la sfida tra Cina e Usa
Analisi di Ezio Mauro

Testata: La Repubblica
Data: 27 marzo 2023
Pagina: 27
Autore: Ezio Mauro
Titolo: «In Ucraina si gioca la sfida tra Cina e Usa»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 27/03/2023, a pag.27 con il titolo 'In Ucraina si gioca la sfida tra Cina e Usa' l'editoriale di Ezio Mauro.

Ezio Mauro, da Gazzetta del Popolo a Repubblica - Premiolino - ANSA.it
Ezio Mauro

300 giorni di guerra: Zelensky incontra Biden a Washington, per avere i  missili Patriot | Euronews
Volodymyr Zelensky con Joe Biden

Non era un vero piano di pace, il preambolo in 12 punti che ha accompagnato Xi Jinping nella visita di Stato a Mosca, ma uno strumento politico disarmato di soft power: capace di dotare il presidente cinese del ruolo e del rango necessario per entrare al Cremlino nell’incontro con Putin come interlocutore di primo piano nella crisi aperta dall’invasione russa che ha portato la guerra nel cuore dell’Europa. Non è ancora l’ora del negoziato, dunque, e Xi presentando le credenziali del suo piano a Mosca senza nemmeno un contatto telefonico con Zelensky si conferma un singolare “mediatore di parte”, secondo la definizione di Lucio Caracciolo. Ma poiché a un tavolo di risoluzione del conflitto si dovrà infine arrivare, la carta cinese è fin d’ora depositata su quel tavolo che non c’è. La parte che la Cina assegna a se stessa nel nuovo disordine mondiale è dunque quella di chi si muove in mezzo alle armi belliche con l’arma suprema della politica. Questo è il vero aiuto a Putin, orfano di politica dopo averla oscurata per giocare tutto il suo azzardo sull’ “operazione speciale” aggredendo l’Ucraina. La dimensione esclusivamente militare riduce l’arco strategico del Cremlino, convocando sui campi di battaglia del Donbass tutta la storia russa, dove precipitano insieme l’eredità della “guerra patriottica” contro il nazismo, la sconfitta (negata) della guerra fredda, la fuoruscita dai settant’anni di comunismo, la nuova pretesa imperiale, mettendo tutto contemporaneamente in gioco, in una partita affidata ai generali. Ancora ieri Putin ha confermato questa logica, attaccando le alleanze che puntano a costruire attorno agli Usa una “Nato globale”, dopo aver annunciatoil trasferimento di armi nucleari tattiche in Bielorussia. Il dialogo con Xi è la prova per il Cremlino che Mosca non è isolata, in un momento cruciale in cui i due fronti annunciano le contrapposte offensive di primavera per ridefinire i rapporti di forza dopo più di un anno di guerra, con la politica che rivendica il suo spazio. Ed è chiaramente lo spazio in cui si gioca la sfida per la supremazia nel mondo e nel nuovo secolo, che non ha ancora una definizione: mentre si conoscono ormai i due contendenti imperiali, Washington e Pechino. Anche durante gli incontri al Cremlino tra Xi e Putin, infatti, era evidente che si trattava di una partita a tre, con l’America assente ma incombente. In un gioco di scambi e rimandi, la Cina porta il suo sostegno a Mosca perché non può permettersi che la Russia soccomba nello scontro con Kiev, apertamente sostenuta dagli Usa, regalando a Washington la prima vittoria della nuova era, per di più in una guerra altrui, senza bisogno di un ingaggio militare diretto. Qui sta tutto il peso, e insieme il limite, della “partnership strategica” tra Russia e Cina. Pechino garantisce che l’intesa è “solida come la roccia” ma nello stesso tempo ricorda di non essere né causa né parte nella guerra guerreggiata, e nella sua dimensione imperiale posiziona la battaglia in Ucraina sulla scala molto più ampia e ambiziosa della “Global Security Initiative”, il suo piano mondiale per disinnescare le cause alla base dei conflitti internazionali. Ciò che interessa a Xi è affermare questo diritto della Cina a esercitare la sua parte di titolarità nella costruzione del nuovo ordine mondiale che dovrà comunque nascere una volta finita la guerra, dopo che l’invasione diuno Stato sovrano ha mandato in frantumi ogni criterio comune di legalità internazionale, il concetto stesso di coesistenza e il senso del limite sovrano, su cui si è retto l’equilibrio durevole della deterrenza. Nelle nuove fratture del mondo, Pechino ritiene che questo sia il momento in cui può incominciare a riscuotere i dividendi della sua nuova autorità, notificando intanto a tutti che la Cina sarà inevitabilmente tra i soggetti attivi cui toccherà definire la nuova mappa del potere politico, oltre le eredità disconosciute e rifiutate del Novecento. È un ruolo che Putin voleva per sé, risvegliando la dimensione imperiale eterna della Russia, viva anche oltre il tempo e lo spazio dell’Urss. Ma nel momento in cui la crisi di una guerra più difficile delle previsioni e più lunga delle intenzioni assegna — senza dirlo — alla Cina il ruolo di Lord protettore di Mosca, il Cremlino rischia di tornare in secondo piano, e quindi viene spinto dagli eventi a ripuntare da capo tutto sul conflitto, come unica carta risolutiva. Chi appare fuori dal campo è l’Europa, che pure nella guerra ha fatto la sua parte con la richiesta di una pace giusta mentre difende gli aggrediti, coniugando la sua politica con i suoi principi di democrazia: e tuttavia condannata a non far valere la sua storia, a non far pesare le sue libere istituzioni, a non tradurre in politica la somma delle sue identità che non riesce a creare autorità. Ma se manca l’Europa, manca il concetto stesso di Occidente, con la sua cultura della democrazia, perché l’Occidente è molto di più di un sistema di deleghe: e gli Imperi sono destinati a confrontarsi faccia a faccia, in una logica di potenza, in cui la forza conta più dei valori.

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