Medio Oriente: Biden avverte Teheran Cronaca di Paolo Mastrolilli
Testata: La Repubblica Data: 26 marzo 2023 Pagina: 16 Autore: Paolo Mastrolilli Titolo: «Attacchi alle forze Usa, Biden avverte Teheran per l’escalation in Siria»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 26/03/2023, a pag. 16, con il titolo "Attacchi alle forze Usa, Biden avverte Teheran per l’escalation in Siria" la cronaca di Paolo Mastrolilli.
Paolo Mastrolilli
Joe Biden
NEW YORK - "Gli Stati Uniti non cercano, e lo enfatizzo, non cercano un conflitto con l'Iran. Però dovete essere pronti al fatto che agiremo, per proteggere con forza la nostra gente. Ciò è esattamente quanto è accaduto la scorsa notte". L'avvertimento lanciato dal presidente Biden a Teheran è chiaro: nonostante tutte le tensioni degli ultimi mesi, le proteste soffocate con la violenza, e il congelamento del negoziato per resuscitare l'accordo nucleare Jcpoa, Washington non vuole lo scontro militare. Se però la Repubblica islamica fosse convinta che questo è il momento di forzare la situazione, magari per realizzare finalmente il progetto della "mezzaluna sciita" che la colleghi via terra con i suoi alleati di Hezbollah in Libano, l'America è pronta a rispondere con tutta la propria forza. Giovedì un drone ha colpito un centro per la manutenzione delle forze della coalizione guidata dagli Usa ancora presenti in Siria, nella città nord orientale di Hasaka, uccidendo un "contractor" civile americano e ferendo sette soldati. Secondo l'intelligence americana, il mezzo era iraniano. La risposta immediata, a cui si riferiva Biden, è partita dalla base al Udeid del Qatar, da dove sono decollati un paio di F-15 che hanno colpito diverse basi di gruppi affiliati alla Guardia rivoluzionaria, nella zona di Deir el Zour, uccidendo almeno 19 combattenti. Venerdì sono seguiti altri attacchi contro le forze Usa, con reazioni. Da quando il Pentagono ha lasciato circa 900 uomini in Siria, per continuare a combattere i terroristi e aiutare i curdi a impedire il ritorno dell'Isis, questi episodi si sono ripetuti spesso. Il generale Kurilla, capo del Comando centrale che gestisce le operazioni in Medio Oriente, ne ha contati almeno 78 dal 2021 ad oggi. Quello che sta cambiando ora sono entità e frequenza, lasciando sospettare che dietro ci sia una strategia. Fino a qualche mese fa, l'Iran sperava ancora di resuscitare il Jcpoa, con i relativi benefici economici. Ora si è rassegnato all'idea che ciò non accadrà, e quindi ha accelerato il programma nucleare arrivando a pochi giorni dalla costruzione delle bomba. Nello stesso tempo ha firmato l'accordo mediato dalla Cina per ristabilire le relazioni con l'Arabia Saudita, che a sua volta sta trattando con Assad per ricostruire il rapporto bilaterale. Da una parte Teheran, alleata di Mosca nella guerra in Ucraina, potrebbe pensare che l'intesa con Riad sia l'occasione per spingere gli americani fuori dal Medio Oriente e completare la "mezzaluna sciita" fino a Beirut. Dall'altra magari teme che la ripresa del dialogo fra Damasco e i paesi arabi sunniti indebolisca la propria importanza per la Siria, dove finora gli ayatollah erano l'unico vero alleato oltre alla Russia. Questo sarebbe un incentivo per accelerare la sfida agli Usa, allo scopo di anticipare la realizzazione del proprio progetto egemonico. Qualunque sia il ragionamento di Teheran, l'aumento delle provocazioni contro gli Usa è un fatto. Ciò porta con sé un ovvio rischio di escalation, che Washington punta ad evitare perché è già troppo impegnata tra Ucraina e Cina. Da qui la risposta militare immediata, per frenare subito le sfide dell'Iran.
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