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Avvenire Rassegna Stampa
24.04.2003 Una analisi lucida e onesta
Come sempre Maraone informa correttamente i lettori di Avvenire

Testata: Avvenire
Data: 24 aprile 2003
Pagina: 1
Autore: Elio Maraone
Titolo: «Arafat & Abu Mazen, un gesto coraggioso di realismo»

Segnaliamo ai nostri lettori questa onesta e lucida analisi di Elio Maraone.





Dopo trenta mesi di incommensurabile pena e di tremende sfilate di morti - sono forse più di tremila le vittime, spesso innocenti, dell'Intifada e della repressione di questa - in Medio Oriente si può tornare a sperare nella pace, quella pace che può basarsi soltanto sulla fine del conflitto israelo-palestinese. Nel pomeriggio di ieri, quasi all'ultima ora (il termine per la formazione dell'esecutivo era fissato alla mezzanotte locale), il premier designato Mahmud Abbas, alias Abu Mazen, e il presidente palestinese Yasser Arafat hanno raggiunto un accordo sulla lista dei ministri, e in particolare sul nome del capo degli Interni: questi dovrebbe essere lo stesso Abu Mazen, mentre Mohammed Dahlan, che Arafat ha osteggiato sino all'ultimo, dovrebbe essere responsabile della sicurezza, ma non ministro.
L'accordo - consacrato da Abu Mazen e da Arafat con una stretta di mano, come si conviene a due militanti che hanno collaborato per quarant'anni - segna la sospensione di crescenti rivalità e incomprensioni personali, superate anche grazie alle pressioni del capo dei servizi di sicurezza egiziani Omar Suleiman. Buon ultimo, ieri, dopo i capi dei governi inglese e spagnolo. Ma il confronto personale - pur accesissimo - ha costituito in sostanza lo sfondo di una lotta ben più estesa e dura, cioè quella attorno alla riforma democratica delle istituzioni palestinesi. In questo quadro, la nascita - forse fra domenica e lunedì prossimi - di un vero governo, sotto la guida inedita di un vero primo ministro, costituisce la premessa fondamentale del processo di pace «nella sicurezza di tutti» che dovrebbe portare a negoziati costruttivi e infine alla nascita di uno Stato palestinese.
Tale nascita - una volta confermata nel diritto e corroborata dalla pratica sul campo - dovrebbe anche segnare la fine del rapporto equivoco che Arafat, specialmente negli ultimi anni, ha intrattenuto con il terrorismo e, più in generale, con la violenza quale supporto se non sostituto delle iniziative politico-diplomatiche. Si dice che sino all'ultimo, temendo - e probabilmente a ragione - la propria imminente uscita dalla scena internazionale, Arafat abbia puntato i piedi, avversando uomini di carattere come Dahlan, e come lo stesso Abu Mazen, che appare agli occhi degli Usa, dell'Europa e di Israele un moderato capace di ripetere, in misura anche più larga, il successo di quegli Accordi di Oslo (1993) dei quali è considerato un architetto.
Questo non vuol dire che Abu Mazen, una volta nel pieno dei poteri, possa accettare tutto ciò che chiede la destra di Israele (molto ascoltata a Washington), la quale per esempio propone la nascita di uno Stato palestinese spezzettato, alla maniera dei vecchi bantustan sudafricani. Vuol dire invece, e di conseguenza, che il governo di Gerusalemme può trovare in lui un interlocutore severo ma affidabile, disposto a seguire quella «road map» (mappa stradale), benedetta dal Quartetto (Usa, Russia, Unione europea e Onu), che potrebbe finalmente portare alla soluzione pacifica del conflitto. Se così non fosse, se le speranze di pace cadessero un'altra volta, non resterebbe che denunciare con forza al mondo - senza le omissioni, le ipocrisie e le viltà di tempi recenti - i responsabili del nuovo fallimento.

Segnaliamo anche, a pag. 5, un nuovo splendido articolo di Graziano Motta - che purtroppo non possiamo riportare in quanto non presente in rete - che analizza le vere e profonde ragioni del conflitto Arafat-Abu Mazen.

E vogliamo infine segnalare un'altra piccola-grande chicca offertaci da Avvenire di oggi: rivela che il "contadino-eroe" iracheno che aveva detto di aver abbattuto un Apache con una fucilata ha confessato al quotidiano del Kuwait "Al-Rai Al-Am" che l'elicottero era già caduto, e la messinscena è stata organizzata dai servizi di sicurezza, che lo hanno costretto a raccontare la storiella davanti alle telecamere.


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