Malgrado il titolo, un pessimo articolo Sandro Viola manipola la storia e la verità
Testata: La Repubblica Data: 24 aprile 2003 Pagina: 1 Autore: Sandro Viola Titolo: «In Palestina nasce il governo della speranza»
Ci eravmo illusi, leggendo gli ultimi scritti di Viola su Repubblica, che alla fin fine invecchiando fosse cambiato, ed avesse messo da parte la sua faziosa acrimonia nei confronti di Israele. Ma ci eravamo sbagliati, e ce ne rammarichiamo molto. Il suo articolo a commento della formazione del primo governo palestinese senza Arafat è un florilegio di malevoli pensieri che falsano la realtà ed inducono il lettore a non vedere con serenità questa evoluzione politica del contenzioso israelo - palestinese. "Per il vecchio Arafat, un calvario" è il commento di Viola a proposito della feroce lotta di potere scatenatasi sotto gli occhi del mondo intero fra un Arafat che non vuole cedere neppure una frazione del suo dominio assoluto, incontrollato ed arbitrario che da decenni esercita sui destini del popolo palestinese, ed uno schieramento di suoi collaboratori che vogliono, più che esautorarlo, costruire una alternativa accettabile al regno del terrore e del terrorismo.Il tutto si sintetizza, per Viola, in un sentimento di pietà amorevole verso il vecchio leader che soffre. Ma andiamo avanti e pensiamo alle cose più serie di questo scivolone. A pag. 12, Viola nega che Arafat sia diventato "irrilevante", come lo vorrebbero invece dipingere Sharon e Bush.Poche righe dopo tuttavia si smentisce, parlando della sua "figura politica e morale incrinata da anni di ambiguità e doppi giochi, le spelle cariche dei molti errori commessi". Più che irrilevante, Arafat è inaffidabile, ci dice Viola. Si è aperta "una nuova, concreta possibilità di metter fine al conflitto più lungo di tutta la storia contemporanea", prosegue Viola. Ma dimentica di dire due cose: 1) che finora sono stati gli arabi (fino al 1973) e poi i palestinesi stessi a non volere che i palestinesi firmassero accordi di pace con Israele, e 2) che questa scelta, essa sì vecchia di 55 anni, è stata la conseguenza del rifiuto arabo di riconoscere l' esistenza di uno stato sovrano voluto dalle Nazioni Unite, un rifiuto che è anche alla radice del terrorismo. Di Arafat Viola ci dice che "è risorto dopo ogni sconfitta, risollevando dinanzi al mondo il sacrosanto diritto dei palestinesi alla loro terra, a un loro Stato". Un diritto negato per decenni dai loro "fratelli" arabi, che li hanno rinchiuso nei campi profughi in cui vivono ancora oggi, che li hanno massacrati a migliaia ogni volta che hanno tentato di far valere nel mondo arabo questo loro diritto, ed infine un diritto che Arafat a loro nome ha seppellito sotto una montagna di cadaveri palestinesi ed israeliani.Ma questo Viola non ce lo dice. Parlando, a metà articolo, dei motivi dello scontro fra Arafat ed Abu Mazen, Viola definisce quel che succede da due anni e mezzo una "rivolta armata". O non sa l' italiano, cosa delle quale dubitiamo, oppure Viola distorce i concetti secondo quel che gli fa comodo - e questo si chiama manipolazione. Una rivolta armata è ben altra cosa, più nobile ed onesta, del massacro di civili, vecchi donne bambini, che dall' estate del 2000 ha gettato Israele nel lutto e nell' angoscia. Il 40% dei bambini israelioani soffre di traumi più o meno gravi dovuti a questa "rivolta armata" che, quando non ha ucciso, ha reso invalidi migliaia di israeliani. Già, ma per Viola questo conflitto "ha caratteri di faida, intriso d' uno spirito irrefrenabile di vendetta". Faida? Spirito di vendetta? Siamo piombati nel film "Mezzogiorno di fuoco", o sul set di qualunque altro film americano del genere? Per Israele è un conflitto per la sopravvivenza come stato e come popolo, per alcuni dei palestinesi e degli arabi è una lotta per ridare contiguità e continuità al "grande Islam". La conclusione, inevitabilmente, è uno strale contro Sharon, che non sarebbe "pronto a fare le concessioni previste nella road map", anzi vorrebbe "congelare, ancora una volta, il negoziato". Viola dovrebbe leggere Haaretz, il quotidiano della sinistra israelian che proprio oggi elogia Sharon come un uomo che sa impersonare, come fu già per Rabin, il senso di responsabilità della sua generazione nei confronti del bisogno di pace d' Israele.E dovrebbe rileggersi dichiarazioni ed interviste, particolarmente quelle recenti, in cui Sharon si pronuncia per il ritiro da luoghi che sono nel cuore di tutto il popolo ebraico.
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