Una frase aberrante
Analisi di David Elber
Aldo Cazzullo
La frase, solo in apparenza vagamente accusatoria, trasuda una tale ignoranza dei fatti storici che lascia senza fiato. Essa è riferita senza dubbio alla nascita di Israele dopo la Seconda guerra mondiale. Queste opinioni, purtroppo, ancora oggi sono molto diffuse, anche tra gli “intellettuali” perché si ha la credenza che lo Stato di Israele sia nato come una sorta di risarcimento – per giunta a danno di un altro popolo – agli orrori della Shoah. Ma nulla di più falso è stato detto e scritto. Si è voluto in questo modo, in Occidente, cercare di nascondere l’atteggiamento passivo, se non complice, degli Stati occidentali nello sterminio del popolo ebraico compiuto dalla Germania e dai suoi alleati durante la Seconda Guerra Mondiale. Atteggiamento che almeno dal 1938 ha contraddistinto la politica di tutto l’Occidente.
Tale “leggenda”, che aggiunge la beffa della falsità al danno incancellabile della Shoah, è potuta crescere perché, un po’ per ignoranza e un po’ per la mala fede di troppe persone, si vorrebbe fare iniziare la storia del moderno Stato di Israele come il prodotto unico della Risoluzione 181 dell’Assemblea Generale dell’ONU (29 novembre 1947).
Da quel momento in poi, la storia ha subìto un vero processo di revisione se non addirittura di vera e propria cancellazione, nel quale un impegno legale e vincolante per la comunità internazionale – il Mandato per la Palestina costituito fin dal 1922 per ospitare di nuovo il popolo ebraico nella terra dei padri – è stato volutamente disatteso, per più di 25 anni, per ragioni squisitamente politiche.
In questo modo, oggi, l’opinione pubblica ha la percezione che tutto sia iniziato il 29 novembre 1947 con la proposta dell’ONU di operare la partizione del Mandato per la Palestina per compiere una sorta di “regalo di riparazione” per il genocidio perpetrato in Europa. Al contrario, la realtà dei fatti ci dice che è stato l’ennesimo torto inflitto a un popolo quasi annientato. Infatti, la Risoluzione 181 non è la benevola dichiarazione che ha fatto nascere lo Stato di Israele, ma è il malevolo tentativo di prevaricazione volto all’illegale decurtazione di una parte consistente della terra che già apparteneva, de facto, allo Stato ebraico dal 1922.
La Shoah non è la molla che ha spinto la comunità internazionale, per rimorso e volontà di compensazione, a dare agli ebrei uno Stato indipendente. Si tratta invece della tragedia che ha costretto la dirigenza sionista ad accettare, obtorto collo, la spartizione della propria terra perché era assolutamente urgente dare asilo alle migliaia di profughi ebrei scampati alla Shoah, che nessuno – a cominciare dalla Gran Bretagna – voleva accogliere.
In pratica, con frasi come quella di Cazzullo, si vogliono cancellare di fatto tutti i trent’anni che hanno preceduto la Risoluzione 181 che, non aveva neppure il potere legale di fare ciò che le è stato successivamente attribuito, cioè spartire un territorio già assegnato a un popolo ben preciso: quello ebraico.
Inoltre, è doveroso aggiungere che l’Occidente non ha mosso un solo dito per difendere il nascente Stato di Israele. Infatti, oltre che non intervenire in difesa di Israele, tutto l’Occidente decretò un embargo totale sugli armamenti a tutti gli Stati del Medio Oriente, ma mentre gli eserciti dei paesi arabi erano già stati riforniti di armi, equipaggiamenti e perfino addestrati e condotti da ufficiali britannici (come ad esempio la Legione Araba giordana), Israele si trovò completamente privo di un armamento necessario alla propria difesa. E’ come se oggi l’Occidente decretasse un embargo sulle armi a Russia e Ucraina, equiparandole, per far cessare l’aggressione russa. Fu, infatti, solo grazie alla decisione sovietica di fornire armi allo Stato ebraico, tramite la Cecoslovacchia, che Israele sopravvisse all’aggressione araba e poté sopravvivere ad un quasi certo nuovo genocidio. Quindi di che conto parla Cazzullo?
Un cosa è certa: il conto della profonda ignoranza di Cazzullo lo pagano i lettori del Corriere della Sera.