L'Arabia Saudita si allea con l’Iran Analisi di Giulia Pompili
Testata: Il Foglio Data: 11 marzo 2023 Pagina: 1 Autore: Giulia Pompili Titolo: «Arabia Saudita e Iran svelano un accordo che è un successo quasi solo per Pechino»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 11/03/2023, a pag.1, con il titolo "Arabia Saudita e Iran svelano un accordo che è un successo quasi solo per Pechino" l'analisi di Giulia Pompili.
Giulia Pompili
Roma. La giornata di ieri doveva essere quella della consacrazione di Xi Jinping come presidente della Repubblica popolare cinese, il più longevo e autoritario sin dai tempi di Mao, ma è diventata anche il passo in avanti della Cina come potenza diplomatica internazionale che segue un’agenda diversa e opposta a quella dell’America. Arabia Saudita e Iran hanno annunciato a sorpresa uno storico accordo sulla riapertura delle relazioni diplomatiche, delle ambasciate nelle rispettive capitali e degli accordi di sicurezza congiunti. Sia Riad sia Teheran hanno riconosciuto il leader Xi come promotore e garante dell’accordo, e hanno fatto sapere che i negoziati finali si sono svolti la scorsa settimana a Pechino. Si tratta del primo grande successo regionale per la leadership cinese, che non ha una tradizione da negoziatrice, anzi: sin dall’inizio della sua rapidissima ascesa, la Cina ha sempre usato la sua azione diplomatica per costruire rapporti bilaterali nell’interesse interno, e non multilaterale. Anche dopo il ritiro americano dall’Afghanistan, Pechino aveva provato a promuovere una serie di incontri regionali per facilitare lo sviluppo del paese anche sotto il regime dei talebani e mostrarsi come potenza più responsabile e capace degli Stati Uniti, ma i colloqui avevano prodotto ben pochi risultati. Dell’azione cinese nella regione mediorientale si parla già da qualche tempo. Nel marzo del 2021 l’allora ministro degli Esteri Wang Yi, oggi capo della diplomazia del Partito, era volato a Teheran per firmare un accordo di cooperazione strategica con il governo di Hassan Rohani della durata di 25 anni. Quell’accordo era stato molto criticato, non solo per le mire d’influenza cinese nel paese, ma anche perché la sua implementazione era arrivata nello stesso periodo – la fine dello scorso anno – in cui Pechino rafforzava parallelamente la sua azione diplomatica in Arabia Saudita con il secondo viaggio di Xi Jinping a Riad (il primo era avvenuto nel 2016). La visita di stato di Xi, con l’inaugurazione di due summit, il China-Arab States e il China-Gulf Cooperation Council, era avvenuta in un momento cruciale delle relazioni tra l’Arabia Saudita e l’America di Joe Biden. Il presidente americano aveva visitato Riad sei mesi prima di Xi, nel tentativo di ristabilire un dialogo con i sauditi sulla guerra in Ucraina e dopo il brutale omicidio di Jamal Khashoggi, ma tutto era stato rimesso in discussione nell’autunno scorso, quando il cartello petrolifero Opec+, guidato dai sauditi, aveva annunciato di voler tagliare la produzione. Per ogni partnership che si rompe, per ogni dissidio nelle relazioni con l’America, la Cina è pronta a prendere il suo posto e a offrire di più. E spesso l’avvicinamento all’una o all’altra potenza è funzionale al rialzo dell’offerta. Oggi Pechino è il principale partner commerciale dell’Arabia Saudita, ed è soprattutto sul petrolio che si basa la loro relazione: nel 2021 quasi la metà degli 87,3 miliardi di dollari di scambi tra i due paesi è venuta dalle importazioni di greggio della Cina. Secondo diversi analisti, Pechino ieri ha messo il timbro su un negoziato, quello tra Arabia Saudita e Iran, a cui aveva già lungamente lavorato l’ex primo ministro iracheno Mustafa al Kadhimi. Per la Cina, però, si tratta soprattutto d’immagine, e di un colpo diplomatico che mette in ombra l’azione statunitense – dopo il tentativo, maldestro e fuori tempo, di ricostruirsi un’immagine da potenza responsabile in Europa, dopo i disastri della pandemia e il ruolo cinese di appoggio alla Russia nel conflitto in Ucraina. Nel caso dell’accordo tra Arabia Saudita e Iran, il ruolo subordinato dell’Iran è intuibile da un evento avvenuto alla fine dello scorso anno: una dichiarazione congiunta tra Cina e Arabia Saudita riconosceva tre isole contese nel Golfo persico territorio saudita. All’inizio la stampa iraniana aveva omesso quel passaggio della dichiarazione, poi, dopo molte polemiche online, il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amir-Abdollahian era stato costretto a protestare, ma a dir poco timidamente. Ieri il terzo mandato di Xi Jinping alla leadership cinese è stato ufficialmente confermato per altri cinque anni dal Congresso nazionale del popolo, che ha il ruolo puramente teatrale di dare legittimità alle decisioni già prese dal Partito comunista cinese. Anche la carica di presidente è, in realtà, subordinata a quella di capo delle Forze armate e del Partito. I quasi tremila partecipanti al Congresso hanno votato all’unanimità, con tanto di standing ovation. Il leader più potente e autoritario della Cina da decenni a questa parte sta costruendo il suo nuovo ordine mondiale con caratteristiche cinesi, e l’accordo tra Iran e Arabia Saudita è solo un pezzo della sua storia.
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