Cinque anni fa, l’operazione “Buon vicinato”: l’aiuto di Israele ai civili siriani
Analisi di Valeria Chazin
(da Israele.net)
Valeria Chazin
Desidero condividere la storia di una straordinaria operazione umanitaria completata dallo stato d’Israele cinque anni fa, e di cui non molti hanno sentito parlare e ancora meno sono quelli che la ricordano. Svoltasi tra il 2016 e il 2018, l’operazione “Buon vicinato” fu uno sforzo su larga scala e un evento storico con il quale Israele fornì gratuitamente assistenza medica, infrastrutturale e di altro tipo a migliaia di civili siriani travolti dalla guerra civile che imperversava in quel paese. L’operazione venne condotta dal Comando Nord delle Forze di Difesa israeliane, e se sicuramente vi giocò un ruolo anche la preoccupazione di mantenere calmo il confine settentrionale per ragioni di sicurezza, la motivazione di gran lunga più importante per tutta l’operazione e per chi la condusse fu quella umanitaria: lo stato d’Israele non poteva restare a guardare mentre appena al di là del confine si consumava una tragedia umanitaria di quelle dimensioni. Non è una novità che Israele mandi aiuti nelle zone disastrate, come si è visto di recente con le squadre di ricerca e soccorso inviate in Turchia subito dopo il devastante terremoto, ma anche la squadra che venne inviata in Florida a seguito del disastroso crollo di edifici residenziali. Ma solitamente queste operazioni durano un limitato periodo di tempo e assistono paesi con i quali Israele ha relazioni diplomatiche. Ciò che è stato così straordinario nell’Operazione “Buon vicinato” è stata l’offerta di assistenza su larga scala e di lunga durata da parte di Israele a dei vicini che erano cittadini di un paese che non solo non ha un accordo di pace con Israele, ma è uno stato ostile che non ha mai nemmeno riconosciuto ufficialmente l’esistenza di Israele. Il tenente colonnello (riservista) Eyal Dror, che ha servito per molti anni in vari incarichi nelle forze di sicurezza israeliane, venne specificamente incaricato di guidare l’operazione. Ho avuto occasione di parlare con Eyal, che mi ha spiegato d’aver ricevuto quella posizione grazie al suo precedente incarico come Coordinatore delle attività governative nei Territori, una unità del Ministero della Difesa israeliano responsabile del coordinamento delle questioni civili tra il governo, le Forze di Difesa israeliane, l’Autorità Palestinese e organismi internazionali. “Ci sono stati molti episodi di interazioni umane che mi hanno fatto capire il significato di questa operazione – dice Eyal Dror– Vedere bambini siriani attraversare il cancello d’ingresso in Israele a piedi, sanguinanti, per ricevere aiuto; operare a ridosso della barriera di sicurezza mentre dall’altra parte gruppi nemici come al-Qaeda, ISIS, Hezbollah stanno a guardare e potrebbero colpirti in qualsiasi momento, ti fa capire il significato del lavoro che stai facendo. Un giorno, mentre giocavo a calcio con bambini in cura da noi con indosso la mia uniforme delle Forze di Difesa israeliane e a tracolla la mia arma, ho chiesto a un ragazzino: ‘Non hai paura di me?’. E lui ha risposto: ‘Perché dovrei? Sei un ufficiale israeliano, non siriano’. Sentire queste parole da un bambino cresciuto in un paese che insegna alla sua gente a odiare Israele mi ha fatto capire il grande impatto e il valore di quello che stavamo facendo. Un altro momento particolarmente memorabile è stato vedere una bambina di 8 anni che teneva stretta una bambola ricevuta dai militari israeliani mentre era in ospedale: era l’unico giocattolo che aveva, e la riportava con sé in Siria”. Conclude Eyal Dror: “Fatti come questi ti fanno anche capire in che paese meraviglioso viviamo e quanto dovremmo essere grati”.
(Da: Times of Israel, 27.2.23)