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Il Foglio Rassegna Stampa
06.03.2023 Gli Accordi di Abramo stanno scomparendo?
Analisi di Gilles Kepel, su Le Figaro

Testata: Il Foglio
Data: 06 marzo 2023
Pagina: 10
Autore: Gilles Kepel
Titolo: «'La guerra in Ucraina ha sconvolto anche gli equilibri del medio oriente'»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 06/03/2023, a pag. 10, l'analisi di Gilles Kepel dal titolo 'La guerra in Ucraina ha sconvolto anche gli equilibri del medio oriente'.

A destra: la firma degli Accordi Abramo

Dibattito sul Medio Oriente a Lugano con l'esperto Gilles Kepel – Corriere  di Como
Gilles Kepel

A un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, una serie di scosse ha minato le fondamenta del sistema di alleanze in medio oriente” scrive Gilles Kepel, uno dei massimi esperti di mondo islamico. “Numerosi stati appartenenti al ‘Sud globale’, tra i quali dei paesi arabi considerati fino a poco tempo fa come pro occidentali, si sono rifiutati di votare all’Onu per condannare l’invasione russa. E quando gli Stati Uniti hanno chiesto all’Arabia saudita di aumentare la produzione di petrolio per fa abbassare il prezzo del greggio, indebolire Mosca e dare una mano all’Europa, Riad ha rifiutato di fungere da variabile di aggiustamento del mercato – o da “produttore elastico” – e ha mantenuto i prezzi alti. Anche Israele ha agito in solitaria, rifiutandosi di fornire all’Ucraina la tecnologia della sua “Cupola di ferro” per intercettare i missili iraniani in possesso dell’esercito russo. Quantomeno, i recenti accordi di Abramo non sembrano più la panacea che si credeva. E andando ancora più indietro nella storia, è la razionalità stessa della relazione privilegiata cosiddetta “petrolio contro protezione” tra gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, sancita dal patto di San Valentino del 14 febbraio 1945 tra il presidente F.D. Roosvelt e il re Ibn Saud a bordo dell’incrociatore Quincy ormeggiato nel Grande Lago Amaro del Canale di Suez, a essere messa in discussione per la prima volta da tre quarti di secolo. Un terremoto geopolitico sta creando nuove linee di frattura dal nord al sud del Mediterraneo, nonostante gli accordi di Abramo, firmati alla fine del 2020 tra Israele da una parte e gli Emirati arabi uniti, Bahrein, il Marocco e il Sudan dall’altra, avessero indicato una nuova dinamica regionale: rispetto agli sforzi infruttuosi di George W. Bush, la presidenza Trump sembrava aver segnato una svolta che consolidava il peso degli Stati Uniti. Come punto di forza, aveva l’enorme base finanziaria del partenariato tra la “start-up nation” israeliana, appoggiata dalla sua rete di sostegno internazionale, e gli Emirati arabi uniti, il paese del medio oriente che dispone di maggiori risorse finanziarie, proporzionalmente ai suoi favolosi introiti petroliferi e ai suoi pochi abitanti (…). Gli accordi di Abramo, pro americani, sembravano tanto più coerenti perché bilanciavano ciò che restava dell’“asse del male”, con Teheran nel ruolo del bandito, Mosca in quello del padrino, la Siria come campo d’azione e lo sfortunato Libano abbandonato a se stesso (…). In Siria, tuttavia, due attori regionali considerati dei pilastri dell’alleanza occidentale, Israele e lo stato membro della Nato che è la Turchia, avevano cominciato a fare di testa propria grazie a una relazione contrattuale con la Russia. Questa crepa nel contratto sarebbe diventata gradualmente la regola che avrebbe portato altri paesi a sganciarsi poco a poco dal loro allineamento agli Stati Uniti (e all’Unione europea), creando in questo modo una voragine che la guerra in Ucraina ha allargato in maniera considerevole e esteso a tutto il medio oriente. Israele – in particolare durante i mandati passati e quello presente di Benjamin Netanyahu – ha coltivato un tropismo moscovita. Bibi non si è perso nessuna commemorazione, sulla Piazza Rossa, della commemorazione della vittoria dell’Armata rossa sul nazismo il 9 maggio – mentre tutti gli altri stati occidentali la boicottavano dopo l’annessione russa della Crimea nel 2014, mai condannata dallo stato ebraico. Ciò che Gerusalemme riteneva importante – e continua a ritenere tale – è che Putin garantisse una parte significativa della sicurezza di Israele, mantenendo i missili e i droni iraniani lontano dai cieli siriani. Queste stesse armi sono ora fornite da Teheran alle truppe russe che combattono in Ucraina e il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, reclama invano a Israele la protezione della “Cupola di ferro” – su cui Mosca ha messo il veto. L’influenza russa in medio oriente, sulla scia sovietica, prospera ormai grazie a un “anti imperialismo” nuova maniera che appoggia qualsiasi dirigente illiberale, a prescindere dal suo colore politico, a condizione che sia anti occidentale (…). Gli americani e gli europei tendono a considerare il conflitto armato in Ucraina solo come un conflitto sul suolo europeo, ma tendono a dimenticare che la maggior parte delle operazioni militari si svolgono sulle rive settentrionali del mar Nero, che fa parte del sistema marittimo mediterraneo attraverso il Bosforo e rappresenta una porta d’ingresso per molti idrocarburi provenienti dal medio oriente, attraverso gli oleodotti e i gasdotti che attraversano l’Anatolia. La guerra in Ucraina ribalta radicalmente le carte in medio oriente.

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