Le reazioni al terrorismo palestinese: noi non siamo come loro
Commento di Deborah Fait
A destra: Joe Biden, Antony Blinken
Il colmo dell’amministrazione Biden è dire a Israele cosa deve fare. Non credo possa funzionare così un rapporto tra nazioni alleate, non credo che il portavoce del presidente, il Segretario di stato Blinken, abbia il diritto di dire al governo israeliano di non azzardarsi a toccare il sistema giudiziario. Giusto o sbagliato che sia, è Israele che deve decidere sulla riforma della giustizia, non gli USA. Siamo tornati all’epoca difficile di Obama che probabilmente ora, da dietro le quinte, soffia nelle orecchie di Biden. Ma sono andati ancora più avanti nella loro arroganza. Hanno avuto l’insolenza di dire che Israele deve pagare le case che alcuni israeliani hanno distrutto a Huwara, un villaggio arabo famoso per essere il luogo dove va a finire gran parte delle auto che gli arabi rubano in Israele. Ricostruiamo i fatti, ogni settimana muoiono ammazzati cittadini israeliani, in meno di un mese ne hanno ammazzati 14 tra cui due fratellini di 6 e 8 anni e, ultimi, altri due fratelli di 19 e 20 anni. Israeliani, ebrei, disarmati che se ne andavano per i fatti loro, che aspettavano l’autobus, che andavano al lavoro, a scuola, in sinagoga il venerdì sera.
I due fratelli israeliani uccisi
Dopo ogni assassinio, nei territori che occupano, Giudea e Samaria, gli arabi fanno festa, distribuiscono dolci per la strada, urlano, sparano in aria, non contengono la gioia che provano perché qualcuno di loro ha ammazzato degli ebrei. A pochissimi chilometri da Huwara si trova l’insediamento di Ytzhar i cui abitanti corrono costantemente il pericolo di essere presi a sassate dai palestinesi se percorrono in macchina la superstrada 60. Ad ogni attacco terroristico sentono le urla di gioia dei loro “vicini”, finché una sera, il giorno dopo l’assassinio dei due fratelli, sei ragazzi di Ytzhar sono andati a Huwara e hanno dato fuoco alle automobili, rubate, accatastate in un piazzale e a una casa fortunatamente non abitata. Violenza inaccettabile, d’accordo, ma quando è troppo è troppo. Non è possibile subire anni di violenza senza reagire e alcuni giovani non esattamente calmi e ragionevoli, hanno reagito e sono andati a render pan per focaccia. Sono stati subito arrestati dalla polizia israeliana. Ma poi cosa è successo? Che l’amministrazione Biden ha chiesto a Israele di pagare i danni fatti a Huwara. Come, prego? I palestinesi hanno distrutto centinaia di case ebraiche, al sud i missili hanno sbriciolato interi palazzi, i loro maledetti palloni incendiari hanno bruciato decine di migliaia di ettari di campi coltivati, di boschi, di flora e di fauna. Questo è andato avanti per anni senza una sola reazione da parte americana o europea! Non ho mai sentito Trump o Biden chiedere ai palestinesi di pagare i danni fatti in territorio israeliano. Mai, e si tratta di milioni di dollari andati letteralmente in fumo! E adesso chiedono a noi di pagare una casa bruciata in un villaggio tutto dedito al terrorismo? Il governo di Israele giustamente non ha risposto ma alcuni comuni cittadini hanno voluto rimediare al danno provocato a Huwara. Un gruppo di israeliani, con a capo un ebreo osservante, Yaya Fink, ha raccolto in una settimana 1.700.000 shekel e la raccolta continua. Sui social hanno criticato questa generosità, hanno dato degli stupidi buonisti a Yaya e a chiunque approvasse la sua decisione. Non capiscono che non si tratta di buonismo, i palestinesi vanno combattuti sempre e con tutti i mezzi finché si dedicheranno al terrorismo e al tentativo di annientarci. Ma noi li combattiamo con il nostro esercito, con i nostri meravigliosi soldati, colpo su colpo. Li combattiamo con le nostre leggi. Non possiamo comportarci come nel Far West, non possiamo diventare incivili, non fa parte della nostra cultura millenaria e nel paese dobbiamo abbassare i toni soprattutto in questo periodo difficile. Noi non andiamo a festeggiare quando qualche arabo muore, non distribuiamo dolcetti per la strada, non spariamo in aria per la felicità che c’è un palestinese di meno, non organizziamo funerali farsa. Noi non siamo come loro e, si, io ne sono orgogliosa.