Cina, dall’Italia estradizione negata Analisi di Giulia Pompili
Testata: Il Foglio Data: 03 marzo 2023 Pagina: 4 Autore: Giulia Pompili Titolo: «Il sistema giudiziario in Cina vìola i diritti umani. L’importante sentenza della Cassazione»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 03/03/2023, a pag.4, con il titolo "Il sistema giudiziario in Cina vìola i diritti umani. L’importante sentenza della Cassazione" l'analisi di Giulia Pompili.
Giulia Pompili
Vladimir Putin con Xi Jinping
Roma. Gli accordi dei paesi occidentali con la Cina sulle estradizioni cominciano a essere erosi dal punto di vista giuridico, e presto potrebbero diventare un problema politico. E’ l’Italia il primo paese europeo a porre parzialmente in discussione la legittimità del trattato di estradizione tra Roma e Pechino, firmato nel 2010 e ratificato dal Parlamento italiano nel 2015. L’altro ieri sera, dopo diverse ore di camera di consiglio, la sesta sezione della Corte di Cassazione ha deciso che una cittadina cinese in Italia, di cui era stata richiesta l’estradizione in Cina, non verrà estradata. Non si conoscono ancora le motivazioni della sentenza, ma secondo quanto si apprende il procuratore generale, nel corso dell’udienza, , ha ritenuto di aderire al ricorso presentato dalla difesa e spiegare quali e quanti fossero i motivi per negare l’estradizione dell’indagata nella Repubblica popolare cinese, cambiando quindi l’esito della decisione presa precedentemente dalla Corte d’Appello di Ancona. La cittadina cinese era stata arrestata ad Ancona, dove si trovava per ragioni familiari, a seguito di un “red notice”, un mandato di cattura internazionale da parte dell’Interpol, richiesto nei suoi confronti dalla Cina. La Corte di Ancona aveva ritenuto necessaria la custodia in carcere: i funzionari cinesi hanno più volte dichiarato che la donna,, ex amministratrice di un colosso del settore fintech ricercata per reati finanziari, era una fuggitiva. In realtà, secondo la difesa, la donna avrebbe lasciato la Cina ben prima di venire a sapere dell’indagine nei confronti della sua società. Ad Ancona, dove si trovava in attesa di un traghetto per raggiungere i propri figli in Grecia, l’hanno raggiunta i poliziotti italiani grazie a un capillare sistema di controllo delle strutture alberghiere – motivo per cui di solito, un vero fuggitivo, evita di dormire in hotel. Il fratello dell’imputata, residente in Cina, sarebbe stato arrestato per sei mesi nel tentativo coercitivo di far tornare la donna nel paese senza passare attraverso le vie legali, un modus operandi di Pechino dimostrato in diverse occasioni da organizzazioni non governative e legali. La Cassazione, per ribaltare la sentenza della Corte d’Appello di Ancona e liberare la donna (che comunque per il momento non potrà uscire dai confini italiani, perché il red notice dell’Interpol nei suoi confronti è ancora in essere), ha accolto il ricorso dell’avvocato difensore, Enrico Di Fiorino, dello studio legale Fornari e Associati, che, come spiega al Foglio, ha sottolineato le “gravi criticità della vicenda processuale” e soprattutto “la centralità della sentenza Liu v. Poland della Corte Europea dei diritti dell’uomo” – la principale istituzione di difesa dei diritti umani nell’ambito del Consiglio d’Europa – emessa nell’ottobre scorso e diventata definitiva a gennaio di quest’anno, e che oggi è il caso giuridico a cui guardare “per ogni decisione di estradizione verso la Cina”. Il caso “Liu v. Poland”, infatti, pur non essendo giuridicamente vincolante per gli stati membri del Consiglio d’Europa, è molto influente: secondo i giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo l’estradizione del cittadino taiwanese Hung Tao Liu, sul quale pendeva sin dal 2016 un red notice dell’Interpol da parte della Repubblica popolare cinese, era in violazione dell’articolo 3 della convenzione sui Diritti umani, quella che proibisce i trattamenti “inumani o degradanti”, e in violazione dell’articolo 5, quello sul “diritto alla libertà e alla sicurezza”. Supportata dall’associazione Safeguard Defenders, la difesa della cittadina cinese in Italia ha menzionato la sentenza della Corte europea, e la Suprema corte di Roma gli ha dato ragione. Non dimentichiamoci che tutti i rapporti economici vengono regolamentati dal diritto”, dice Di Fiorino, “e se viene riconosciuto che vi sono – sotto plurimi e rilevanti profili – sistemi diversi e persino incompatibili, le relazioni funzionano a fatica”. La sentenza di lunedì “impone un serio momento di riflessione della politica” sugli effetti e le conseguenze di certi accordi.
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