Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 27/02/2023, a pag.16, con il titolo "Brando Benifei: "Panzeri è un criminale non ho legami col Marocco" ", l'intervista di Grazia Longo.
Grazia Longo
Antonio Panzeri
«Né io né il mio assistente abbiamo incontrato l'ambasciatore marocchino Atmoun». Brando Benifei, 37 anni, eurodeputato dal 2014 e capo delegazione del Pd al Parlamento europeo dal 2019, tirato in ballo nello scandalo del Quatargate da Antonio Panzeri, respinge ogni connessione. Di fronte ai magistrati di Bruxelles, Panzeri ha riferito che come altri europarlamentari Benifei è stato eletto nel 2019 grazie ai voti decisivi della comunità marocchina. «Diedi il suo nome all'ambasciatore marocchino a Varsavia Abderrahim Atmoun che mi chiedeva chi lo potesse aiutare visto che io non mi ricandidavo – ha spiegato Panzeri a verbale –. Il parlamentare come altri suoi colleghi era rappresentato dal suo assistente durante un importante incontro che si è tenuto a Roma con Atmoun e il responsabile dei cittadini marocchini nel mondo di cui non ricordo più il nome». Ma Benifei replica che «a quell'incontro non ci sono stato né c'è stato qualcuno in mia rappresentanza».
Ne è sicuro? «Arcisicuro. A parte il fatto che non ravviso alcun reato nell'incontrare ambasciatori o esponenti delle comunità straniere, posso tranquillamente affermare che non ho mai inviato il mio assistente a Roma per partecipare a quella riunione. Era stato Panzeri a insistere affinché ciò avvenisse, ma a me la cosa pareva del tutto inutile. Non mi interessava affatto e ora comprendo il perché di tutta la sua insistenza».
In che senso? «Antonio Panzeri è un criminale reo confesso ed è stato lui stesso a spiegare ai magistrati che voleva creare una relazione, un link, tra i pagatori marocchini e chi aveva un ruolo in Europa. Era lui che aveva un intessere ad accreditarsi presso il Marocco. Ma questo non significa che sia vero anche il resto della sua versione. Perché sfido chiunque a dimostrare che il mio assistente partecipò a quell'incontro di Roma o che io abbia mai incontrato questi rappresentanti delle comunità. Anzi le dirò di più».
A che cosa allude? «A organizzare l'invito a quella riunione e a proporre contatti per conto di Panzeri fu il suo assistente Giuseppe Meroni. Chiedano quindi a lui se io dico la verità oppure no. Insisto: premesso che non può essere un reato incontrare comunità straniere, né io né il mio assistente abbiamo preso parte ad appuntamenti con la comunità marocchina. Non penso che quella riunione di Roma avesse intenti criminosi, di sicuro non ha nulla a che fare con me».
Panzeri parla di voti decisivi per lei. «Ma stiamo scherzando? Lo scarto tra me e Mercedes Bresso, prima dei non eletti dopo di me, è stato di 7 mila voti. Non mi pare di aver avuto bisogno dei voti di questa comunità, con cui non ho alcun contatto, per passare».
Ma allora perché Panzeri ha fatto il suo nome? «Secondo me ha agito in buona fede: ha fatto confusione tra quello che desiderava, avvalorare la sua posizione di mediatore, e quello che è realmente accaduto. Ha cioè confuso la sua insistenza a coinvolgere anche il mio assistente sull'effettiva partecipazione di quest'ultimo all'incontro con l'ambasciatore Atmoun».
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