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Il Foglio Rassegna Stampa
23.02.2023 L’Ucraina corre in treno verso l’Europa
Commento di Paola Peduzzi, Micol Flammini

Testata: Il Foglio
Data: 23 febbraio 2023
Pagina: 1
Autore: Paola Peduzzi, Micol Flammini
Titolo: «L’Ucraina corre in treno verso l’Europa, e non tollera più di cinque minuti di ritardo, ci dice Kamyshin, il signor Ferrovie che aggiusta tutto»

Riprendiamo dal FOGLIO  di oggi, 23/02/2023, a pag. 5, con il titolo 'L’Ucraina corre in treno verso l’Europa, e non tollera più di cinque minuti di ritardo, ci dice Kamyshin, il signor Ferrovie che aggiusta tutto', l'analisi di Paola Peduzzi, Micol Flammini.

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Paola Peduzzi

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Micol Flammini

La diplomazia ha la forma di un treno, corre su rotaia, e accetta di rendere possibili tutte le missioni impossibili, come portare il presidente americano Joe Biden in un paese in guerra, dentro al cuore di Kyiv a bordo di vagoni speciali soprannominati Rail force one. Ma sulle rotaie ucraine non si muove soltanto la diplomazia, anche qualcosa di più: la salvezza dei suoi cittadini e il futuro dell’integrazione europea di questo paese che approfitta di ogni cicatrice lasciata dagli attacchi russi per reinventarsi. Il 19 gennaio del 2023, i rappresentanti di Polonia e Ucraina hanno firmato un accordo per sviluppare una linea ferroviaria ad alta velocità tra Varsavia e Kyiv. La tratta esiste già, passa per Leopoli, ma va adattata agli standard europei nella parte ucraina. Lungo le ferrovie si sta già costruendo l’Europa e l’ingresso di Kyiv dentro l’Unione è quasi un dato di fatto che va oltre i trattati, le firme, le attese. Qui, in Ucraina, Bruxelles non si aspetta, Bruxelles si anticipa, e i treni, che in questi mesi hanno salvato vite, permesso all’Ucraina di continuare a commerciare e rifornirsi, che hanno collegato e allungato lo spazio europeo, ne sono l’esempio. C’è un uomo che è diventato il volto di questa rivoluzione su rotaia, che non appena la Russia ha invaso l’Ucraina si è messo a correre più di altri, più dei suoi stessi treni, per fare in modo che le città non rimanessero isolate, continuassero a vivere, che le persone potessero muoversi. Si chiama Oleksandr Kamyshin, è uno dei volti più noti della resistenza ucraina, ha trasformato le ferrovie in questo anno di guerra ed è molto ambizioso. Siamo andate a trovarlo in una delle sue case, forse la più importante, sicuramente la più grande: vicino alla stazione centrale di Kyiv. Un edificio triangolare, dall’aspetto austero, che ospita chi va e chi viene, chi fugge e chi cerca rifugio, tra controlli capillari, ragazzi in mimetica, scritte che indicano dove rifugiarsi in caso di allarme antiaereo e bandiere ucraine, ovunque. Kamyshin arriva con tre minuti di ritardo, scusandosi, ma sottolineando che la regola europea prevede che fino a cinque minuti, sia di anticipo sia di ritardo, non è considerata scortesia, tranne che per i treni. Forse non siamo al corrente del manuale del ritardatario cortese, ma ammettiamo di non esserci mai domandate se ci fosse una regola brussellese. Lui è altissimo, capelli rasati ai lati e un codino raccolto in una treccia. La pettinatura da cosacco incornicia il volto ironico e tranquillo dell’uomo che in un anno di guerra ha reso Ukrzaliznytsia, la compagnia delle ferrovie ucraina, un elemento di salvezza e di orgoglio nazionale. “Se entrassimo ora in Unione europea, alzeremmo la media dei treni che arrivano in orario”, scherza. In effetti, nonostante tutto, detiene un primato. Parla tranquillo, voce bassa, cercando di curare le parole, quando descrive le tratte, sembra immaginarsi sul treno. Quest’anno è stato lungo il tempo trascorso sui binari, correndo da una stazione all’altra, riparando quello che le bombe russe distruggevano, rimettendo in sesto rotaie, vagoni, studiando il metodo più sicuro di connettere l’Ucraina e l’Ucraina all’Europa. Si versa il tè nerissimo con calma, orgoglioso di sapere che siamo arrivate in treno e soprattutto che il treno era in orario. “Per me è importante, le persone devono avere dei punti fermi, i disagi dovuti alla guerra sono molti, non devono trovarli anche mentre viaggiano”, dice, aggiungendo con rammarico che l’arrivo del presidente americano ha scombinato gli orari, il novanta per cento dei treni è arrivato in ritardo, ma era una questione di sicurezza. Kamyshin se ne è scusato molto. L’evoluzione. La compagnia delle ferrovie Ukrzaliznytsia non era un esempio virtuoso di precisione, forse in pochi avrebbero scommesso nella sua trasformazione, ma si è inserita in quel bouquet di sorprese e sbalordimenti che l’Ucraina è stata in grado di tirare fuori da se stessa dall’inizio dell’invasione su larga scala. L’arrivo di Kamyshin è stato fondamentale, ha raggiunto la compagnia sei mesi prima del 24 febbraio, e già aveva le idee chiare, ma descrive il cambiamento delle ferrovie come parte della tendenza al rinnovamento che sta coinvolgendo tutto il paese. “Tutte le nostre vite sono cambiate quest’anno. Vivevamo delle giornate abbastanza normali, poi è arrivata una vita nuova”. Si ferma un attimo e ragiona sull’espressione, ripetendo: “E’ arrivata”. Forse vorrebbe dire: ci è stata imposta, ma porterebbe con sé una nota di lamentela e stanchezza, alla quale non ha intenzione di cedere. “Parlando delle ferrovie – continua – l’export di cargo era una delle parti importanti della nostra economia: l’Ucraina esporta cereali, metalli, carbone e le ferrovie sono il mezzo principale”. Una storia di rotaie e fischi, diventata ancora più centrale con l’invasione. Kamyshin ammette che il trasporto per passeggeri non era poi così efficiente, ma è mutato per necessità. “Quando è diventato impossibile prendere un aereo, quando è diventato complicato muoversi in macchina a causa del traffico che si era creato tra le fughe da una città all’altra, quando i porti sono stati chiusi, le ferrovie sono diventate l’unico modo di muoversi ed esportare, così da spina dorsale dell’economia siamo diventati la spina dorsale della sicurezza del paese. Nel momento in cui era complesso portare aiuti umanitari dall’ovest all’est, le ferrovie sono diventate fondamentali”. Oggi gli ucraini lodano i loro treni celesti e quando sentono parlare di Kamyshin dicono: ragazzo sveglio; un tipo ambizioso; farà strada; se non ci fosse stato lui; è un nuovo ucraino. Il termine nuovo in Ucraina ha un significato importante, ha a che fare con l’immaginazione, con tutto quello che accadrà, che, dopo la vittoria, si realizzerà. E forse con i treni si sta già realizzando. Riparare in fretta. Le ferrovie sono un bersaglio dei bombardamenti russi e riparare in fretta è diventata la specializzazione della squadra di Kamyshin: “Quando i russi colpiscono noi non ricostruiamo, reinventiamo. L’infrastruttura è vecchia e noi approfittiamo per rinnovarla”, e quando si rinnova si cerca di scegliere gli standard europei: per arrivare prima del futuro. All’inizio della guerra, Ukrzaliznytsia riportava ogni danno, ogni buco, ogni colpo, ora ha smesso: “Sarei l’uomo più noioso del mondo se continuassi a fare questa lista. I danni sono quotidiani e ripetuti. Non possiamo focalizzarci su questo”. Ne hanno contati più di 2.500. Kamyshin racconta uno degli episodi che lo hanno reso più orgoglioso: “I russi hanno bombardato la linea tra Mykolaïv e Kherson. Avevamo due treni che percorrevano ogni giorno questa tratta e non potevamo permettere che le persone rimanessero bloccate, neppure per ventiquattro ore. Quindi abbiamo deciso di fermare il primo treno a Mykolaïv, far scendere i passeggeri e organizzare un autobus fino a Kherson. Sullo stesso autobus, abbiamo caricato chi invece voleva fare il percorso inverso: da Kherson a Mykolaïv. Nel frattempo ci siamo dati da fare per riparare la ferrovia. In mezza giornata era fatta, tutto funzionava di nuovo”. Kamyshin dice che ormai lui e la sua squadra sono stati infettati da un virus che impone loro di continuare a correre e non possono smettere: “Sappiamo quanto è importante”. Le evacuazioni. C’è un numero che il capo delle ferrovie pronuncia con particolare fierezza: quattro milioni. E’ la cifra delle persone che lui e la sua squadra sono riusciti a evacuare, tra questi un milione sono bambini. La missione del trasporto di Joe Biden, per quanto complicata dal punto di vista della sicurezza, non è stata la più complessa. Ci ha detto che è stato portare le persone fuori dalle zone più pericolose, sotto tiro, tra la paura, il frastuono, le privazioni, la missione più difficile. “Riguardo a Biden non posso rivelare molti dettagli, ma fidatevi, c’è stato un buon lavoro di squadra. Le evacuazioni, però, sono un’altra cosa. In questi mesi abbiamo anche portato centinaia di migliaia di tonnellate di aiuti umanitari”. E’ complesso immaginare quanto rappresenti oggi un treno in Ucraina, e Kamyshin lo racconta particolarmente bene quando descrive i volti e gli sguardi dei cittadini dei territori liberati che dopo mesi di occupazione hanno sentito il fischio, lo sferragliare. “Sono stato all’inaugurazione di tutti i treni che ripartivano dai territori occupati. Li ho visti tutti, non ne ho persa una. Ho visto i volti e capito cosa rappresentava per loro, è incredibile l’effetto che fa un treno in partenza. Un treno che torna in una città svuotata di tutto vuol dire vita, diritto di spostarsi, libertà, cibo, scambi, economia”. E’ un simbolo potente, vuol dire non essere più isolati e poter scegliere. I dipendenti persi. C’è un altro numero che Kamyshin ricorda bene, è quello dei dipendenti persi durante il conflitto: 344 morti, 788 feriti. Alcuni di loro si sono arruolati, altri sono morti durante il lavoro, altri mentre erano a casa. Gli stipendi non sono alti, ma sono stabili, la compagnia ha ancora abbastanza dipendenti per poter garantire un servizio vitale. Ukrzaliznytsia è la più grande compagnia del paese e nello stesso tempo è il paese in miniatura e, al suo interno, come in tutta l’Ucraina, ha i suoi eroi e i suoi traditori. Lo scorso anno sono stati catturati dall’Sbu, il servizio di sicurezza, alcuni dipendenti. Kamyshin ci ha spiegato che la compagnia ha un suo sistema di sicurezza interna che ha permesso di trovarli. Funziona così: si fa uno screening e i dipendenti sospetti vengono sottoposti a un controllo aggiuntivo da parte delle autorità. La collaborazione con l’intelligence è sistematica e si è scoperto che alcuni davano informazioni al nemico. “Ma i dipendenti, ci tiene a precisare, sono tanti e per qualche traditore ci sono moltissimi eroi del ferro pronti a fare tutto quello che è necessario per questo paese. Ci rende molto orgogliosi”. Trovarsi pronti. Dov’eri quel 24 febbraio? cosa sapevi? sono domande che tutti gli ucraini ricorderanno per il resto della loro vita, si faranno, si sentiranno fare. Kamyshin forse sapeva più di altri, le ferrovie dovevano essere pronte e poi è abituato a prevenire, lavorare in anticipo: ci mostra grafici e paper su come si fanno scenari e indica le date per far vedere che per essere pronto per l’inverno non puoi certo iniziare a prepararti in estate, saresti già in ritardo. Così, dopo il 24 febbraio, consapevole o meno che fosse, si è trovato con i suoi dipendenti di fronte a due opzioni: “Dentro o fuori, farcela o non farcela. Non oso immaginare cosa sarebbe accaduto se avessimo fallito. In qualche modo abbiamo trovato le forze e poi ci siamo accorti che quello che era un lavoro era diventato una passione: tutto doveva continuare ad andare, con noi si muoveva l’Ucraina, la sua economia e la sua salvezza. La nostra dedizione nasce dalla consapevolezza che la vita dei nostri concittadini dipende anche da noi”. Parla come un soldato, ci spiega che la sua è disciplina. La disciplina che tutti gli ucraini hanno dovuto acquisire in un anno in cui tutto è cambiato, in cui hanno deciso di non limitarsi a ricostruire i danni, ma hanno trovato la loro forza nel rinnovare. Le scuse non sono ammissibili, neppure la guerra è una scusa, ripete spesso Kamyshin e anche riguardo alla corruzione è netto: “Abbiamo zero tolleranza per la corruzione, se qualcosa ci sembra poco trasparente viene escluso. Stiamo ricostruendo l’Ucraina da zero, stiamo dimostrando a tutto il mondo che siamo diversi e se ci sono persone che vogliono tornare ai vecchi tempi, non sono nel posto giusto”. Anche arrivare in ritardo è una cosa così vecchia, scherza su, alternando serietà a sorrisi morbidi. Il tramonto dietro la stazione Pasazhyrsky di Kyiv ha i colori della primavera, Kamyshin dice che è pronto anche per la prossima stagione: “Ho avuto il mandato dal presidente Zelensky e dal vice primo ministro Kubrakov di riportare i treni nei territori occupati il prima possibile e continuerò a farlo fino alla fine o fino a nuovo ordine. Abbiamo una regola: prima arrivano i carri armati e poi i treni. Appena il nostro esercito riprende i territori occupati, noi siamo pronti a muoverci, a ristabilire i collegamenti”. Kamyshin dice che il sostegno degli alleati è stato fondamentale, racconta di come vuole europeizzare la linea ferroviaria e sa che i suoi treni portano in Europa gli ucraini e gli europei in Ucraina. Per le ferrovie anche gli alleati possono fare molto: “Mandate i vostri cargo, noi ci guadagniamo e voi ci guadagnate”. Non solo la Polonia, sottolinea, anche i paesi più lontani: “Le opportunità di business sono per tutti”. Gli abbiamo chiesto di immaginare il primo treno che rientra nella Crimea liberata, magari con sopra la bandiera ucraina e quella europea che si schiaffeggiano scherzosamente tra i colpi di vento. Lui immagina, ma ragiona con calma, dice che i suoi vagoni spera di riportarli ovunque, non soltanto in Crimea, ma anche a Mariupol, ovunque. La regola, ci dice, è sempre la stessa: prima i carri armati, poi i treni.

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