Meloni verso Kiev pronta ad aprire sui caccia italiani Analisi di Tommaso Ciriaco, Fabio Tonacci
Testata: La Repubblica Data: 20 febbraio 2023 Pagina: 4 Autore: Tommaso Ciriaco, Fabio Tonacci Titolo: «Meloni verso Kiev pronta ad aprire sui caccia italiani»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 20/02/2023, a pag. 4, con il titolo 'Meloni verso Kiev pronta ad aprire sui caccia italiani' l'analisi di Tommaso Ciriaco, Fabio Tonacci.
Zelensky con Giorgia Meloni
C’è un numero segreto e già vagliato in via riservata dai vertici dell’esecutivo: cinque. Tanti potrebbero essere i caccia militari che Roma invierà in futuro a Kiev. Ma a patto di non essere i primi della lista dei “contributori”, per ragioni di opportunità politica. E di dare l’impressione di essere quasi costretti a seguire l’onda lunga degli alleati, capitanati in questa fase dalla Gran Bretagna che spinge i partner verso un nuovo, decisivo, passo. L’apertura italiana arriverà già nelle prossime ore, quando Giorgia Meloni incontrerà Volodymyr Zelensky e la stampa nella capitale ucraina. Non sarà l’Italia a mettersi alla testa della battaglia per inviare i caccia a Kiev, insomma. Per diverse ragioni. Intanto perché la presidente del Consiglio ospita nella sua maggioranza autentici fan di Vladimir Putin. E anche perché l’esecutivo è consapevole dei dubbi diffusi nell’opinione pubblica sulla prosecuzione del conflitto. Eppure, la premier non si opporrà se l’Occidente dovesse giungere a compiere questo passo. Assecondare la dinamica innescata dagli alleati, dunque. Ma come? Ci sono due modi con cui Roma può favorire il processo di condivisione degli aerei militari con l’aviazione ucraina. La prima: non dirà no all’eventuale invio da parte del Regno Unito di una pattuglia di qualche decina di Typhoon già destinati alla dismissione nei prossimi due anni. Il Typhoon è prodotto da un consorzio del quale fanno parte Gran Bretagna, Spagna, Germania e Italia. Per la consegna a terzi, serve il consenso di tutti i partner: Roma non si metterà di traverso. Ma c’è di più. Se altri Paesi dovessero davvero procedere con le prime spedizioni, allora l’Italia potrebbe accodarsi. Escluso che conceda i propri Eurofighter, la punta di diamante della nostra aeronautica e il modello più avanzato mai realizzato in Europa. Difficile anche che dia via libera agli F-35. Semmai, il governo Meloni si orienterà sugli Amx (realizzati da un consorzio composto da Italia e Brasile). Oppure sui Tornado. Esiste già una stima di quanto l’Italia potrebbe fornire all’alleato ucraino: come detto, quattro o cinque caccia. Ovviamente preceduti dall’addestramento dei piloti ucraini, su cui gli alleati di Zelensky (Regno Unito in primis)dovranno investire nei prossimi mesi. Nel frattempo, Meloni ragiona anche su una mossa completamente diversa. La premier sa bene che la corsa per la ricostruzione post- bellica è già partita. E sul ruolo preminente che giocheranno gli Stati Uniti in tale corsa nessuno dubita. In Europa, tuttavia, l’Italia si trova ad avere la Francia come principale antagonista. La cena all’Eliseo organizzata da Emmanuel Macron col cancelliere tedesco Olaf Scholz e il presidente ucraino — temono a Palazzo Chigi — mirava anche e soprattutto a posizionarsi perquando il conflitto terminerà. Per bruciare sul tempo Macron — con il quale i rapporti sono ormai dettati dalla competizione spinta — la leader di Fratelli d’Italia intende lanciare nelle prossime ore l’idea di una conferenza internazionale per la ricostruzione dell’Ucraina, che l’Italia intende ospitare. È uno degli argomenti di cui parlerà col presidente ucraino. In questa chiave va letta la recente missione a Kiev del ministro per lo Sviluppo economico Adolfo Urso e del presidente di Confindustria Carlo Bonomi. Focalizzarsi sul nodo della ricostruzione permette a Meloni anche di coprirsi sul fronte interno, ossia quello degli alleati di maggioranza: è il modo per bilanciare il sostegno bellico con un’azione orientata al dopo-guerra, che accontenti Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, da sempre critici sul sostegno all’Ucraina. Una dinamica di politica interna italiana che occupa la vigilia della missione all’estero della premier. Meloni sfrutterà l’imminente visita aKiev anche per rassicurare Zelensky sulla vicinanza del governo italiano alla causa ucraina. E per derubricare le sortite del Cavaliere e del segretario leghista a posizioni sterili, «incapaci di incidere» sulle decisioni dell’esecutivo, che è e resta «al fianco della Nato e degli Stati Uniti». Un equilibrismo complesso, vista l’eco internazionale delle critiche del leader di Forza Italia a Zelensky. Ma un equilibrio comunque da mantenere per salvare la collocazione italiana nell’alleanza atlantica. E la faccia di chi guida il governo.