Quando il mito si sostituisce alla realtà
Analisi di David Elber
Uno degli argomenti più utilizzati dalla propaganda antiebraica in merito al conflitto con gli arabi è la questione dei territori che il popolo ebraico avrebbe sottratto alla popolazione araba, per di più considerata come quella “nativa”.
Alla “cupidigia” ebraica, nel corso dell’ultimo secolo si è aggiunto di volta in volta l’imperialismo britannico e/o quello USA, il tutto finalizzato ad aiutare l’impresa “coloniale” ebraica. Questa tesi è priva di qualsiasi argomentazione seria e plausibile. Inoltre, essa è spesso e volentieri accompagnata da cartine volutamente parziali ed omissive coadiuvate da cifre e percentuali territoriali altrettanto parziali e del tutto decontestualizzate, come ad esempio quelle utilizzate per spiegare il rifiuto arabo nei confronti della Risoluzione 181 del 1947 Da tutto questo nasce il mito sempre più inscalfibile che agli arabi sarebbe stato letteralmente “sottratto” un proprio Stato da sotto i piedi.
Per prima cosa è necessario definire il territorio in questione. Impresa che appare più semplice oggi perché si fa riferimento a cartine che rappresentano Israele (anche se con confini talvolta controversi) o cartine che rappresentano il Mandato di Palestina del 1922, che l’ha preceduto e che ne ha sancito i confini legali per il diritto internazionale. Ma questi confini, oggi noti, sono una creazione moderna (consolidatosi in modo quasi definitivo tra il 1920 e il 1927). Quindi, come punto di partenza della nostra disamina partiremo dalla sistemazione territoriale del Medio Oriente uscita dai trattati di pace di Sèvres e Losanna che sancirono la fine dell’Impero ottomano. Infatti, nei quattro secoli precedenti – quelli del dominio ottomano – come si può ben vedere comparando le cartine 1 e 2 relative al Mandato di Palestina e alla suddivisione amministrativa ottomana dell’area fino al 1917, l’area interessata alla nostra ricerca, era suddivisa amministrativamente in maniera del tutto diversa e con criteri e logiche assai differenti. Il termine stesso di “Palestina”, nei quattro secoli di dominio ottomano, non era in uso essendo un termine europeo e cristiano in modo particolare. A ciò è doveroso aggiungere che mai è esistito uno Stato arabo (o più Stati se consideriamo tutto il Medio Oriente) nel senso moderno del termine. La dominazione araba era di fatto terminata all’inizio del XVI secolo.
cartine 1-2
Con la cartina 3 sottostante si può chiaramente visualizzare il territorio della Palestina mandataria come era stata costituita nel 1922. E’ bene subito precisare che il Mandato di Palestina è stato deciso dalla Società delle Nazioni (l’ONU dell’epoca) per creare le condizioni per realizzare uno Stato per il popolo ebraico. Questo lo si evince in modo inequivocabile leggendo il preambolo del Mandato nonché i suoi articoli 2,4,6,7, 11 e 25.
cartina 3
Perché allora la cartina 3 raffigurante il territorio del Mandato di Palestina è di due colori differenti? Perché la Potenza mandataria, cioè la Gran Bretagna, in base all’Articolo 25 del mandato decise di dividere amministrativamente il Mandato in due: la parte ad ovest del fiume Giordano per portare a compimento i dettami del Mandato stesso cioè la creazione di uno Stato ebraico; la parte ad est del Giordano per creare un futuro Stato arabo per la popolazione locale non ebraica. E’ però da precisare che questa suddivisione non era di fatto contemplata dalla Statuto del Mandato di Palestina, fu una “forzatura” interpretativa britannica per favorire la popolazione araba numericamente maggioritaria (oltre che favorire la famiglia hascemita sua alleata). Di fatto del territorio mandatario complessivo, circa il 74% fu destinato agli arabi e il 26% per il popolo ebraico. Questo a partire dal 1922. Erroneamente da quell’anno si fa comunemente riferimento al Mandato di Palestina solo sulla sua porzione ad ovest del Giordano, scordandosi molte volte e volutamente della sua parte est: denominata Transgiordania che fino al 1946 (data di riconoscimento della sua indipendenza come Stato arabo) faceva parte a tutti gli effetti del Mandato di Palestina.
A questo punto nasce il primo mito: quello legato alla presunta “ingiustizia” subita dagli arabi con la spartizione proposta dall’Assemblea Generale dell’ONU nel 1947. Qui non entreremo in merito al valore legale della Risoluzione 181 (che non è mai esistito in quanto era una semplice proposta), accenneremo solo alla presunta ingiustizia che la spartizione territoriale prevedeva: 55% del territorio al popolo ebraico, 43% alla popolazione araba e circa il 2% come territorio internazionale (il territorio di Gerusalemme e dintorni).
I sostenitori della presunta “spartizione ingiusta” prevista con la Risoluzione 181 omettono di dire che le percentuali sopra descritte riguardavano solamente il 26% del territorio originario (come abbiamo visto il restante 74% era già sotto controllo arabo con la creazione della Giordania nel 1946) e per di più si trattava della totalità del territorio già assegnato in precedenza al popolo ebraico. Quindi, quella del 1947, è stata una seconda spartizione relativamente al 26% del territorio complessivo che portò al controllo arabo dell’85,5% del territorio mandatario complessivo e al controllo ebraico del 14%, mentre il restante 0,5% rimaneva sotto il controllo internazionale. Quindi anche dal punto di vista della popolazione complessiva (ebraica ed araba) l’85,5% di territorio premiava ampiamente la maggioranza araba.
Un altro mito legato alla spartizione prevista dalla Risoluzione 181 (si veda la cartina 4 sottostante) è l’autentica leggenda che asserisce che agli ebrei fossero stati assegnati tutti i terreni più fertili. Ma come chiunque può vedere ben oltre il 60% del territorio assegnato agli ebrei era composto dal deserto del Negev.
E’ vero che oggi il popolo ebraico è riuscito a far fiorire anche questo deserto ma allora era totalmente inospitale. Mentre la maggior parte delle altre terre a loro assegnate erano originariamente paludose e malariche. Fu solo grazie al duro lavoro degli agricoltori che divennero fertili. La logica della spartizione della 181 era esclusivamente demografica e non territori fertili agli uni e pietrosi agli altri. Infine, un altro imperituro mito vede nel rifiuto arabo alla spartizione del 1947 il motivo in base al quale tutti gli arabi, sia quelli locali che quelli appartenenti ad altri Stati, si sentirono vittime di una ingiustizia in quanto veniva loro assegnato “solo” il 43% del territorio pur essendo la maggioranza.
Come già evidenziato il calcolo territoriale corretto è dell’85,5% agli arabi e il 14% agli ebrei, ma detto questo, in nessun verbale ONU o della Lega araba risulta una proposta araba di spartizione anche con percentuali diverse: dai verbali raccolti dalla Commissione ONU (UNSCOP) incaricata di studiare la divisione territoriale del mandato nel 1947 in avanti, le uniche dichiarazione arabe furono di assoluta contrarietà alla spartizione e alla nascita di uno Stato ebraico in qualsivoglia porzione del territorio mandatario. Principio questo, che del resto era stato già ribadito dagli arabi alla Commissione Peel nel 1937 quando questa commissione britannica fu incaricata dal governo britannico di studiare una soluzione ai disordini scoppiati a partire dal 1936 ad opera degli arabi. Come si può vedere dalla cartina 5, questa soluzione affidava circa il 70% del territorio della Palestina propriamente detta (esclusa la parte transgiordana) agli arabi e il 30% al popolo ebraico.
Anche questa proposta fu rifiutata dagli arabi mentre fu accettata dalla dirigenza ebraica. E’ da notare che la stessa Commissione Permanente dei Mandati della Società delle Nazioni l’aveva bocciata perché contraria ai dettami mandatari. In conclusione, non una sola proposta di spartizione territoriale è mai stata accettata dagli arabi, il resto è solo leggenda e propaganda.