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Abbiamo bisogno di una migliore definizione di antisemitismo Analisi di Ben Cohen
(traduzione di Yehudit Weisz)
Nel mondo di coloro che sostengono gli ebrei, la “definizione operativa” di antisemitismo approvata dall'International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA), ha quasi acquisito lo status di un testo sacro. Le sue osservazioni e raccomandazioni sono unanimemente considerate incontestabili, tanto che molti attivisti filo-israeliani quando si confrontano con attivisti BDS e simili, si accontentano di citare semplicemente il significato della definizione sulla relazione tra antisionismo e antisemitismo. Nel frattempo, ogni volta che viene esternata, l’approvazione della definizione (finora, quasi 40 Paesi, le Nazioni Unite, il Consiglio d'Europa, l'Organizzazione degli Stati Americani e numerosi enti civici e organizzazioni di volontariato l’hanno sottoscritta) viene strombazzata con esaltazione, come un ulteriore segno che il mondo si stia finalmente svegliando davanti alla vera natura del suo odio più antico. Per favore, non fraintendetemi. Considero estremamente positivo l'ampio sostegno internazionale alla definizione. Penso solo che potremmo fare un lavoro migliore con la definizione stessa, e che così facendo la nostra posizione ne uscirebbe più rafforzata.
Le suddivido in “neo-tradizionali”, riferite al riciclaggio di pregiudizi e stereotipi medievali sugli ebrei durante la pandemia di COVID-19, insieme ad altri tropi obsoleti sul losco potere finanziario ebraico; “antisioniste”, riferendomi all'attacco contro la sopravvivenza collettiva ebraica, implicito negli appelli per l'eliminazione dello Stato di Israele; “relativizzazione della Shoah”, riferendomi all'evocazione dello sterminio di 6 milioni di ebrei facendone un’analogia con le crisi contemporanee che sono generalmente non paragonabili rispetto alla Shoah; e “anti-giudaismo”, riferito ai vari sforzi per stigmatizzare e mettere fuori legge i rituali ebraici fondamentali, come la circoncisione dei neonati maschi e l’abbattimento di animali secondo le leggi della shechitah.
A mio avviso, ci sono quattro modi principali in cui la definizione IHRA, che risente dell’essere scritta male e imprecisa in punti chiave, potrebbe essere migliorata. Per cominciare, c'è la frase di apertura: “L'antisemitismo è una certa percezione degli ebrei, che si può esprimere come odio verso gli ebrei.” Questo è troppo vago e abbastanza confuso per chi non lo sapesse, in particolare quando il principale destinatario sta studiando la definizione per il suo uso pratico. Più accurata ed efficiente sarebbe una formulazione dichiarativa, come ad esempio: “L'antisemitismo è la percezione negativa, ostile o odiosa del popolo ebraico come collettività, espressa attraverso una serie di misure retoriche, violente e discriminatorie rivolte nei confronti degli Ebrei o di coloro che sono percepiti come Ebrei, così come nei confronti delle loro proprietà e delle loro istituzioni comunitarie.”
Quindi, la frase nella definizione che identifica come antisemita “negare al popolo ebraico il suo diritto all'autodeterminazione, ad esempio affermando che l'esistenza di uno Stato di Israele è un’iniziativa razzista” potrebbe essere riscritta dicendo: “Descrivendo il sionismo, il movimento nazionale ebraico, come intrinsecamente razzista e lo Stato di Israele come un’entità illegittima.” Bisogna aggiungere un'ulteriore affermazione sull'antigiudaismo, magari riconoscendo come antisemiti quegli sforzi per impedire, nella formulazione da me suggerita, “alle comunità ebraiche di osservare le loro pratiche religiose più sacre, come consumare cibo kosher e circoncidere i bambini maschi all'età di otto giorni, mediante provvedimenti legislativi o di altra natura.”
Per preservare l'integrità storica della Shoah, una nuova clausola nella definizione potrebbe recitare: “Diversamente da tutti i gruppi di vittime perseguitate dal regime nazista, gli ebrei furono additati come l'ultimo nemico dell'umanità, nella cui distruzione fu spesso incoraggiata e in molti casi accolta, la collusione di popolazioni non ebraiche sotto l'occupazione nazista.”
Sono anche profondamente consapevole che la definizione IHRA è stata attaccata da coloro che non sopportano la sua identificazione dell'antisemitismo con l'antisionismo, e posso capire come un ambiente così ostile possa creare ansie circa l'emendamento della definizione tra i suoi sostenitori. Ancora una volta, però, non trovo questa argomentazione molto convincente. Semmai, i tentativi di creare un'alternativa alla definizione come la cosiddetta "Dichiarazione di Gerusalemme" dovrebbero animare i nostri sforzi intellettuali in sua difesa, al punto che siamo disposti a apportarvi revisioni quando giustificato. Altrimenti la storia ci sfuggirà di mano. Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate
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