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La Stampa Rassegna Stampa
12.04.2003 La prima intervista a Ahmad Chalabi
E'di Fiamma Nirenstein sulla Stampa

Testata: La Stampa
Data: 12 aprile 2003
Pagina: 0
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Chalabi: Saddam non è morto»
Fiamma Nirenstein, con uno scoop eccezionale, intervista per prima Ahmad Chalabi, presidente del congresso nazionale iracheno, sulla Stampa del 12.04.2003



AHMAD Chalabi è la persona che, ad oggi, più di ogni altra incarna il futuro dell’Iraq. Presidente del Congresso Nazionale Iracheno, sciita, banchiere ed economista, per anni ha vissuto il suo esilio fra Londra e Washington, inseguito in maniera un po’ rituale da chiacchere e denigrazioni non sempre di origine controllata. Di fatto è colui che per anni ha tessuto, subendo non pochi rifiuti e umiliazioni dai suoi attuali amici americani, il momento della liberazione del suo Paese e ha cercato di metterne insieme tutte le componenti etniche e religiose: curdi con arabi e turcomanni, sciiti con sunniti. Di lui si dice che, mentre i suoi più ardenti sostenitori si trovano alla Casa Bianca e al Pentagono, conti nemici irriducibili al Dipartimento di Stato e alla Cia. Lo troviamo con un telefono satellitare a Nazarje, nel Sud dell’Iraq; arrivando in Iraq qualche giorno fa con un ponte aereo, ha portato con sé settecento soldati iracheni, armati e preparati con lungo impegno, raccolti fra gli esuli decisi a rovesciare il regime di Saddam: per Chalabi è stato sempre molto importante dimostrare che anche se portata dagli alleati, pure la guerra contro Saddam è una rivoluzione autoctona contro un terribile dittatore, e che solo il popolo iracheno ha diritto di decidere del suo destino. Qualche mese fa, a Washington, dove si trovava per un incontro sul futuro dell’Iraq e per seguitare a tessere i suoi preparativi, ci disse «sto preparando le valige. Siamo pronti, non appena ci danno il via, vado a casa». Due anni fa, a Madrid, scelse come esempio per raccontarci la dittatura l’immagine di cento mercedes bianche che escono da uno dei palazzi di Saddam con le tendine abbassate: dentro una di esse, diceva Chalabi stringendo in pena gli occhi chiari, siede il Raíss, in una beffa che si ripete di continuo per metterlo al riparo da possibili attacchi, dall’odio del popolo oppresso. La figlia Tamara, con lui in Iraq, ci ha chiesto di aspettare «perché sta ricevendo un gruppo di capi delle tribù». Poi Chalabi risponde con un piglio molto deciso, e la voce stanchissima.


Come va signor Chalabi?

«Benissimo grazie..»

Mi hanno detto che da quando è arrivato non ha mai dormito una notte, che la tensione è enorme, e anche che si prepara a muovere da Nararje a Baghdad.

«Va tutto come si deve, tutto OK. Quanto a Baghdad, mi muoverò quanto prima, molto presto».

Dunque, la guerra è finita? O c’è da aspettarsi dei colpi di coda? Come si deve interpretare questo terribile disordine che sembra ancora dominare la scena?

«La guerra è finita, la considero ormai conclusa. Abbiamo assistito a un autentico collasso delle forze di Saddam Hussein».

Che nessuno si aspettava.

«Questo lo dice lei. Noi ce lo aspettavamo e lo avevamo detto. L’esercito non aveva nessuna intenzione di immolarsi per Saddam, e la guardia Repubblicana si è sciolta come neve al sole. Nessuno voleva morire per un dittatore che aveva procurato terribili sofferenze alla gente».

Pure c’è ancora chi spara, chi compie attentati suicidi.

«Si tratta di potentati o di persone che tendono soprattutto alla protezione di interessi specifici, che hanno cose terribili e indelebili da nascondere, che non possono assolutamente permettersi di venire esposti, oppure di forze estranee, di provocazioni. Ma la situazione generale è il collasso delle forze di Saddam. E il fatto più rilevante, è soprattutto l’indicibile gioia fra la popolazione».

Lei è convinto che si tratti di gioia autentica, e non di desiderio di compiacere il conquistatore?

«Solo chi non ha conosciuto a fondo la nostra sofferenza può immaginare che si tratti di una messa in scena, o di un atteggiamento incidentale. La gente è felice nel profondo, sente che è arrivata l’era della liberazione».

Signor Chalabi, assistiamo tuttavia a scene di terribile confusione, saccheggi, episodi di sangue. Pensa che gli Alleati abbiano sbagliato in qualche cosa?

«Qualche errore c’è stato, ma la magnitudine dell’operazione è tale che non tutto poteva essere programmato, previsto. Certo adesso occorre uno sforzo rapidissimo e efficiente di ordine, di grandi aiuti umanitari».

Lei ha criticato gli americani per la lentezza negli aiuti forniti fin qui.

«E’ vero, ma noto che finalmente la mobilitazione è migliore, le cose si stanno modificando».

Signor Chalabi, perché non si trovano le armi di distruzione di massa?

«Intanto se ne è trovato un contingente a Karbala (ndr notizia smentita da fonti militari americane). Se ne troveranno ancora, come si scopriranno orrori che ancora non sono venuti alla luce. Ci vuole tempo, adesso le informazioni e la possibilità di guardare dove prima non si poteva, sono molto migliori».

Saddam Hussein è morto?

«No, Saddam Hussein è vivo: i suoi figli e lui stesso sono stati visti separatamente. Saddam Hussein potrebbe essere in movimento a Nord-Est di Baghdad. Queste sono le mie informazioni».

Potrebbe dunque fuggire?

«E dove? Non credo che possa fuggire, noi lo fermeremo».

Che intende?

«E’ ovvio che non posso rispondere».

Per risolvere l’emergenza, lei pensa che gli alleati dovrebbero formare un governo provvisorio, chiedere l’aiuto dell’Onu?

«A nessun’altro se non al popolo iracheno spetta il compito difficile ma indispensabile di governare il Paese. Ho anche parlato con Gardner al telefono dicendogli che occorre un rapido processo verso un’autorità irachena provvisoria che comprenda tutte le componenti, avvii una costituzione, si metta sulla strada delle elezioni».

E quale deve essere il compito degli Usa e degli inglesi?

«Quello di garantire l’imparzialità del processo. E di aiutare il popolo a ritrovare la fiducia fornendo tutto l’aiuto pratico possibile. Anche questa sarabanda, i saccheggi, l’agitazione immensa, quando la gente di sentirà aiutata, compresa, si calmerà rapidamente».

Signor Chalabi, ci sono state molte vittime civili fra i suoi compatrioti.

«Sì, e può immaginare quello che provo. Le perdite di civili sono state gravi, non vanno minimizzate, per me sono state una tragedia profonda. Ma in confronto alla vastità dell’operazione la tragedia è stata contenuta. Inoltre, quando la contraerea sparava verso l’alto, poi si volgeva contro la popolazione per mettere in difficoltà gli americani. Saddam non ha mai avuto difficoltà a sacrificare la sua gente».

Parliamo di lei: la si vede «in pole position» per il governo, deciso a essere il primo presidente dell’Iraq democratico.

«Io non mi candido a nessuna carica, seguiterò a dedicarmi al mio popolo come ho sempre fatto. Lavoro come sempre e sento una gioia profonda per essere a casa, per aver tenuto il primo grande comizio di popolo dopo decine di anni di silenzio».

Le varie componenti del suo Paese si accorderanno?

«Io vedo in giro, anche in tutti i capi tribù che mi visitano e che mi invitano, un grande desiderio di concordia, di piani comuni. Penso che i curdi accetteranno uno Stato pluralista, che i sunniti e gli sciiti abbiano capito che non è tempo di contese religiose ma di ricostruzione».

Ma lei è laico: difficile accettarlo per la sua parte, quella sciita, così come gli sciiti sono difficili da accettare per i sunniti.

«Guardi, oggi sono invitato a pranzo da un importantissimo sceicco, una figura religiosa. Non c’è gruppo religioso o meno, che non voglia conferire, parlarmi. Tutta la tensione odierna è per il futuro dell’Iraq senza Saddam. Quanto agli sciiti, sono semplicemente la maggioranza: non le pare?»

Signor Chalabi perché il mondo arabo tace?

«Per la stupefatta presa d’atto di quanto è potente l’odio verso i dittatori, e fragile il potere basato sulle menzogne».

Lei prevede una vittoria della democrazia in Iraq e nel mondo arabo? I pronostici sono in gran parte sfavorevoli.

«Vedrà, il nostro futuro sarà una grande sorpresa per tutti, e un esempio che cambierà la storia del Medio Oriente e del mondo».





Invitiamo i nostri lettori a complimentarsi con La Stampa per lo scoop realizzato da Fiamma Nirenstein. Disinformati da Igor Man, risarciti da Fiamma Nirenstein ! cliccare sulla e-mail sottostante.

lettere@lastampa.it

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