Testata: La Repubblica Data: 05 febbraio 2023 Pagina: 11 Autore: Paolo Brera Titolo: «Mosca minaccia ancora: 'Pronti al nucleare se attaccano la Crimea'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 05/02/2023, a pag. 11, con il titolo "Mosca minaccia ancora: 'Pronti al nucleare se attaccano la Crimea' " la cronaca di Paolo Brera.
KIEV— Tra polemiche, allarmi aerei e minacce, il sorriso dei prigionieri tornati a casa ieri è un piccolo segno di umanità prima della tempesta, il nuovo attacco russo in grande stile atteso nelle prossime settimane. Mosca ha restituito 116 persone catturate al fronte, tra cui i difensori di Mariupol, i partigiani di Kherson e i soldati che presidiano la martoriata Bakhmut: due ufficiali e 114 tra soldati semplici e sottufficiali. In cambio Kiev avrebbe restituito 63 prigionieri russi. Il mediatore sono stati gli Emirati. La situazione generale resta invece sempre più tesa. Ad alzare ulteriormente la tensione, l’ex presidente russo Dmitri Medvedev in un’intervista ha rispolverato la minaccia atomica in caso di attacco ucraino alla Crimea: «Posso assicurarvi che la risposta sarà rapida, dura e convincente ». E a chi pensa che le nuove armi occidentali possano riportare equilibrio e pace, Medvedev assicura che «il risultato sarà l’opposto: non ci saranno negoziati ma solo rappresaglia, tutta l’Ucraina brucerà».
La risposta è arrivata dal primo consigliere di Zelensky, Mykhailo Podolyak: «Il diritto internazionale è chiaro. L’Ucraina può liberare i suoi territori con qualsiasi strumento. La Crimea è Ucraina. Le minacce sono solo una conferma dell’intenzione di commettere omicidi di massa. Medvedev va ignorato». Ma lo scambio di scortesie non è che l’evidenza di un clima deteriorato alla vigilia del nuovo massiccio attacco russo che secondo i servizi ucraini arriverà nelle prossime tre settimane. L’ex sindaco di Mariupol ha rivelato che nella sua ex città sono arrivati 30mila nuovi soldati russi in una settimana, nuove reclute da spedire a Vuhledar, nel fronte a sudest. L’altra direzione di attacco russo, oggi, è più a nord: a Bakhmut e Lyman. Lì è morto, ieri, un volontario statunitense di 33 anni, Pete Reed: lavorava con la Ong Global Outreach Doctors ed «è stato ucciso mentre prestava soccorso». Il mese scorso, nell’evacuazione della vicina Soldedar erano scomparsi i volontari britannici Andrew Bagshaw e Chris Parry. Il corpo di quest’ultimo è stato restituito ieri con quello di un altro volontario straniero, Andrew Tobias Matthew. Venerdì Zelensky ha ribadito che Bakhmut, dove la situazione è compromessa e i morti non si contano, non verrà lasciata con una ritirata. Ma la resistenza dipende dalla rapidità e dalla consistenza degli aiuti militari. I russi stanno rafforzando le posizioni a Bakhmut, Svatove e Kreminna, ma non è ancora un contingente in grado di cambiare gli equilibri. Intanto gli ucraini affrontano i soliti guai e minacce più immediate, come una nuova probabile ondata di attacchi sulle infrastrutture. La situazione più critica è a Odessa: diverse infrastrutture essenziali, come gli ospedali, sono al buio.
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