Gli sconfitti: pacifisti e sinistra subiscono la rapida vittoria Usa a Bagdad
Testata: Libero Data: 10 aprile 2003 Pagina: 1 Autore: Vittorio Feltri Titolo: «Gli sconfitti: pacifisti e sinistra subiscono la rapida vittoria Usa a Bagdad»
Riportiamo l'editoriale di Vittorio Feltri pubblicato su Libero giovedì 10 aprile 2003. La sensazione è diffusa, guerra finita. Vorremmo davvero fosse così, ma di questi tempi l’ottimismo è merce introvabile. Per cui tocchiamo ferro e riveliamo il nostro stato d’animo: ci domina il timore che l’ira degli arabi scornati si abbatta su Israele, isola di civiltà in un mare di barbarie. E che la spada spezzata dell’Islam si conficchi tra le costole dello stato ebraico. Ne siamo consapevoli, è una visione apocalittica, da menagramo. Chiediamo scusa. Nel giorno della vittoria bisognerebbe festeggiare, secondo antichi usi mai tramontati. Lasciamo però ad altri questo compito. Ieri, tutto il giorno, in tivù, la maggioranza di quelli che hanno fatto l’occhiolino a Saddam per mesi e mesi si è adeguata al nuovo corso della storia. Abbandonate le idee pacifiste e trascurati i bambini iracheni piangenti e gli affamati di Bagdad, i grandi inviati all’Hotel Palestine si sono dedicati alle riprese e alla descrizione della gioia popolare per la liberazione da Saddam Hussein. C’est la vie. Le pulsioni giornalistiche antiamericane si sono trasformate in attrazione fatale per i vincitori. La bandiera a stelle e strisce, a lungo vilipesa, ora è onorata e baciata. Il regime satrapico è stato piegato. Ma attenzione, sotto le ceneri arde ancora il fondamentalismo e l’antisemitismo. Gli americani sono considerati il braccio armato di Israele. La vendetta, se ci sarà, e speriamo non vi sia, potrebbe abbattersi sulla Terra Promessa. Calma, dunque. Non lasciamoci andare all’euforia e non abbassiamo la guardia. Questa guerra, come disse Bush l’indomani dell’attentato alle Torri gemelle, è infinita. Altro che pace. Siamo all’inizio dell’opera di bonifica dal terrorismo. E i terroristi agiscono sempre nell’ombra, e nell’ombra agiranno. Prepariamoci ad ulteriori combattimenti. Il pensiero corre all’Iran, alla Siria, allo stesso Egitto, all’Arabia Saudita: Paesi che hanno conti in sospeso con il popolo eletto da oltre mezzo secolo. Quindi non esultiamo per la conquista di Bagdad. Ci limitiamo a segnare un punto a favore dell’Occidente. E se proprio dobbiamo commentare gli ultimi avvenimenti, preferiamo riservare due parole agli sconfitti. Che non sono soltanto Saddam e la sua accolita di esaltati pretoriani, ma molti altri e tutti meritevoli di citazione, anzi, di essere visti in effigie. Ci riferiamo a Chirac, in primis, e a Schroeder, a Putin. E a numerosi italiani, i trascinatori delle folle pacifiste fuori e filoirachene dentro: i Cofferati, gli Agnoletto, gli Strada, i Berlinguer, i Bertinotti e gli Ingrao. E non scordiamo i giornali: Famiglia Cristiana, sdraiata davanti alla statua del raìs; il Manifesto, quello che confidava in una guerra lunga, estenuante e punitiva per gli Usa; Liberazione, l’Unità e il Tigitré, soprannominato Telebagdad e rappresentato coerentemente da Giovanna Botteri, la signora dello scoop involontario. E che dire di Tonini, il cardinale telegenico, che ha tanto sofferto per la gente irachena e assai meno per quella cecena? Gli consigliamo una vacanza spirituale a Manhattan, davanti alle macerie dei grattacieli tirati giù dai kamikaze, poveri figli di Allah. A Lilli Gruber, che stimiamo, dopo aver udito i suoi anatemi contro gli americani rei d’aver cannoneggiato la "residenza" dei cronisti, facciamo con franchezza notare: chi ha paura di morire in guerra non ci vada a fare il reporter; ripieghi sul Festival di Castrocaro. C’è gloria per tutti.
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