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La Repubblica Rassegna Stampa
04.02.2023 L'Iran scarcera il regista Panahi
Cronaca di Daniele Raineri

Testata: La Repubblica
Data: 04 febbraio 2023
Pagina: 17
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «L’Iran libera il regista Panahi, una mossa per non farne un simbolo»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 04/02/2023, a pag. 17, la cronaca di Daniele Raineri dal titolo "L’Iran libera il regista Panahi, una mossa per non farne un simbolo".

Festival Internazionale del Giornalismo
Daniele Raineri

Jailed Iranian filmmaker Jafar Panahi announces hunger strike | The Times  of Israel
Jafar Panahi

GERUSALEMME — Due giorni dopo avere annunciato che avrebbe cominciato uno sciopero della fame e della sete per ottenere il rilascio su cauzione, il regista iraniano di fama internazionale Jafar Panahi è stato scarcerato a Teheran. Panahi si trovava da luglio scorso nel carcere più duro della capitale, quello di Evin, per scontare una condanna a sei anni che gli era stata data nel 2011 per “propaganda contro il governo”. La sua liberazione è una buona notizia, ma segue anche uno schema adottato del regime iraniano per manipolare i media: procedere a scarcerazioni di alto livello, che diventano notizie rassicuranti a livello internazionale, e continuare con la repressione brutale delle proteste interne che vanno avanti da metà settembre. Il 4 gennaio le autorità iraniane avevano liberato su cauzione dopo due settimane di prigionia anche Taraneh Alidoosti, un’attrice famosa che era stata accolta oltre i cancelli del carcere da altri attori, registi e mazzi di fiori. Almeno cento iraniani arrestati durante le proteste sono stati condannatia morte, aspettano l’esecuzione e sono tenuti all’oscuro sulla data. Che il regime abbia deciso di liberare adesso Panahi anche con un occhio all’effetto sui media si capisce dalle proteste del suo avvocato, che sostiene che il regista avrebbe dovuto essere scarcerato tre mesi fa – il 18 ottobre – quando la Corte suprema dell’Iran aveva accolto la richiesta di libertà su cauzione. Invece è stato preferito aspettare e farlo adesso, con la certezza che la liberazione del regista, che nella sua carriera ha vinto premi a Cannes, a Venezia e a Berlino, non passerà inosservata. Inoltre si evita di trasformarePanahi in una voce dal carcere che avrebbe rappresentato le migliaia di detenuti comuni finite in cella per le proteste di questi mesi. Lui era stato incarcerato prima, ma è chiaro che sarebbe diventato un testimone formidabile dei nuovi oppositori. Anche il suo arresto aveva seguito lo stesso schema: condannato nel 2011, il regista era stato colpito da una serie di misure restrittive – come il divieto di fare film per vent’anni, di rilasciare interviste e di viaggiare all’estero – ma è stato incarcerato soltanto a luglio quando si è presentato davanti alla prigione di Evin per protestaree chiedere spiegazioni sull’arresto tre giorni prima di due altri registi, Mohammad Rasoulof e Mostafa al-Ahmad, forse confidando troppo nella sua celebrità. La moglie Saeedi quel giorno aveva detto: «È stato come un rapimento». Nel 2011 Panahi aveva scontato soltanto due mesi della sua condanna e poi era stato liberato a condizione che non desse più fastidio, è chiaro che secondo il regime aveva rotto quella condizione. Panahi era stato accusato di “propaganda contro il governo” perché aveva partecipato nel 2009 a una cerimonia per ricordare Neda Agha-Soltan, una studentessa uccisa da uno sparo durante le proteste della cosiddetta Onda verde e perché voleva girare un film che avrebbe avuto come sfondo quel periodo. Dopo la sentenza, aveva girato un film sulla sua vita da condannato, cambiata dalle restrizioni e dai frequenti arresti domiciliari, con un iPhone. Il film era poi stato contrabbandato fuori dall’Iran dentro a una torta.

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