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La Repubblica Rassegna Stampa
30.01.2023 Guerra segreta in Medio Oriente
Commento di Enrico Franceschini

Testata: La Repubblica
Data: 30 gennaio 2023
Pagina: 27
Autore: Enrico Franceschini
Titolo: «Guerra segreta in Medio Oriente»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 30/01/2023, a pag. 27, il commento di Enrico Franceschini dal titolo "Guerra segreta in Medio Oriente".

ENRICO FRANCESCHINI | Cristofariphoto
 Enrico Franceschini

Iran Is Now at War With Ukraine

Il mondo nuovo creato dall’invasione russa dell’Ucraina alimenta una guerra segreta in Medio Oriente. È questa la prima riflessione che si può fare di fronte al misterioso attacco di sabato notte a una fabbrica militare in Iran. Circolano varie ipotesi su chi abbia organizzato il raid con droni lanciati dalle vicinanze dell’importante stabilimento di armamenti a Isfahan: se Israele come ammonimento al programma nucleare degli ayatollah, gli Stati Uniti per colpire la rete di aiuti militari di Teheran a Mosca nel quadro del conflitto in Ucraina, o una possibile alleanza fra Washington e Gerusalemme, ciascuno con i propri interessi. L’incontro di tre giorni fa nello Stato ebraico fra i capi dei servizi di spionaggio dei due Paesi, il direttore della Cia William Burns e quello del Mossad David Barnea, potrebbe non essere una coincidenza. In un caso e nell’altro, l’operazione sembra confermare che, quasi un anno dopo l’infausta decisione di Vladimir Putin di invadere l’Ucraina, lo scenario internazionale è cambiato per tutti. Il tempo dell’appeasement, dell’accomodamento a ogni costo pur di evitare immediate deflagrazioni, è tramontato: dall’Europa orientale al mar della Cina, passando per quello che i diplomatici chiamano lo scacchiere mediorientale, non è il momento di arrendersi. L’ipotesi numero uno è che sia stato il Mossad a orchestrare lo spettacolare attacco con quattro droni, “non riuscito” secondo il governo iraniano (ma i suoi portavoce minimizzano sempre i danni), invece definito “un successo” da fonti citate dalJerusalem Post. Tornato al potere da un mese, è possibile che Benjamin Netanyahu abbia autorizzato l’esecuzione di piani contingenti probabilmente già pronti da tempo per dimostrare all’opinione pubblica nazionale che con lui di nuovo primo ministro la musica sarà diversa: anche sulla questione del nucleare dell’Iran, oltre a quelle della sicurezza interna e della riforma della giustizia, i tre punti principali del suo manifesto elettorale. Non sarebbe la prima volta che Israele colpisce il regime degli ayatollah: un ennesimo monito a ciò che Netanyahu in passato ha più volte minacciato di fare, se Teheran cercherà di dotarsi di armi atomiche, obiettivo a cui secondo gli 007 di Gerusalemme è sempre più vicina. La seconda ipotesi è che l’attacco sia un’operazione della Cia, con due messaggi: uno all’Iran, affinché smetta di aiutare militarmente la Russia fornendole droni e altre armi per la guerra in Ucraina; uno a Mosca, affinché sappia che non ci sono soltanto le sanzioni occidentali a limitare le sue forniture militari estere. Chi viola i trattati spargendo sangue, in altre parole, non può sperare di restare impunito, dovunque si trovi. Ma nell’equazione iraniana è in gioco pure un terzo elemento: le manifestazioni di protesta di massa che durano da mesi a Teheran e in altre città del Paese per i diritti delle donne e in senso più ampio per la democrazia. Una nascente guerra civile in cui l’amministrazione Biden non può intervenire, ma colpire in qualunque modo il regime è un atto di solidarietà anche nei confronti dei dimostranti che rischiano la vita per opporsi agli ayatollah. Russia e Iran incarnano oggi un nuovo “asse del male”, per parafrasare l’espressione usata da George W. Bush nei confronti di Iraq, Iran e Corea del Nord all’indomani dell’attacco terroristico all’America dell’11 settembre 2001. Perciò non è escluso che Israele abbia attaccato l’Iran con il beneplacito o la collaborazione degli Stati Uniti, inviando un segnale sia a Mosca che a Teheran, e forse altrove, alla vigilia del viaggio del segretario di Stato americano Antony Blinken in Medio Oriente e a Pechino: una tappa, quest’ultima, che servirà a verificare se il presidente Xi intende schierarsi con l’asse del male o si può recuperare a un dialogo con l’Occidente. In definitiva, tutto si lega nella sfida tra democrazie liberali e autocrazie riaccesa dall’invasione russa dell’Ucraina, come ha notato Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Zelensky, commentando la “notte esplosiva” in Iran: “La logica inesorabile e assassina della guerra impone un conto pesante ai suoi autori e ai suoi complici”. Come dire che il mondo nuovo creato dalla guerra in Ucraina può includere una guerra segreta in Medio Oriente.

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