Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 30/01/2023, a pag. 4, con il titolo "Daniel Pipes: 'Preso di mira il fiore all’occhiello del regime. Ma l’Occidente deve fare di più' " l'intervista di Paolo Mastrolilli.
Paolo Mastrolilli
Daniel Pipes
WASHINGTON — Daniel Pipes, presidente del Middle East Forum, spiega così l’attacco in Iran: «Droni e missili sono quanto Teheran è in grado di fare, al momento, in termini di alta tecnologia. Quindi è ciò su cui punta, e rappresentano l’elemento fondamentale della proiezione internazionale della sua forza. I governi occidentali dovrebbero mobilitarsi più seriamente per fermarli, ma intanto lo fanno altri».
Perché i droni sono così importanti per gli ayatollah? «Non hanno i soldi o la tecnologia per costruire aerei da combattimento, usano ancora quelli americani degli anni Settanta. Invece hanno tecnologia e soldi per realizzare droni e missili. Sono stati già usati, per attaccare l’industria petrolifera saudita e in altri casi, ma ora Teheran è un alleato fondamentale della Russia contro l’Ucraina. Quindi molti governi sono risentiti con l’Iran. Mi colpisce che questi Paesi nonfossero davvero preoccupati dei droni quando erano stati usati contro l’Arabia, ma lo sono ora per l’Ucraina».
Perché questa differenza? «Ora tra gli europei, e gli occidentali in generale, c’è la sensazione che gli iraniani attaccano noi. L’Ucraina siamo noi, come non è l’Arabia, perciò c’è più risentimento».
Sono droni e missili forniti anche ad Hezbollah? «Sì. Hezbollah li ha ricevuti e usati contro Israele, anche se meno rispetto al massiccio impiego dei russi in Ucraina».
Il capo della Cia William Burns è appena stato in Israele. «Sarei molto sorpreso se gli Usa fossero coinvolti. Washington è impegnata in negoziati con Teheran, e non lancia un simile attacco in territorio iraniano dal disastroso tentativo di liberare gli ostaggi nel 1980».
Quindi è stato Israele? «È logico pensarlo, perché lo ha già fatto in passato. Ciò le consente di colpire Teheran e aiutare l’Ucraina, senza correre rischi con i suoi interessi in Siria o le tecnologie militari coinvolte. Ha il focus sull’Iran e le capacità militari. Resta da capire da dove hanno attaccato: Azerbaijan, Emirati?».
C’è anche l’ipotesi dei missili o l’attacco dall’interno. «Sono possibili entrambi. Israele ha sempre avuto agenti in Iran, ad esempio per uccidere scienziati impegnati nel riarmo».
Che impatto ha tutto questo sul negoziato nucleare? «Il Jcpoa non è finito, è ancora vivo. Ci sono tre nuovi fattori che hanno ostruito il negoziato: i droni iraniani alla Russia; le proteste e la repressione; e la salute di Khamenei. Ma il Jcpoa resta e le potenze esterne vogliono aiutarlo. Non va bene, ma non è finito. Credo che gli Usa continueranno a negoziare e potrebbero ancora aveva successo».
L’Occidente può fare qualcosa per bloccare droni e missili? «Certo, c’è tanto che si potrebbe fare. Sappiamo che molte componenti americane sono usate in quei droni. Potremmo bloccarle, se fossimo più seri. Forse però l’aiuto dell’Iran alla Russia sta cambiando le cose, spingendoci ad agire in maniera più determinata».
Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante