Adesso toccherà ad Israele Lo sostiene il massimo esperto: Igor Man
Testata: La Stampa Data: 08 aprile 2003 Pagina: 4 Autore: Igor Man Titolo: «Ma vincere la guerra non basta»
Riportiamo l'articolo di Igor Man pubblicato martedì 8 aprile 2003 su La Stampa.
La guerra è (pressoché) finita. Per gridare alla vittoria gli angloamericani debbono solo dilagare in Baghdad dove, si presume, la popolazione sfidando gli ultimi fidain (dedicati: alla morte) el’imprevedibile «fuoco amico», li accoglierà trionfalmente. Alla Casa Bianca stanno dando gli ultimi tocchi al progetto-quadro d’un governo provvisorio che, a modo di chioccia, la Grande America coverà, come si fa coi pulcini, per ricavarne i gestori (iracheni) di una democrazia contagiosa. Contagiosa perché, salvi gli Immortali Principi, si pensa debba aderire come un guanto da chirurgo alla Storia, al costume dei popoli compresi nella Regione levantina. (Vaste programme, direbbe De Gaulle). Ma non basterà vincere la guerra. Il problema, con tutto il rispetto per gli ideatori della democrazia contagiosa, sarà (è) vincere la pace. Jacques Berque, con il nostro (mai rimpianto abbastanza) Gabrieli, forse il sommo degli arabisti, ha lasciato scritto: «Nessuno mostra di aver capito che le guerre coloniali hanno una particolarità: vincerle è peggio che perderle. E questo perché più la vittoria diventa schiacciante, più diventa inutile». La seconda Guerra del Golfo, questa, dico, a ben guardare non è proprio una guerra coloniale anche se a volte rischia di somigliarle. (Involontariamente?). Per il resto temo che Jacques Berque abbia ragione. E chi ci dice che alla base del «gran rifiuto» di Chirac non ci sia il paradosso-verità di Berque? Dopo Suez (1956) la progressiva, inesorabile decadenza dei grandi Imperi coloniali (Gran Bretagna, Francia) ha aperto un vuoto geopolitico che gli Stati Uniti d’America per la forza d’inerzia della Storia si son visti costretti a colmare. Costretti, perché gli americani, Nazione libera, avveniristica, vincente, sono il risultato di una guerra anticolonialista. Sicché nel loro Dna ci può esser tutto fuorché il colonialismo. Ecco perché le imprese militari, seguite alla distruzione del III Reich, sono state «una vittoria senza trionfo»: gli americani han vinto la guerra, non (sempre) son riusciti a vincere la pace. Costretti loro malgrado ad affidarsi sovente ai moduli del colonialismo non han saputo adattarli a questa o quella situazione. «Tirano la pietra ma subito dopo nascondono la mano». I giorni, le settimane che ci attendono saranno davvero decisivi. Se l’America, smesso ogni accento messianico, saprà seguire la propria vocazione storica al pragmatismo della libertà, la campagna d’Iraq potrà risolversi nell’agognata vittoria col trionfo. Correre appresso al Tiranno (rifugiatosi nella natia Tikrit, o altrove) a questo punto ha scarsa importanza. Per cancellarlo basta ignorarlo. Anziché pensare a Saddam bisognerà preoccuparsi della Palestina. Ho sempre scritto che Saddam andava castigato ma attenzione a non umiliare gli arabi. La questione palestinese noi la vediamo in termini geopolitici, le masse arabe (esistono, esistono) in termini etici. E’ vero che ai vari raîss poco o nulla importa dei «fratelli» palestinesi, grilli parlanti, rompiscatole da strumentalizzare e basta, ma è vero altresì che per milioni e milioni di rejetti della Terra, la Palestina è una ferita non più sopportabile. Se aggiungiamo alla Palestina la frustrazione dei sanculotti di Allah e l’islàm radicale che incita al terrorismo suicida, avremo la devastante bomba atomica dei poveri. Per disinnescarla torneranno utili, probabilmente, gli artificieri della Vecchia Europa. L’America ha la potenza, noi abbiamo l’esperienza.
Riportiamo l'articolo di Angelo Pezzana pubblicato su Libero mercoledì 9 aprile 2003, in risposta all'articolo di Igor Man Prima le grida erano tutte rivolte al "nuovo Viet Nam". Attenta America, intonava il coro dei "grandi" commentatori, l’Iraq sarà una tragedia, vedrete quando ritorneranno le bare dei soldati uccisi in combattimento, la protesta si allegherà, accanto ai milioni di pacifisti scenderanno in piazza le madri,le spose dei ragazzi caduti. E sarà la fine. L’opinione pubblica democratica non accetterà le terribili immagini televisive che sconvolgeranno il pacifico occidente. America e Inghilterra saliranno sul banco degli accusati, colpevoli di invasione di stato sovrano e di non aver saputo vincere la "sporca guerra" iniziata per fini predatori. Ricordate il petrolio iracheno, vero e ultimo scopo dell’attacco all’Iraq ?
Adesso che la coalizione delle democratiche America e Inghilterra, democratiche,è bene ripeterlo per i pacifisti duri d’orecchio che della democrazia godono i vantaggi ma manifestano sempre in favore delle dittature, ha vinto la guerra di liberazione dell’Iraq in soli venti giorni, scompaiono le previsioni più fosche. Niente più Viet Nam, niente più Bush uguale Saddam, finalmente gli orrori del regime di Saddam vengono visti e riconosciuti anche da quelli che fino a ieri su Saddam tacevano e non vedevano.
Certo ci sono le eccezioni. Fra le quali poteva essere assente Igor Man, il principe delle giaculatorie coraniche ?
La Stampa di ieri, sotto un titolo che più malmostoso non potrebbe essere, "Ma vincere la guerra non basta", ospita il solito refrain manesco. Non potendo più predire sventure agli invasori, essendosi squagliato al sole il potente esercito iracheno, Igor Man riporta il suo diario arabo alle origini. ""Correre appresso al tiranno (rifugiatosi nella natia Tikrit o altrove) a questo punto ha scarsa importanza. Per cancellarlo basta ignorarlo", scrive l’esperto mediorientale. Curioso concetto della giustizia. Un criminale opprime e stermina intere popolazioni e il nostro sostiene che basta ignorarlo. Curiosa concezione del diritto.
Ma il nostro non si ferma qui e, puntualmente , ecco che appare il consiglio che infiora ogni suo articolo. " Anziché pensare a Saddam bisognerà occuparsi della Palestina…..è una ferita non più sopportabile. Se aggiungiamo alla Palestina la frustrazione dei sanculotti di Allah e l’islam radicale che incita al terrorismo suicida avremo la devastante bomba atomica dei poveri. Per disinnescarla torneranno utili,probabilmente, gli artificieri della Vecchia Europa. L’America ha la potenza, noi abbiamo l’esperienza".
Lo si è visto. Se era per l’Europa, gli ispettori starebbero ancora andando in giro per l’Iraq on il lanternino alla ricerca di prove che gli angloamericani hanno trovato in pochi giorni. Saddam sarebbe ben saldo al potere,una minaccia sempre più forte contro i suoi vicini e il mondo intero, di fatto alleato di tutti gli stati canaglia della regione,che, invece di abbassare la cresta, si sentirebbero più forti per l’effettivo appoggio ricevuto dalla "esperta " Europa.
Vincere la guerra non basta, e si sarebbe anche d’accordo, se il nostro non assolvesse Il rais (ignorarlo,come propone Man equivale ad assolverlo di tutti i suoi crimini), e non tirasse in ballo l’ennesima "frustrazione" della quale soffrirebbe il mondo arabo. Causata da Israele, naturalmente.
Se il mondo arabo patisce una sofferenza, o una frustrazione se così preferiamo definirla, è la mancanza di democrazia. Tutte le disgrazie che colpiscono quei popoli sventurati vengono da lì.
Dittatori,satrapi,macellai, sono la minaccia della quale devono liberarsi. I palestinesi per primi, se vogliono uscire dal destino che si è abbattuto su di loro, guardino a Israele. Ma non per volerlo sterminare. Guardino a Israele per imparare, per scegliere per loro stessi la democrazia invece della dittatura che li opprime e che li opprimerà anche in futuro se non sapranno liberarsene. Diano meno retta agli "amici" europei, che le dittature arabe hanno solo saputo finanziarle e mai veramente combatterle. Ringrazino i liberatori, come noi facemmo nel ’45. Guarda caso, sono sempre gli stessi, inglesi e americani. Diano meno ascolto a chi gli recita il Corano, sotto sotto c’è sempre la fregatura. Sappiano riconoscerla, anche se finge di accarezzare le loro "frustrazioni". Invitiamo i lettori di informazionecorretta.com ad inviare la propria opinione alla redazione de La Stampa. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.