Israele si chiama Israele e i suoi abitanti si chiamano israeliani, non coloni!
Commento di Deborah Fait
È molto frustrante scrivere sempre le stesse cose , per mesi e anni, e sapere di non riuscire a cambiare nulla del modo in cui i media informano riguardo al paese più incompreso e delegittimato del mondo, Israele. Ascoltando le notizie dei vari telegiornali in questi giorni drammatici, non posso evitare di provare sentimenti di grande rabbia. Come fanno ad arrivare al punto di togliere agli israeliani la cosa più importante per una persona, l’identità. Come si fa a chiamare coloni i legittimi cittadini di una nazione? Per secoli il popolo ebraico ha dovuto nascondersi, scappare, fingere di essere ciò che non era per salvarsi la vita. Essere ebrei di nascosto . Ricordo ancora l’episodio di una zia, nata e vissuta nella Polonia antisemita, che, pur vivendo ormai felicemente a Roma, quando faceva il digiuno di Kippur, si metteva a letto e diceva di essere malata. Io ero molto giovane, non ne capivo il motivo, alle mie domande la sua risposta è stata “Sai, bisogna stare attenti, è meglio che non sappiano che siamo ebrei”. Si riferiva alle persone che lavoravano in casa sua. Erano gli anni 50 del secolo scorso e la paura non l’aveva abbandonata, era ancora tanto presente da costringerla a rinunciare alla propria individualità e a vivere apertamente le proprie tradizioni. L’identità è importante e molto sentita dagli ebrei proprio perché, per due millenni, forzatamente negata. Per questo motivo divento una furia quando sento un conduttore di telegiornale delegittimare un popolo con tanta colpevole superficialità. Ieri domenica, 29 gennaio, è stato detto al TG 5 Mediaset delle ore 13, “Vi sono stati spari contro coloni ebrei diretti al Muro del Pianto”. Ma non vi vergognate? Gli ebrei che vivono in Israele si chiamano israeliani, non coloni! Israeliani, capite, israeliani. Non è possibile togliere ancora l’identità agli ebrei! Allo stesso modo non è lecito, anzi, è profondamente disonesto cambiare il nome di una nazione. Israele si chiama Israele non Terra santa come ha detto oggi, per la milionesima volta, il Papa dalla sua finestra di Piazza San Pietro. “Con grande dolore apprendo le notizie provenienti dalla Terra santa”. No, le dolorose notizie provengono da Israele dove i suoi cittadini, gli israeliani, vengono ammazzati a sangue freddo. Occupatevi di questo invece di continuare a insultare gli ebrei. Il Papa, pastore di anime, farebbe bene a pensare che esiste una popolazione che educa i bambini all’odio e insegna loro come ammazzare altri esseri umani! L’ultimo attentato nella capitale di Israele è stato fatto da un ragazzino di 13 anni, l’età dei giochi, un ragazzino che viveva a Gerusalemme non in un campo profughi della Nigeria. Eppure odiava, odiava tanto da prendere una delle pistole di casa, scrivere un biglietto alla mamma ”Sarai orgogliosa di me” ed è andato in cerca dell’ebreo da ammazzare. Ha sparato a un padre che passeggiava con suo figlio, un soldato in libera uscita che, prima di cadere colpito gravemente, è riuscito a estrarre la sua pistola e a sparare a sua volta verso l’aggressore, ferendolo. Sembra un film ma è la desolante, straziante realtà. Un bambino uscito di casa non per andare a giocare al pallone ma perché voleva ammazzare qualcuno e rendere orgogliosi i suoi genitori. Voleva mettere in pratica quanto gli era stato insegnato, quasi ordinato, diventare “shahid”, cioè martire. Ecco, il Papa si preoccupi di questo, sappia che il suo “angelo della pace”, Abu Mazen, ha distrutto, con l’odio, la violenza e il terrorismo, l’anima di un’intera popolazione come aveva fatto il suo predecessore Arafat. Non si può insegnare il Male di generazione in generazione senza creare veri e propri mostri che hanno un unico sogno: distruggere un paese e prenderne il posto, ammazzarne gli abitanti e festeggiare la loro morte. E non si può, anche per una questione di buon gusto, andare a intervistare il padre del piccolo terrorista, come ha fatto Elia Milani, inviato di Mediaset, per sentirsi dire che suo figlio è tanto un bravo bambino e che la colpa è solo, naturalmente, di Israele.