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La necessità della memoria e la presenza di Israele Analisi di Niram Ferretti
Il “sole nero” della Shoah, per citare Jean Marie Lustiger, brilla di una luce inguardabile. Sull’indicibilità di questa catastrofe unica per particolarità, organizzazione, dimensione storica, simbolica, teologica, è stato riversato un fiume sterminato di parole. Nella ricorrenza del Giorno della Memoria, l’indicibilità si trasforma nella dicibilità dei ricordi dei pochi sopravvissuti ancora rimasti e in quella delle commemorazioni ufficiali, dei discorsi pubblici, dell’inevitabile retorica.
Il ricordo ha questa ambivalenza, mantiene vivo ciò che non è più, ma allo stesso tempo lo congela, e nel caso della Shoah lo musealizza, trasformandolo in un monumento gigantesco, in una entità ormai intangibile. All’indicibilità dell’orrore si somma il suo confinamento in uno spazio sempre più lontano, astratto.Dalla fine della Seconda guerra mondiale ci separano 78 anni. Non sono molti. Anzi, sono un battito di ciglia nell’ampia prospettiva dei tempi storici, eppure tanti, un’intera vita individuale quasi. Il passato afferra i vivi e i morti. L’oblio non è altro che un affondamento nell’acqua della dimenticanza come sapevano i greci. Tuttavia, ricordare non può ridursi unicamente alla commemorazione, né all’afflizione ma a uno sguardo sul presente in vista del futuro, e questo sguardo non può non contemplare oggi il subdolo e allo stesso tempo ovvio riciclo dell’antisemitismo nella forma sdoganata dell’antisionismo militante. Chiaramente l’antisemitismo tradizionale è sempre presente, soprattutto nella forma dell’ebreo visto come detentore di un potere occulto, perverso e pervasivo, ma a questo si è aggiunto ormai da cinquanta anni a questa parte la criminalizzazione dello Stato ebraico.
Essere antisionisti significa affermare che Israele, nato dal sionismo, non avrebbe dovuto esistere, significa affermare che lo Stato degli ebrei sarebbe nato nella colpa. Criticare le politiche di uno Stato è un conto, affermare che questo Stato non ha legittimità di esistere, unico Stato al mondo che viene accusato di questo, è ben diverso. E' esattamente la stessa cosa che affermare che gli ebrei in quanto popolo non hanno diritto di esistere, ciò che affermava Adolf Hitler.
Lo sguardo sul passato, sulla catastrofe, non può dunque essere disgiunto da ciò che oggi è la maggiore affermazione dell’ebraismo a livello collettivo e mondiale, Israele, e su come questo Stato, con i suoi difetti inevitabili, come quelli di ogni altro Stato, di ogni aggregato umano, sia al centro di un’opera pervasiva di delegittimazione demonizzante che non ha confronto.
Così avviene che mentre si compiangono istituzionalmente i morti ebrei del passato, e li compiange quell’Europa che così poco ha fatto per impedire e arginare la catastrofe che li ha travolti, quando si tratta invece di ebrei israeliani assassinati da chi è stato istruito fin da bambino all’interno delle comunità islamiche a sentirsi dire che essi sono usurpatori o veri e propri demoni, si preferisce passare a un registro assai diverso, quando non del tutto giustificatorio, accomodante.
Una cosa va detta senza tentennamenti. Se Israele fosse stato incapace di difendersi come furono incapaci di difendersi gli ebrei europei durante la seconda guerra mondiale, sarebbe già stato distrutto, nel 1948 e poi nel 1967 e ancora nel 1973. La Shoah europea sarebbe proseguita in Medioriente per mano araba. Questo va tenuto fermamente a mente. Le forze distruttive che fino a 76 anni fa si sono esercitate in Europa per cancellare dalla faccia della terra il popolo ebraico, sono quelle che, in un’altra forma, hanno cercato di cancellarlo in Medioriente e vorrebbero cancellarlo ancora oggi se ne avessero i mezzi.
Matthias Kuntzel, nel suo saggio seminale, Il Jihad e l'odio contro gli ebrei ha mostrato in modo incontrovertibile come l'Islam radicalizzato abbia ereditato dal nazismo non solo i suoi tropi propagandistici ma anche l'intento eliminazionista verso gli ebrei che lo animava. Hassan Nassrallah, segretario di Hezbollah, ancora nel 2002 poteva dichiaraere impunenente al Daily Star di Beirut, “Se gli ebrei si radunassero in Israele, ci risparmierebbero la fatica di cercarli in giro per il mondo”. Senza uno sguardo proiettato sul futuro e sulla presenza di Israele, il Giorno della Memoria diventa solo uno sterile compianto davanti a una tomba per sempre sigillata.
Niram Ferretti |
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