Usa, ancora armi a Kiev: 'La Crimea è ucraina'. Ma Berlino frena sui tank Cronaca di Tonia Mastrobuoni, Paolo Mastrolilli
Testata: La Repubblica Data: 20 gennaio 2023 Pagina: 18 Autore: Tonia Mastrobuoni, Paolo Mastrolilli Titolo: «Usa, ancora armi a Kiev: 'La Crimea è ucraina'. Ma Berlino frena sui tank»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 20/01/2023, a pag. 18, con il titolo "Usa, ancora armi a Kiev: 'La Crimea è ucraina'. Ma Berlino frena sui tank", l'analisi di Tonia Mastrobuoni, Paolo Mastrolilli.
Tonia Mastrobuoni
Paolo Mastrolilli
«La sconfitta di una potenza nucleare in una guerra convenzionale può provocare lo scoppio di una guerra atomica». La rinnovata minaccia di un’escalation atomica arrivata ieri dal vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dmitry Medvedev, non a caso alla vigilia del vertice di Ramstein, è la linea rossa (o la scusa, per molti) che il cancelliere Olaf Scholz cita in ogni consesso, pubblico e privato, per giustificare la sua testarda riluttanza a cedere a Zelensky gli efficienti tank Leopard. Washington però è decisa a procedere con l’accelerazione dell’assistenza militare, e secondo ilNew York Times sta per cadere anche il tabù che impediva di colpire la Crimea: «E’ parte integrante dell’Ucraina - ha detto la portavoce del Pentagono Sabrina Singh e Kiev ha tutto il diritto di riprenderla ». Anche il capo della Cia Burns è stato in missione in Ucraina per incontrare il presidente, dare rassicurazioni sugli aiuti, e discutere gli obiettivi militari dei prossimi mesi. A Davos il cancelliere è stato braccato dalla Polonia perché consenta almeno a Varsavia di girare i suoi carri armati tedeschi a Kiev. Il premier, Mateusz Morawiecki, ha persino minacciato di farlo senza il consenso di Berlino. Anche la Spagna e la Finlandia vorrebbero incassare l’ok della Germania per mandare a Kiev i loro Leopard. E il presidente Volodomyr Zelensky, collegato al Forum economico mondiale, è tornato a criticare il cancelliere: «Ci sono momenti in cui non bisognerebbe esitare». Ma Scholz ha preso di nuovo tempo. Anzi, il padrone di casa del vertice di Ramstein ha impegnato gli Stati Uniti in una sorta di stallo alla messicana, a poche ore dalla riunione della coalizione per l’assistenza a Kiev. In una telefonata con il presidente americano Joe Biden, Scholz avrebbe vincolato il via libera ai Leopard a una condizione: che gli Stati Uniti forniscano a loro volta i carri Abrams all’Ucraina. Washington però frena, non perché non voglia darli, ma perché i loro alti consumi e la manutenzione complicata non renderebbero praticabile il loro impiego nel Donbas. Qualche sprazzo di luce sembra arrivato ieri dall’esordio del nuovo ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius. Durante il suo incontro con l’omologo americano Lloyd Austin, il neo responsabile della Difesa tedesco non ha voluto rispondere alle domande sui Leopard. Ma ha garantito il sostegno di Berlino all’Ucraina e ha sottolineato che la Germania e gli Usa lavoreranno«spalla a spalla» per contrastare l’aggressione militare russa. I toni di Pistorius sembrano più decisi di quelli dell’ex ministra Christine Lambrecht: bisogna sostenere l’Ucraina «anche con materiali della Bundeswehr», ha chiarito. Austin si è mostrato abbottonato sulla disponibilità a cedere sugli Abrams. E dal Pentagono sembra arrivata ieri una disdetta. I media tedeschi insistono dallo scorso fine settimana che a Ramstein potrebbe arrivare la sospirata schiarita sui Leopard. Ma dall’entourage del cancelliere arriva l’invito a non dare per certo l’accordo, se Washington non acconsentirà alla cessione degli Abrams. L’impasse, insomma, non sembra ancora sciolta. In attesa di sbloccare questo stallo con la Germania, gli Stati Uniti vanno comunque avanti per la loro strada, che a questo punto prevede un’accelerazione delle forniture militari all’Ucraina, a partire dal nuovo pacchettoda 2,5 miliardi di dollari che annunceranno oggi a Ramstein. La fornitura comprende il rinfoltimento delle munizioni per gli obici howitzer e i razzi per gli Himars, ma anche un centinaio di mezzi meccanizzati su gomma Stryker e diversi cingolati Bradley. Uniti ai 14 carri armati Challanger promessi dalla Gran Bretagna, agli AMX-10 RC fr ancesi, ai Marder tedeschi, e possibilmente ai Leopard 2 che hanno il prezioso vantaggio di sparare agilmente in movimento, questi mezzi darebbero agli ucraini la capacità di penetrare le difese fortificate dai russi. Ciò consentirebbe loro di rilanciare l’offensiva nelle regioni orientali. Se ad esempio riuscissero a sfondare a Zaporizhia, l’intero ponte via terra creato dai militari di Mosca per collegarsi con la Crimea sarebbe a rischio. Gli Usa hanno scelto l’accelerazione perché ritengono che sia il momento giusto. Da una parte, infatti, Putin è chiaramente indebolito, ma dall’altra con l’invio del generale Gerasimov prepara la controffensiva, che va anticipata e fermata. Colpire la Crimea lo metterebbe ancora più in difficoltà, e Washington ora è disposta a farlo perché ritiene che la minaccia della rappresaglia nucleare non sia più tanto credibile, mentre la possibilità di piegare Mosca sta diventando reale.
Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante