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La Repubblica Rassegna Stampa
15.01.2023 Iran Stato canaglia
Commento di Paolo Garimberti

Testata: La Repubblica
Data: 15 gennaio 2023
Pagina: 1
Autore: Paolo Garimberti
Titolo: «Uno Stato canaglia»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 15/01/2023, a pag.1-30, il commento di Paolo Garimberti dal titolo "Uno Stato canaglia".

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Paolo Garimberti

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L'ayatollah Khamenei

Con l’impiccagione di Alireza Akbari, l’ultima di una prolungata serie di barbarie che dura ormai da settembre, l’Iran ha oltrepassato la linea rossa che delimita le convenzioni nei rapporti tra Stati. Gli ayatollah di Teheran, come Putin che è un loro alleato e cliente per le forniture dei droni usati in Ucraina, dimostrano di voler sfidare non solo le opinioni pubbliche, ma anche gli avvertimenti diplomatici. Collocandosi in quella categoria di “rogue states”, gli Stati canaglia, terminologia caduta un po’ in disuso, ma che oggi appare nuovamente appropriata. Era stato Ronald Reagan a proporla per la prima volta nel lontano 1985. Ma la definizione più completa era stata data dal consigliere per la sicurezza nazionale di Bill Clinton, Anthony Lake, in un articolo per “Foreing Affairs” del 1994: «Stati fuorilegge, che non solo scelgono di restare fuori dalla famiglia (delle nazioni democratiche), ma ne attaccano anche i valori basilari». E aveva precisato le tre condizioni per entrare nella categoria dei “rogue states”: cercare di ottenere armi di distruzione di massa; sostenere il terrorismo; commettere gravi abusi sui propri cittadini. L’Iran di oggi, in piena turbolenza da settembre con le manifestazioni seguite all’uccisione della 22enne curda Mahsa Amini arrestata dalla polizia morale per uso improprio del velo, realizza queste tre condizioni. Continua nei suoi tentativi di dotarsi di un’arma nucleare, approfittando dello stallo totale del negoziato. Sostiene, con il braccio armato delle Guardie rivoluzionarie, il terrorismo internazionale in Libano, in Siria, in Yemen e in Iraq. Abusa dei propri cittadini: secondo Amnesty International dall’inizio delle proteste di piazza, represse con brutale ferocia dalle forze dell’ordine, ci sono stati almeno 300 morti, tra cui 44 bambini, e 26 impiccati. Senza contare il numero di persone arrestate e torturate nelle carceri più malfamate come quello di Evin, dove è stata detenuta l’italiana Alessia Piperno. Come Putin, che continua a chiamare “operazione militare speciale” la crudele guerra d’altri tempi in Ucraina (Soledar ne è l’ultima testimonianza) e ribalta l’onere della prova accusando l’Occidente, la guida suprema Ali Khamenei risponde alle accuse umanitarie e diplomatiche parlando di “interferenze dei governi occidentali negli affari interni”. E i suoi emissari nel mondo ripetono senza ritegno questo ritornello. Lo ha fatto anche ilnuovo ambasciatore a Roma Mohammad Reza Sabouri, che dopo aver presentato le credenziali e aver ascoltato le rimostranze del presidente Mattarella, ha sciorinato una serie di menzogne a un gruppo di giornalisti (come riferito daRepubblica ) definendo “equi” i processi, “fake news” le torture nelle carceri, e “trasparenti” le procedure verso gli arrestati perché trasmessi dalla tv pubblica. Omettendo che la conduttrice dei notiziari della Irib, la televisione di Stato iraniana, è la stessa Ameneh Sadat Zabihpour che filma gli interrogatori in cella condotti con metodi intimidatori e brutali pressioni fisiche. La riprova che il regime di Teheran non tiene in alcun conto le proteste e le richieste dei governi occidentali viene proprio dall’impiccagione di Alireza Akbari. Doppia cittadinanza (come Nazanin Zagharin-Ratcliffe, liberata a marzo dopo quattro anni di carcere), ex vice ministro della Difesa a Teheran dal 1997 al 2002 (il ministro era Ali Shammkharani, oggi segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale e probabilmente il principale accusatore dell’anglo-iraniano), Akbari era stato arrestato nel 2019 con l’accusa di spionaggio. Il suo caso era stato tenuto sottotraccia dal governo inglese nella speranza di arrivare a un negoziato come per la Zagharin-Ratcliffe. Ma è stato tutto inutile. Ora i rapporti tra Londra e Teheran sono ai minimi termini. Il capo del MI5 Ken McCallum ha definito gli ayatollah “una minaccia diretta al Regno Unito”, mentre il governo sta seriamentre considerando l’ipotesi di inserire le Guardie rivoluzionarie nella lista delle organizzazioni terroristiche, come hanno già fatto Stati Uniti e Canada. Ma, anche se non fa più parte dell’Unione europea, la questione non riguarda solo la Gran Bretagna proprio perché, impiccando Akbari, il regime ha superato la linea rossa. Martedì il Parlamento europeo ne discuterà in seduta plenaria e non potrà esimersi dal valutare eventuali sanzioni. L’ipotesi di colpire i pasdaran va presa in seria considerazione. Perché sono una potente fonte di gestione e finanziamento economico del regime: controllano i mercati del petrolo e del gas, insieme con quelli delle armi e della droga. E sono una struttura militare, che serve alla repressione interna e alla destabilizzazione internazionale. Inserirli nella lista delle organizzazioni terroristiche per colpire l’autocrazia degli ayatollah equivale a sanzionare gli oligarchi russi e dare armi all’Ucraina per impedire che Putin vinca la guerra.

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