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La Stampa Rassegna Stampa
02.04.2003 Lewis :«Democrazia e Islam connubio possibile»
Secondo il celebre islamista le prospettive del dopoguerra, sconfitto Saddam, sarebbero incoraggianti.

Testata: La Stampa
Data: 02 aprile 2003
Pagina: 9
Autore: Fiamma Nirenstein
Titolo: «Lewis «Democrazia e Islam connubio possibile»»
Riportiamo un estratto del nuovo libro-intervista "Islam la guerra e la speranza" di Fiamma Nirenstein al celebre islamista Bernard Lewis, pubblicato su La Stampa mercoledì 2 aprile 2003.
A proposito di Saddam Hussein, lei sostiene che l´Iraq suscita due preoccupazioni: la prima è che la democrazia non si possa instaurare in questo paese. La seconda è che possa instaurarsi, ovvero, se la democrazia venisse instaurata in Iraq, in seguito alla deposizione di Saddam Hussein, ciò risulterebbe molto preoccupante per tanti Stati nell´area. Vuole spiegare meglio questo concetto? «Cominciamo con la parola "democrazia". Essa è usata con molti significati diversi. Abbiamo sentito parlare di democrazia organica, democrazia di base, democrazia popolare. La democrazia è stata millantata dal generale Franco, dai colonnelli greci, dai generali pachistani, dai paesi satelliti dei sovietici: tutti giocano con la parola "democrazia". Penso che nel definirla, non dobbiamo né allargare né restringere troppo il campo. Molti, soprattutto in America, pensano che "democrazia" voglia dire gestire la cosa pubblica secondo la volontà popolare. Ma ci sono anche altri modi d´intenderla. La democrazia non è la condizione normale dell´umanità. Anche in Europa, a parte la Gran Bretagna, la Scandinavia, la Svizzera e l´Olanda, la democrazia ha una storia breve e irta di difficoltà. Non bisogna essere troppo magnanimi nel giudicare la nostra democrazia. Il curriculum europeo non è così perfetto. Quello della democrazia americana è molto più lineare. E tuttavia anche la democrazia americana per molti anni ha ammesso la schiavitù, e per molto tempo le donne non hanno goduto degli stessi diritti degli uomini. Oggi questo è inaccettabile».


Anche la più solida democrazia europea, quella inglese, ha avuto problemi a concedere il voto alle donne, a riconoscere i diritti dei lavoratori...

«Certo. Quello che voglio appunto sottolineare è che la democrazia non è qualcosa che si può importare già bell´e pronta, o che si può costruire con un kit fai-da-te. E´ qualcosa che si deve sviluppare in modo organico e graduale nel tempo. Sono fermamente convinto che ciò sia possibile nel mondo arabo per molteplici ragioni. Le tradizioni politiche dell´Islam non sono democratiche come siamo abituati ad averle in Occidente, ma contengono alcuni elementi che, se sviluppati, penso possano condurre alla crescita organica di una democrazia. Uno di questi è la concezione islamica tradizionale di governo. Il governo tradizionale islamico è limitato e responsabile. La dittatura non fa parte della tradizione islamica araba. Il partito Baath che governa in Siria e in Iraq, il partito di Mubarak e altri partiti al potere affondano le loro radici a Roma, Berlino e Mosca, si sono abbeverati alle tradizioni naziste, fasciste e comuniste, che non sono molto diverse fra di loro, ma che, tutte, sono lontane dai principi del governo islamico classico. Alla radice di tutte c´è l´idea della dittatura di un partito. Lo Stato tradizionale islamico conferiva al Raíss poteri molto più limitati di quelli di un dittatore occidentale. C´è una lettera molto interessante dell´ambasciatore francese, conte de Choisel-Gouffi, a Istanbul nel 1786, tre anni prima della Rivoluzione francese. Scrive, a chi gli chiede come mai le cose vadano laggiù così a rilento, che a Istanbul non è come in Francia, dove il re decide tutto lui. Lì il sultano deve consultare gli alti ufficiali e persino gli alti ufficiali in pensione».

Vuol dire che il sultano era un monarca quasi democratico? Non lo avrei mai detto.

«Non democratico, consultivo. Non era dispotismo, non era dittatura, era governo autocratico, ma un governo autocratico limitato. La terribile tragedia del mondo islamico è che il processo di modernizzazione, che è stato anche un processo di occidentalizzazione, ha peggiorato le cose anziché migliorarle. La modernizzazione ha portato con sé due cambiamenti insospettati: uno è l´enorme rafforzamento del potere del sovrano. I metodi moderni, la comunicazione moderna, le armi moderne e anche l´educazione moderna danno a chi governa un potere infinitamente maggiore di quello che poteva avere in passato. Saddam Hussein, o anche il raíss di una comunità più piccola come Arafat, ha un potere molto più grande di quello che ha avuto Harun al-Rashid, o Solimano il Magnifico, o Maometto II il Conquistatore. Avevano a disposizione armi molto meno efficaci. Il secondo cambiamento che la modernizzazione ha portato, in un certo senso è anche peggiore: nell´ordine tradizionale della società islamica c´erano limitazioni importanti al potere di chi li governava. La borghesia, i poteri urbani, la nobiltà terriera, l´apparato militare, l´apparato religioso, tutte queste forze avevano un effetto limitante, restrittivo sul potere del sovrano. Quando si voleva prendere qualche decisione si doveva esporla alla pubblica opinione, non nel senso moderno di opinione pubblica, ma alla pubblica opinione di quelli che contano, dei notabili, espressione della società reale, non della gerarchia politica, gli "ayan". Il processo di modernizzazione ha indebolito o distrutto tutte quelle forze che limitavano il dispotismo. Così il governante è più autocratico e molto più potente perché sono venute a mancare le forze che limitano il suo potere. Ma alla radice di questa società ci sono tradizioni che non appaiono incompatibili con la democrazia parlamentare in stile angloamericano di un governo limitato, responsabile e civile. Penso che queste tradizioni possano essere recuperate e sviluppate. Ma bisogna agire con cautela, il problema è che la democrazia è una medicina potente, da somministrarsi in piccole dosi da aumentare gradualmente. Se se ne somministra troppa e troppo in fretta, si uccide il paziente».

Comunque lei pensa, mi sembra, che ci sia speranza per la democrazia nel mondo arabo, in Iraq, in Palestina.

«Sì, perché nell´antica tradizione dell´Islam vi sono i semi non di un governo democratico, ma di un governo legale, consensuale, contrattuale. Così vorrebbe la tradizione islamica: contrattuale e consensuale. Questo ci consente di nutrire delle speranze per il futuro. Penso che alcuni leader siano in grado di guidare i loro paesi a imboccare la strada della democrazia. Ho fiducia per esempio nell´opposizione irachena».

L´Iraq, ha le carte in regola per avviare un processo democratico?

«Sul futuro dell´Iraq certo può pesare il frazionamento del suo popolo in etnie e gruppi religiosi. Gli arabi sono il gruppo più numeroso, i curdi vengono al secondo posto, e fra gli altri gruppi minori i turcomanni sono certo i più importanti. Poi, esistono le differenze tra sunniti e sciiti... e si deve ammettere che la nascita di uno Stato curdo al Nord avrebbe un effetto distruttivo sui paesi vicini, solleverebbe l´apprensione della Turchia. Ma da anni l´opposizione irachena, formata da tutti i gruppi antigovernativi, è impegnata in uno sforzo politico di unificazione che mi fa ben sperare. Avranno bisogno di aiuto per iniziare, ma per esempio, in Afghanistan i nuovi governanti si stanno muovendo bene, se si considerano le enormi difficoltà. L´Afghanistan è un paese difficile dal punto di vista geografico, è povero, subiva il devastante regime dei talebani. Tuttavia sono arrivati alla ricostruzione e la presenza americana è minima».

Mentre l´Iraq è un paese ricco.

«L´Iraq da punto di vista strutturale ha problemi molto minori: è un paese ricco, ha una classe media istruita, ha una tradizione nel campo dei diritti delle donne, più degli altri paesi arabi, tranne forse la Tunisia, Ma credo che sarebbe molto pericoloso indire delle elezioni molto presto. Tenere le elezioni prima che la gente sia pronta può favorire l´ascesa di un dittatore. Pensi alle elezioni che hanno portato Hitler al potere. Hitler non conquistò il potere con un colpo di Stato come Mussolini. Fu eletto con elezioni libere e legali».

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