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La Repubblica Rassegna Stampa
11.01.2023 Iran, continua la repressione
Cronaca di Gabriella Colarusso

Testata: La Repubblica
Data: 11 gennaio 2023
Pagina: 14
Autore: Gabriella Colarusso
Titolo: «Hassan, torturato in cella: 'Fatemi solo rivedere mia figlia appena nata'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 11/01/2023, a pag.14, con il titolo "Hassan, torturato in cella: 'Fatemi solo rivedere mia figlia appena nata' ", la cronaca di Gabriella Colarusso.

A destra: l'ayatollah legge Charlie Hebdo: "Che orrore!"

Gabriella Colarusso (@gabriella_roux) | Twitter
Gabriella Colarusso

Malmenato, livido, con la voce tremante, Hassan Firouzi è riuscito a parlare con la sua famiglia qualche giorno fa, dal carcere di Evin. La telefonata diffusa da una Ong basata in Francia è un’invocazione disperata: «Dopo dieci anni, Dio ci ha dato una bambina. L’ho vista solo per 18 giorni. Chiedo solo una cosa agli iraniani, aiutatemi a rivedere mia figlia un’ultima volta prima che mi facciano qualcosa». Hassan ha 34 anni, la sua piccola si chiama Hannaneh, era nata da due settimane quando è stato arrestato il 27 ottobre durante una manifestazione nella sua città, Shahr-e Ray, un sobborgo povero, di famiglie operaie, a sud della capitale iraniana, un tempo una città autonoma oggi inglobata nell’area metropolitana di Teheran. Rilasciato su cauzione, è stato arrestato una seconda volta a novembre e il 14 dicembre è arrivato inospedale con chiari segni di tortura, denuncia Iran Human Rights Monitor: «I funzionari della prigione gli avevano messo il cappio intorno al collo per torturarlo». I medici non hanno fatto in tempo a curarlo perché è stato subito riportato in cella. Lo accusano di essere un leader delle proteste, dimoharebeh, guerra contro Dio, e rischia di essere impiccato. I genitori di Hassan hanno paura, sono sotto pressione come moltissime famiglie delle oltre 18mila persone arrestate, piangono il figlio ogni giorno come fosse già morto. Sperano solo di poter riavere indietro il corpo, e perciò hanno deciso di tacere. Ma sua moglie Masoumeh ha rotto il silenzio nel disperato tentativo di bloccare la sentenza di morte. Dopo più di tre mesi di proteste e oltre 500 morti, quattro giovani sono già stati impiccati e almeno altri 26 manifestanti sono stati condannati a morte in processi farsa, denunciano le Ong, ma il numero potrebbe essere molto più alto. «Assassini di Stato», li ha definiti ieri l’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk, che «il regime usa per spaventare la popolazione iraniana e mettere a tacere le proteste». Ma la repressione non travolge solo il movimento pro-democrazia, colpisce anche il sistema stesso, le voci dissonanti all’interno dell’establishment. Faezeh Hashemi, la figlia dell’ex presidente Rafsanjani, l’uomo che per paradosso costruì l’ascesa alla presidenza dell’attuale guida suprema Khamenei, è stata condannata a 5 anni per «propaganda contro il sistema» e «incitamento alla rivolta », per aver osato difendere i manifestanti da quello che definì «terrorismo di Stato». Hashemi ha una lunga storia di attivista, è stata parlamentare in campo moderato come lo è stato Mostafa Tajzadeh, il padre nobile del riformismo iraniano, ex viceministro dell’interno con Khatami, che ha già scontato sette anni dopo le proteste del 2009 ed è stato ora condannato ad altri cinque anni. O come Fatemeh Sephari, attivista religiosa e moglie di un “martire” della guerra Iran-Iraq che chiese le dimissioni di Khamenei e ora è in prigione, in isolamento. Il Sistema teme il dissenso e stringe i ranghi. Il comandante dei Pasdaran Hossein Salami ha minacciato il settimanale francese Charlie Hebdoper le vignette su Khamenei: ricordate, ha detto, «il destino di Salman Rushdie», colpito da una fatwa di Khomeini e accoltellato pochi mesi fa da un fanatico islamista. Anche le notizie su un presunto ammorbidimento delle regole sul velo si rivelano propaganda. L’hijab è obbligatorio e chi non lo rispetta verrà punito, con «durezza», con il carcere, il licenziamento, l’esilio, ha ribadito ieri alla tv di Stato il vice procuratore Abdolsamad Khorramabadi.

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