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La Repubblica Rassegna Stampa
10.01.2023 'Ci servono i vostri tank'
Cronaca di Daniele Raineri

Testata: La Repubblica
Data: 10 gennaio 2023
Pagina: 8
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «Donbass, i soldati ucraini vacillano a Bakhmut e Soledar. 'Ci servono i vostri tank'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 10/01/2023, a pag. 8, la cronaca di Daniele Raineri dal titolo "Donbass, i soldati ucraini vacillano a Bakhmut e Soledar. 'Ci servono i vostri tank' ".

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Daniele Raineri

DONBASS - I russi stanno per prendere Soledar, una piccola città che fa da chiave di accesso per invadere prima Bakhmut e da lì le altre città del Donbass. Sulla strada, l'ultima percorribile, c'è un gruppo di soldati ucraini al riparo dietro una casa: è possibile andare avanti? Controllano l'accredito stampa dove c'è scritto il nome della testata italiana, a un soldato brillano gli occhi dal sarcasmo: "Se vieni con un mezzo corazzato e lo lasci qui certo, possiamo andare avanti". Ogni mattina i siti di informazione ucraini fanno una sintesi per titoli della stampa internazionale, la notizia che in Italia la procedura per l'invio di armi in Ucraina è rimasta bloccata è già arrivata anche nel Donbass e il soldato nella sua testa ha fatto l'equazione italiani uguale "hanno deciso di non darci armi". Poco più avanti la situazione, sarcasmo oppure no, non consente più di avanzare. La strada che parte da Bakhmut e va verso nord non è percorribile perché ci sono già i soldati russi oppure la tengono sotto tiro e quindi è come se ci fossero. Vuol dire che Soledar adesso è circondata quasi da tutti i lati. Dopo mesi di resistenza ucraina e di ondate d'assalto russe e dopo perdite pesanti da entrambe le parti, adesso si parla di abbandonare quella piccola città - con la sua miniera di sale che i soldati ucraini hanno trasformato in una fortezza - e poi anche Bakhmut, come a giugno erano state cedute ai russi le città di Severodonetsk e di Lysychansk. Al mattino la conquista da parte dei russi del piccolo insediamento di Bakhmutskoe aveva creato un equivoco per colpa di una cattiva traduzione e sembrava che fosse caduta Bakhmut. Non era vero, ma potrebbe non mancare molto. Per mesi è andata avanti una battaglia di trincea con sofferenze enormi e campi cosparsi di cadaveri, adesso potrebbe risolversi a favore della Russia. Ottanta chilometri più a nord la situazione è rovesciata. Gli ucraini tentano di prendere la piccola città di Kreminna, che è così vicina a cadere che gli ufficiali russi da una settimana sono fuggiti via per non farsi catturare. Un carrista ucraino esce dalla botola di un T-72 catturato ai russi quattro mesi fa. "Siamo molto contenti di averlo preso ai russi - dice a Repubblica e usa il carro come un podio per la sua arringa breve - ma non basta, dovete dirlo ai vostri governi in Europa, non ce la facciamo, abbiamo bisogno di equipaggiamento e di aiuti militari. I carri ucraini sono ancora i T-64 di sessant'anni fa. Hanno bisogno di stare fermi con il motore acceso per molto tempo prima di mettersi in movimento, soprattutto quando fa freddo. Come si fa?". Salta giù. Sulla spalla ha lo stemma della Diciassettesima brigata corazzata, un cavaliere medievale. Le sagome acquattate dei carri ucraini aspettano l'ordine di avanzare, il gelo di questa settimana ha pietrificato ogni singola ondulazione del fango nei campi e fra gli alberi, che adesso è compattissimo e sotto pochi millimetri di neve offre una spinta eccellente ai cingoli. La notizia di ieri è che il Regno Unito potrebbe rompere il tabù durato finora e mandare dieci carri da battaglia Challenger 2. Non faranno la differenza, ma il 20 gennaio c'è una riunione dei governi alleati di Kiev e la mossa britannica crea pressione sugli altri, in particolare sulla Germania e i suoi carri Leopard. "A maggio la discussione per i cannoni, a giugno gli Himars, a ottobre i sistemi di difesa dai missili, adesso i carri armati. I tempi della guerra qui e i tempi del dibattito fra alleati in Europa laggiù sono troppo sconnessi", è la sintesi di quel che dicono i soldati ucraini. Qualche chilometro prima un ufficiale ci aveva accompagnato a vedere dove i carri armati sono riparati. L'esercito protegge le officine dei suoi meccanici come se fossero basi segrete. L'accompagnatore ha ricevuto la localizzazione soltanto all'ultimo minuto e chiede che nelle foto non si vedano particolari che possano aiutare a identificare il luogo. Basta il cavo di una linea elettrica che passa fra gli alberi sullo sfondo e i russi possono capire la posizione e poi arriva un missile. "Non c'è la geolocalizzazione nelle foto?", chiede. No, è stata tolta. Le officine tengono in vita l'esercito. I carri armati hanno bisogno di revisioni e di essere aggiustati ogni pochi giorni, senza le squadre di meccanici sarebbero già tutti fuori uso da mesi - ed è per questo che i russi prendono di mira le officine. Soltanto che in questo caso non c'è davvero un'officina: la squadra in tuta nera lavora sotto gli alberi sul terreno innevato, smonta un motore fabbricato ai tempi dell'Unione Sovietica che pesa da solo settecento chili e cingoli di metallo che a sedici gradi sotto lo zero non possono essere toccati a mani nude. L'impressione, in questo angolo di Donbass, è di un sistema al limite della crisi.

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