Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 08/01/2023, a pag. 17, con il titolo "Sergei Guriev: 'La Fortezza Russia resiste ancora sanzioni sul petrolio per strozzarla' ", l'intervista di Giovanni Pigni.
Sergei Guriev
Sergei Guriev è un economista ed ex consigliere del governo russo, poi diventato dissidente in esilio. Dal 2013 insegna all'Istituto Science Po di Parigi. Il Pil della Russia è diminuito del 3% nel 2022 per via delle sanzioni occidentali. Si tratta di un declino molto modesto rispetto al collasso previsto dalla maggior parte degli economisti.
Come ha fatto l'economia russa a resistere contro tutti i pronostici? «Quando a marzo la banca centrale della Russia è stata colpita da sanzioni senza precedenti, i mercati non sapevano cosa aspettarsi e gli analisti pensavano che il panico avrebbe minato la stabilità finanziaria del Paese. Questo non è accaduto. La Russia ha evitato una crisi macroeconomica come quella del Venezuela o l'impennata dell'inflazione che avvenne in Iran dopo le sanzioni. E il merito è dei funzionari russi che rispondono della politica economica, che sono competenti, va riconosciuto».
Dunque si può dire che la cosiddetta "Fortezza Russia" è rimasta intatta? «Il termine "Fortezza Russia" si riferisce a una serie di caratteristiche della politica economica russa: pareggio di bilancio, targeting dell'inflazione, riserve, rublo convertibile e un tasso di cambio flessibile. Molte di queste caratteristiche sono venute meno: le riserve sono congelate, il rublo non è convertibile, l'inflazione è ancora piuttosto elevata, anche se si ridurrà nel prossimo futuro. Insomma l'equilibrio fiscale si è spezzato e la Russia avrà un sostanziale deficit di bilancio. Un altro aspetto è che in tempo di guerra il Pil non è un buon indicatore per misurare la qualità della vita, in quanto viene tenuto a galla dalla produzione militare. Il fatturato al dettaglio è un indicatore che riflette meglio la qualità della vita ed è calato del 10%. Non è catastrofico ma si tratta comunque di un impatto enorme che nei Paesi occidentali non si vede dai tempi della Seconda Guerra Mondiale».
Il principale obiettivo delle sanzioni era privare di risorse l'industria militare russa per impedire al Cremlino di proseguire il conflitto. In questo senso le sanzioni hanno avuto effetto? «La Russia ha una capacità limitata di produrre carri armati e razzi moderni e ora non può importare i componenti occidentali necessari. Deve importare armi e munizioni dall'Iran e dalla Corea del Nord, dunque non tecnologie di prim'ordine».
La Russia sta provando a sostituire prodotti occidentali con equivalenti di produzione domestica o importazioni da Paesi rimasti "amici". Ci sta riuscendo? «Il governo russo continua a lavorare per aggirare le sanzioni e in alcuni casi lo fa con discreto successo. La Russia importerà sempre di più dalla Cina, ma la tecnologia cinese non è così avanzata e sofisticata come quella occidentale, quindi l'economia russa subirà una regressione, diventerà più primitiva. Ciò vale per tutti i settori, compresa l'industria automobilistica».
Quale impatto avranno le ultime sanzioni sulle esportazioni petrolifere russe nel corso del 2023? «Il declino del Pil continuerà anche nel 2023, anche se sarà più lieve, probabilmente del 2%. Resta ancora da vedere l'impatto delle sanzioni introdotte sul petrolio greggio a dicembre e quelle sui prodotti raffinati del petrolio che entreranno in vigore a febbraio. Queste avranno un forte impatto sul budget».
Sono rimasti strumenti sanzionatori disponibili ai Paesi occidentali per esercitare pressione sulla Russia? «Penso che lo strumento principale sia continuare a stringere le sanzioni sul petrolio. Ora il price cap è di 60 dollari al barile. Se venisse abbassato gradualmente, fino a 55, 50, 40 dollari nei prossimi mesi, ridurrebbe drasticamente le risorse del governo russo e della sua macchina da guerra».
Esiste la possibilità che la caduta del livello di vita in Russia porti a delle proteste contro il governo? «Finché Putin mantiene il controllo della macchina repressiva e ha abbastanza fondi per finanziare l'apparato di sicurezza, non si aprirà alcuna opportunità di protesta».
Per inviare la propria opinione alla Stampa, telefonare 011/ 65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante