Testata: La Stampa Data: 05 gennaio 2023 Pagina: 21 Autore: Anna Zafesova Titolo: «Dialogo a salve»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/01/2023, a pag.21 con il titolo "Dialogo a salve" il commento di Anna Zafesova.
Anna Zafesova
Vladimir Putin manda in missione la fregata "Ammiraglio Gorshkov", un «evento eccezionale» perché porterà intorno al mondo i missili ipersonici Zirkon. Il presidente russo - come ormai suo solito, in videoconferenza - ordina al suo ministro della Difesa Sergey Shoigu di "collaudare" i missili, e si dilunga sui pregi dei Zirkon. «Non hanno analogie estere e sono capaci di superare la difesa antimissile americana», si vanta Putin, mentre ordina la «missione di sorveglianza da combattimento» della fregata, che dovrà attraversare l'oceano Indiano, l'Atlantico e infine entrare nel Mediterraneo. Non potrà avvicinarsi all'Ucraina: Recep Tayyip Erdogan ha chiuso il Bosforo alle navi militari russe fin dall'inizio della guerra, e quindi il messaggio è diretto soprattutto all'Europa. Un avvertimento, spiega il politologo vicino al Cremlino Sergey Markov: «Forse, la Russia sta preparando una offensiva in Ucraina, e vuole mandare alla Nato il segnale di evitare l'escalation». Difficile capire quanto sia davvero un messaggio minaccioso, e quanto uno sfoggio propagandistico per spostare l'attenzione dal dibattito sul massacro di Makiivka, dove decine di coscritti russi - il ministero della Difesa ieri ha ammesso 89 morti, gli ucraini parlano di 400 vittime - sono stati uccisi allo scoccare del Capodanno da missili Himars. Putin e Shoigu ieri non ne hanno fatto menzione, ma l'attacco ha scatenato la rabbia dei sostenitori della guerra come dei "pacifisti", e soprattutto ha messo in evidenza la fragilità e la disorganizzazione dell'esercito russo: due giorni dopo, un altro missile ha ucciso un'ottantina di soldati a Tokmak, nella parte occupata della regione di Zaporizhzhia. Se Mosca sta concentrando i 200 mila uomini reclutati con la mobilitazione straordinaria, in attesa di scagliarli in una nuova offensiva, il comando ucraino ne approfitta per infliggere colpi pesanti, in una guerra che non sembra avere alcuna intenzione di farsi rallentare dall'inverno. Mentre fonti della Casa Bianca rilevano che i «graduali progressi russi» nel tritacarne di Bakhmut possono portare ad attacchi simili anche in altre zone del fronte del Donbass, il capo dello spionaggio militare di Kyiv Kirilo Budanov ha promesso nuovi raid dei droni ucraini «sempre più nel profondo della Russia» e sopratutto una controffensiva primaverile (e ha tagliato nel giorno del suo compleanno una torta a forma del Paese nemico). Una tensione nella quale il ritorno alla diplomazia sembra impossibile, e ieri la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha respinto l'ipotesi di una mediazione dell'Italia: «Strano sentire proposte di mediazione da un Paese che ha assunto una posizione molto aggressiva verso la Russia... e ha sostenuto il sanguinario regime di Kyiv». Zakharova si riferiva alle parole della premier italiana Giorgia Meloni che durante la conferenza stampa di fine anno aveva fatto sapere di avere detto al presidente ucraino Volodymyr Zelensky che l'Italia è pronta a «farsi garante di un processo di pace». Il Cremlino però non respinge i tentativi di mediazione di un altro Paese che sostiene Kyiv, la Turchia: il portavoce di Erdogan, Ibrahim Kalin, ha rivelato la presenza nell'agenda del presidente turco di telefonate sia con Putin che con Zelensky. «È un qualcosa che può fare solo la Turchia», ha commentato, auspicando la ripresa del negoziato che si era svolto a Istanbul e si era interrotto in primavera. Finora, sia Mosca che Kyiv hanno rifiutato un negoziato sulla pace, e ieri il capo dell'amministrazione di Zelensky Andriy Ermak ha ribadito le condizioni ucraine: ritiro completo delle truppe russe da tutto il territorio ucraino, restituzione dei beni ucraini in Crimea e processo ai responsabili dell'invasione. Molto più vaghe e indefinite le richieste russe, che sono variate dalla conquista dei "territori storici" ucraini al cambio di regime a Kyiv, ma che sembrano contenere sempre la rivendicazione almeno delle zone occupate attualmente dall'esercito russo. Che la prospettiva di un negoziato sulla fine della guerra sia remota lo dimostra anche l'intensa diplomazia di inizio anno, che ha già portato a Zelensky nuovi aiuti militari americani e l'invio di blindati promesso da Emmanuel Macron. Ankara comunque resta il luogo del negoziato più o meno occulto su una ricca agenda di temi: dal mantenimento dell'accordo sul grano alla sicurezza della centrale nucleare di Zaporizhzhia, agli scambi di prigionieri, alle sanzioni che Mosca vorrebbe trovare il modo di alleviare o aggirare.
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