Israele non dimenticherà in particolare due momenti della drammatica, contestata giornata dell’insediamento del sesto governo Netanyahu, il più stabile con 64 seggi su 120 da anni, ma il più ingiuriato con una fantasmagorica collezione di aggettivi su tutta la stampa mondiale da un’opposizione che era fino a ieri al governo avendo come unico slogan unificante “chiunque fuorché Bibi”. Ed ecco invece Bibi di nuovo con la solita cravatta e col 37esimo governo della storia d’Israele, con un discorso profetico, pieno di storico orgoglio sul successo del suo piccolo Paese che descrive i prossimi 25 anni: dopo i 75 che si festeggiano nel 2023 porteranno lo Stato degli Ebrei nel suo secondo secolo con un bagaglio di democrazia, di benessere, di tecnologia, in pace con la maggior parte del Mondo Arabo, ha detto. Netanyahu ha disegnato il suo programma (Iran, infrastrutture popolari,sicurezza) e ha ricordato con passione tutto il suo lavoro e il suo impegno fendendo un concerto di urla furiose di offese di ogni genere, bugiardo, corrotto, delinquente, distruttore della democrazia. Al momento della saturazione il Primo Ministro ha cambiato faccia e ha detto: “Non essere eletti non è la fine della democrazia, ma la sua essenza. Noi siamo e saremo democratici: non ci arrampichiamo sul muro del Capitol, né della Knesset… Imparate, allo stadio i tifosi dell’Argentina sanno accettare la sconfitta”. È vero: la questione della democrazia viene posta ogni volta che la sinistra non vince le elezioni, dei diritti e delle istituzioni ogni volta che sono quelli che fanno comodo. La sua reazione alle accuse sono le scelte nel campo dei ministri del Likud, tutte state fatte nel campo più liberal democratico del partito per controbilanciare le intenzioni della parte più conservatrice, e per altro eletta e legittima, del suo governo.
Amir Ohana, il nuovo presidente della Knesset
Ed ecco il secondo momento memorabile: il nuovo Presidente della Camera, Amir Ohana, un egregio giurista, leader omosessuale, ha segnato la giornata con un discorso storico, rivolgendosi ai i suoi genitori proletari marocchini (seduti nella sala) con cui ha sofferto la fame da bambino per costruire il Paese, e al suo compagno Alon Haddad, che con i loro due bambini in braccio, è stato salutato anche da Netanyahu quando all’inizio ha salutato le famiglie presenti. Ohana ha cambiato faccia anche lui, severo come Bibi, quando ha detto che dal suo ruolo mai e poi mai permetterà che nessuno venga discriminato in Israele secondo il colore, la religione, l’etnia, le preferenze, le scelte… Soprattutto i bambini. I suoi bambini. Una promessa più credibile della urla che promettono che in Israele si prepara una oscura era di fascismo.