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La Repubblica Rassegna Stampa
21.12.2022 Afghanistan: niente università per le donne
Cronaca di Paolo Brera

Testata: La Repubblica
Data: 21 dicembre 2022
Pagina: 21
Autore: Paolo Brera
Titolo: «Università vietata alle donne afghane l’ultima promessa tradita dai talebani»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 21/12/2022, a pag. 21, con il titolo "Università vietata alle donne afghane l’ultima promessa tradita dai talebani" l'analisi di Paolo Brera.

Taliban Resurrects Gender Segregation In Public Offices, Transport In  Afghanistan

In un Afghanistan sempre più povero, stremato dal gelo e dalla fame, i talebani hanno stretto ancora un po’ la morsa sul loro nemico numero uno: le donne. Il ministero dell’Istruzione superiore ha formalmente vietato alle ragazze l’accesso agli studi universitari. Il ministro, Neda Mohammad Nadim, un falco della fazione più dura e retriva nella galassia islamista degli studenti coranici, ieri ha preso carta e penna e ha messo nero su bianco quello che era già realtà nei fatti, rasando a zero le speranze che prima o poi il governo dei religiosi attenuasse i divieti imposti alle studentesse dopo le scuole elementari. La condanna all’ignoranza per le afghane è un macigno sul presente e sul futuro dell’intero popolo di questa nazione oppressa da decenni di guerre e terrore, e i commenti di chi ha accesso ai social sono in gran parte fortemente negativi. Ma la guerra talebana alle donne per imporre regole di vita tribale è parte consistente delle promesse che hanno fatto per vent’anni ai loro soldati mentre combattevano e morivano sulle montagne, ed era già realtà di governo a prescindere da quest’ultima aggravante. Ieri il ministro ha sbarrato loro le porte delle università «pubbliche e private fino a successive comunicazioni». Ma è dal ritorno del regime a Kabul, da agosto del 2021, che la luce per le donne si era spenta giorno dopo giorno. Fuori dai posti di lavoro, via dall’insegnamento, niente più scuole superiori, niente più università pubbliche... Le ragazzine e le donne afghane erano già precipitate nello stesso orrore misogino con cui i talebani avevano governato dalla cacciata dei russi fino al 2001, quando avevano imposto il burqa e le frustate in piazza, quando le avevano chiuse in casa vietando loro tutto ciò che non fosse sottomissione e preghiera. Con la ritirata della coalizione internazionale, il ritorno del regime ha riaperto i rubinetti della stessa ondata nera di odio per l’universo femminile. Riecco i divieti, la vita quotidiana delle donne è tornata un incubo ma stavolta le ragazze, dopo vent’anni di relativa libertà, non erano più disposte ad accettare. Sono scese in piazza, le hanno prese a bastonate a Kabul come a Herat ma non sono riusciti a spegnere la fiamma. La comunità internazionale ha provato a legare il rispetto dei diritti umani e il miglioramento della condizione femminile alla concessione degli aiuti finanziari indispensabili all’Afghanistan per sopravvivere. Niente da fare. Vaghe promesse, continue scuse e niente più. La riammissione delle bambine e delle adolescenti nelle scuole primarie e secondarie sarebbe stata solo questione di tempo, quello necessario «a ripristinare una completa separazione dei sessi nelle classi e negli spazi comuni». Frottole. La chiusura delle scuole per le studentesse, decisa a marzo, non è mai stata revocata. Anche all’università l’accesso per le ragazze era raro, limitato ad alcuni atenei privati. Centinaia di migliaia di studentesse hanno semplicemente smesso di andare a scuola. Milioni di donne hanno smesso di lavorare, persino di uscire di casa se non accompagnate. Le associazioni che le difendono ospitandole in case protette hanno vita dura e un elenco infinito di richieste. Il 7 maggio il leader supremo dei talebani, Haibatullah Akhunzada, ha imposto il velo integrale: restino liberi solo gli occhi, se una donna esce da casa propria. Tre mesi fa migliaia di ragazze afgane erano riuscite a sostenere esami di ammissione alle università che avevano adeguato le strutture, con aule ben separate. I talebani avevano indicato i corsi di studio vietati, ma qualche spiraglio era rimasto.Ed ecco Nadim, l’ex governatore e capo militare che guida l’Università da ottobre: l’istruzione femminile, aveva detto, non è Islam, è contraria ai valori afghani. Ieri l’ha messo nero su bianco, fine delle speranze: aule chiuse per tutte. Dagli Usa arriva la condanna: «Ci saranno conseguenze», dice il Dipartimento di Stato. La notizia non è un fulmine al ciel sereno: i media locali avevanoanticipato un mese fa la decisione. Ma in Afghanistan tutto è vietato fuorché sperare, e fino a ieri mattina le ragazze ammesse in prima media imploravano il governo di riaprire le scuole secondarie, chiuse da un anno e mezzo. Sui media le preghiere di Sadia, «sono così arrabbiata... »; di Tayba, «le elementari non bastano, sono preoccupata per il mio futuro».

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