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Zvi Mazel/Michelle Mazel
Diplomazia/Europa e medioriente
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Mondiali di calcio: nuova invenzione palestinese 21/12/2022
Mondiali di calcio: nuova invenzione palestinese
Analisi di Michelle Mazel

(traduzione di Yehudit Weisz)


Qatar, Code for World of Supporting Terrorism| Arab Observer
Qatar sponsor del terrorismo

Cosa resterà di questo eccezionale Mondiale di calcio che si è appena concluso entrando nella leggenda? L'ultima partita mozzafiato, la combattuta vittoria dell'Argentina contro i Blues francesi  che non hanno demeritato, il trionfo di un Messi uscito dall'ombra di Maradona e incoronato miglior giocatore del mondo? Lo straordinario successo del Qatar, ieri trattato come un paria e oggi adorato in Medio Oriente come in Africa? I 6.500 lavoratori che hanno pagato con la vita questo successo? Il milione di visitatori? La presenza di diecimila cittadini israeliani arrivati con voli diretti da Israele per la prima volta nella storia? Le decine di rappresentanti della stampa israeliana che raccontano in diretta e in ebraico l'evento? Niente di tutto questo.  Ascoltate invece i leader di Ramallah e i social network palestinesi. “Qatar 2022: la Coppa del Mondo della Palestina Libera. Sebbene i palestinesi non fossero presenti ufficialmente ai Mondiali del Qatar 2022, la bandiera palestinese era impossibile da evitare, sventolava per le strade, sventolava negli stadi ed era drappeggiata sulle spalle di alcune delle più grandi star del calcio. Come ha sottolineato l'ambasciatore palestinese all'Onu, Riyad Mansour, “il vincitore di questa Coppa del Mondo è già noto. E’ la Palestina.”  

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Ahimè, ci sarà chi ci crederà e questa invenzione entrerà presto a far parte dei miti fondanti di una narrativa palestinese che non si ferma davanti a nulla, la stampa occidentale sta ben attenta a non analizzarli e ancor meno a criticarli. Sappiamo che, per i palestinesi, il tempio di Salomone non è mai esistito e che non c'è mai stata una presenza ebraica sulla “Spianata delle moschee.” Mahmoud Abbas, il Presidente dell'Autorità palestinese – il cui mandato è scaduto da tempo e che non osa organizzare nuove elezioni – ha più volte protestato contro gli ebrei “che contaminano con i loro piedi luridi la Spianata Santa.” Questo non gli impedirà di essere la prossima settimana in prima fila nella Chiesa della Natività di Betlemme, per assistere, come ogni anno, alla messa di mezzanotte per celebrare la nascita di Gesù di Nazaret, che secondo i Vangeli era venuto diverse volte in questo tempio di Gerusalemme di cui i palestinesi negano l’ esistenza. È vero che alcuni non esitano a qualificare Gesù come “il primo martire palestinese” seguendo in questo quel grande storico che fu Yasser Arafat. E sopratutto non andate a dire loro che era ebreo e che ne era orgoglioso, e che furono i romani a giustiziarlo. A Mohammad Ahmad Hussein, Gran Mufti di Gerusalemme, incarico che gli fu conferito da Mahmoud Abbas nel 2006, spetta l’ultima parola, a lui che in un'intervista alla televisione dell'Autorità Palestinese, disse: “Fu qui in Palestina che Gesù mosse i primi passi e in questa terra insegnò l'Islam.”  Soprattutto, non contate sui rappresentanti delle chiese cristiane,di qualsiasi denominazione si voglia, per smentirlo.

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Michelle Mazel

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