Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 17/12/2022, a pag. 6, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo 'L’emiro bifronte'.
Giulio Meotti
Le dittature arabe hanno capito che il linguaggio sportivo è il più potente mezzo per sedurre il pubblico occidentale. Il Newcastle (il cui presidente è anche il capo della Saudi Aramco, che con 2.430 miliardi di dollari è l’azienda pubblica di maggior valore al mondo) e lo Sheffield sono di proprietà dell’Arabia Saudita. Il Paris Saint Germain è del Qatar. Il Manchester City è degli Emirati Arabi. E così via. Emirates, Etihad Airways e Qatar Airways hanno tutte importanti accordi con le squadre di calcio europee del valore di centinaia di milioni di dollari. Il Bayern di Monaco ama il denaro del Qatar, ma Thomas Müller e Manuel Neuer, le stelle del calcio tedesche provvide di fasce arcobaleno durante i Mondiali a Doha, non hanno pronunciato pubblicamente una sola parola contro la sponsorizzazione di Qatar Airways. I qatarini stanno immettendo una enorme quantità di denaro nel mercato del Regno Unito. Tra gli investimenti più importanti figurano Harrods, Canary Wharf e la Borsa di Londra. Abdulhadi Mana Al Hajri, cognato dell’emiro del Qatar, ha acquistato l’Hotel Ritz per 700 milioni di sterline.
Il fondo sovrano dello sceicco – il Qatar Investment Authority – possiede il 22 per cento di Sainsbury e il sei per cento nella banca Barclays. Ha una partecipazione del venti per cento in Heathrow Airport Holdings. Senza contare che re Carlo III ha di recente accettato una valigia con un milione di euro in contanti da Hamad bin Jassim bin Jaber Al Thani, l’ex primo ministro del Qatar. “In dieci anni il Qatar ha investito più di 1,5 miliardi di euro nel Paris Saint Germain”, racconta una inchiesta di L’Express. Soldi significano politica. E così per evitare che la stella del calcio francese Kylian Mbappé traslocasse al Real Madrid sono intervenuti il presidente Emmanuel Macron e l’ex presidente Nicholas Sarkozy, che di rapporti con il Qatar se ne intende. “Macron d’Arabia”, che a Doha ha firmato contratti per dodici miliardi di euro con il Qatar (il predecessore Hollande era invece legato ai sauditi). L’emirato sta diventando strategico anche nell’economia tedesca: Porsche, Volkswagen, Deutsche Bank, Siemens, Bayern Monaco, per citarne solo alcuni brand della Germania controllati a vario titolo dall’emiro di Doha. Senza contare il 27 per cento della Société des casinos de Cannes, il tredici del gruppo Lagardère, l’otto di Eads, il sei di Vinci, il cinque di Veolia, il tre di Total, il due di Vivendi, l’uno di Lvmh. Con una mano il Qatar seduce e ingrassa l’occidente (è “partner privilegiato” della Nato dalla scorsa primavera, partner energetico strategico dopo la guerra in Ucraina e ospita anche delle basi americane), ma con l’altra l’emiro ne corteggia i nemici ed è il loro bancomat. “Come l’islam, il Qatar poggia su cinque pilastri: il gas, la rete televisiva Al Jazeera, il calcio, la presenza militare americana sul proprio territorio e la diplomazia”, sintetizza il settimanale L’Express.
La rassegna stampa del Qatar che diffonde in lingua inglese la disinforma terrorista
E gli europei sono molto sensibili a questi cinque pilastri. Rivale di Riyadh nella promozione del fanatismo islamista, il Qatar è diventato un grande polo dell’islamismo globale, un piccolissimo paese di 11.400 chilometri quadrati che fino a mezzo secolo fa viveva nelle tende del deserto e la cui potenza deriva dal fatto di essere il più grande esportatore di gas naturale liquefatto. Inoltre, il Qatar ospita una delle più grandi basi militari statunitensi da quando è stato concluso un trattato con gli Stati Uniti nel 1995. Il Qatar è stato appena accusato dai genitori di un giornalista americano assassinato dall’Isis di legami con il terrorismo. La famiglia di Steven Sotloff, decapitato in mondo visione, accusa importanti istituzioni del Qatar di aver trasferito 800 mila dollari a un “giudice” dello Stato Islamico che ha ordinato l’omicidio di Sotloff e di un altro giornalista americano, James Foley. Dal 2012 al 2018, il Qatar ha dato 1,1 miliardi di dollari alla Striscia di Gaza controllata da Hamas. 1,8 miliardi di dollari in dieci anni. Tanto il Qatar, le banche del Qatar e gli “enti di beneficenza” del Qatar hanno inviato nella Striscia di Gaza sotto dominio degli islamisti dal 2007, da quando Israele si è ritirato e l’Anp palestinese cacciata dai palazzi del potere. Sebbene la maggior parte del denaro vada agli indigenti, gli aiuti del Qatar servono ad Hamas per mantenere il potere. La beneficenza del Qatar esime Hamas dalle responsabilità nei confronti dei palestinesi che vivono sotto il suo governo nella Striscia di Gaza e consente invece al gruppo terroristico di indirizzare le risorse verso la costruzione di tunnel per attaccare Israele e la fabbricazione di armi, compresi i missili, in preparazione della prossima guerra contro Israele.
Il denaro del Qatar ha finanziato la costruzione di una rete sotterranea di tunnel del terrore di Hamas che rivaleggia con alcuni dei sistemi di metropolitana più efficienti del mondo. Ismail Haniyeh e Khaled Mashaal, i due leader di Hamas, risiedono a Doha nel lusso e viaggiano fra le capitali mediorientali sul jet Gulfstream fornito dal clan al Thani al potere a Doha. Una società immobiliare del Qatar ha svelato un progetto di sette acri in Qatar che comprende quattro torri e un centro commerciale di proprietà di Mashaal, sua moglie e suo figlio: 250 appartamenti di lusso, un club privato, un asilo, una biblioteca e attrazioni turistiche. A Doha vive anche il vice di Hamas, Khalil al Hayya. E sempre a Doha hanno vissuto in esilio i capi talebani, prima che tornassero trionfanti a Kabul dopo il vergognoso ritiro occidentale e la sconfitta americana. Durante la “Primavera araba”, che assomigliava più a un inverno islamico, il Qatar ha appoggiato i fondamentalisti per rimpiazzare i regimi laici in Tunisia, in Libia e in Egitto. In Siria, il Qatar ha sostenuto Al Nusra e Ahrar al Sham, organizzazioni islamiste responsabili di tanti crimini settari. Una inchiesta del primo settimanale tedesco, Die Zeit, accusa il Qatar di aver finanziato anche Hezbollah. L’operazione che ha portato Al Nusra a rilasciare le suore di Maaloula, in Siria, ha portato sedici milioni di dollari nei suoi forzieri, interamente versati dal Qatar. Il ministro del Qatar per gli affari islamici a Khartoum, la capitale del Sudan, ha di recente costruito la più grande tipografia di Corano in tutto il continente africano, ha riferito Al-Sharq. A cosa serve? A islamizzare paesi dove lo choc di civiltà è all’ordine del giorno. E dove a pagare sono i cristiani. Racconta Mondafrique che il Qatar è all’origine dell’islamizzazione dell’Africa sotto la copertura dell’aiuto umanitario. Così sono partite dal Qatar verso il Burkina Faso 722 missioni “umanitarie” e “forti di questa manna insperata, delle ong qatariane si sono dedicate a seminare i germi dell’islam radicale. Predicatori sono venuti dal Qatar e dal Pakistan, sono state create scuole coraniche e istituiti centri di beneficenza. Le azioni umanitarie servono da cavallo di Troia per l’islam radicale”. Un paese, il Burkina Faso, dove sono all’ordine del giorno gli attacchi ai cristiani e alle chiese. “L’islam ci viene imposto” ha detto ad Aiuto alla chiesa che soffre il vescovo Melchisedech Paluku Sikuli. “Le moschee vengono costruite ovunque”. Questa settimana il Qatar ne ha inaugurata un’altra in Nigeria. Guidato dalla famiglia Al Thani, l’emirato è una monarchia musulmana che ha protetto Youssef al Qaradawi, il compianto imam capo dei Fratelli Musulmani che ha invocato la “conquista di Roma” e giustificato gli attacchi suicidi contro i civili israeliani (anche le donne incinte). “Il Qatar non sono i Fratelli Musulmani, ma hanno visto nei Fratelli un’opportunità per diventare i padrini del mondo arabo”, ha detto all’Express Bertrand Besancenot, ambasciatore in Qatar dal 1998 al 2002. Doha ha anche finanziato le attività di Tariq Ramadan, predicatore dei Fratelli Musulmani e nipote del suo fondatore, Hassan al Banna, ma i pagamenti del Qatar a Ramadan (35 mila euro al mese) si sarebbero fermati prima della sua incriminazione per stupro.
Il Qatar ha il nono fondo sovrano più grande del mondo e vi fluiscono tutti i proventi extra delle vendite energetiche. Il fondo è usato per islamizzare a man bassa. Soltanto in Germania, dal 2005, il Qatar ha costruito 140 moschee. Ovunque c’è l’islamismo, dietro c’è il Qatar. Qatar e Arabia Saudita, in competizione per la supremazia del medio oriente con l’Iran, “hanno acceso una bomba a orologeria finanziando la diffusione globale dell’islam radicale”, ha denunciato Jonathan Shaw, ex vice capo di stato maggiore della difesa della Gran Bretagna. Una nuova moschea di cinque piani a Pristina può ospitare 2.500 fedeli. La Qatar Charity ha preso parte alla cerimonia di inaugurazione della più grande moschea del Kosovo, che in queste ore ribolle di nuove spinte nazionaliste e religiose. La “Moschea dello sceicco Shoaib Arnavut” vanta cinque piani, aule, una biblioteca islamica, una sala computer e una sala giochi per bambini. Saïda Keller-Messahli, presidente del Forum per un islam progressista e che ha sostenuto il referendum contro il burqa in Svizzera, afferma che la situazione nel suo paese è “allarmante”. “Enormi somme di denaro da Arabia Saudita, Qatar, Kuwait e Turchia stanno fluendo in Svizzera”. Il Complesso culturale musulmano di Losanna ha ricevuto 1,6 milioni di dollari. Il Qatar ha donato al St Antony’s College di Oxford, dove insegnava Ramadan, undici milioni di sterline. L’emirato ha finanziato il Centro islamico di Villeneuve-d’Ascq e il Lycée-Collège Averroès, la prima scuola privata musulmana finanziata dallo stato francese, al centro di uno scandalo quando uno dei suoi insegnanti rassegnò le dimissioni dopo aver scritto che la scuola era un focolaio di antisemitismo e che promuoveva l’islamismo.
Il Qatar ha pagato anche la Grande Moschea di Poitiers, presso il sito della battaglia di Tours con cui Carlo Martello fermò l’avanzata dell’esercito musulmano guidato da Abdul al Rahman nel 732. Ha una sala di preghiera per 700 fedeli e un minareto di 22 metri. La Grande Moschea di Copenaghen ha ricevuto una donazione di trenta milioni dall’emiro. Bernard Godard, l’uomo che al ministero dell’Interno francese ha gestito per anni il dossier islamico, ha rivelato: “Oggi i sauditi contribuiscono ancora, ma molto meno di paesi come il Qatar. Sono traumatizzati dagli attacchi dell’11 settembre 2001. Il Qatar non ha questa moderazione…”. Fra tutti i paesi d’Europa, il Qatar ha scelto l’Italia per investire di più in moschee, centri islamici e altri progetti religiosi. Il “consigliere culturale dell’emiro”, Hamad al Kawari, ha ricevuto una laurea honoris causa dall’Università di Tor Vergata, ha avuto incontri con l’allora ministro italiano della Cultura, Dario Franceschini, e il ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini, prima di essere accolto in Vaticano e incontrare Papa Francesco per firmare un accordo tra la Biblioteca Apostolica Vaticana e la Qatar Foundation for Education. Documenti scoperti dal Middle East Forum rivelano che il Qatar ha distribuito quasi un miliardo di dollari alle organizzazioni islamiste, molte in occidente. Le donne in Qatar sono velate e indossano l’abaya, l’omosessualità è criminalizzata, la poligamia, sebbene in declino, è ancora praticata, l’apostasia è severamente vietata e la sharia è la principale fonte del diritto. C’è tuttavia, a differenza che in Arabia Saudita, un’ipocrisia che consente molte libertà se esercitate in privato. Non è una democrazia, non rispetta i diritti umani e civili, opprime i cristiani specie i musulmani che si convertono (è diciottesimo nella lista nera dei paesi peggiori dove credere in Gesù Cristo) e ambisce a decidere nella politica europea. Ricorda la Russia anche se non invade i vicini, ma il suo peso gassoso si misura in influenza religiosa e politica. Finché il Qatar continuerà a finanziare l’estremismo islamico, l’unico vero gioco a cui Doha giocherà, a parte la Coppa del Mondo, sarà quello di ingannare con successo gli europei. Ha scritto Michel Onfray: “E quando l’emiro del Qatar si offrirà di comprare Mont-Saint-Michel, chi gli dirà di no?”. Nessuno. Qualcuno penserà pure che ci starebbe bene una mezzaluna sopra la vecchia abbazia normanna. Fa molto “dialogo interreligioso”.
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