L’importanza dei termini e il loro utilizzo politico
Analisi di David Elber
Ogni volta che il governo di Israele annuncia nuovi piani urbanistici a Gerusalemme, in Giudea/Samaria o sulle alture del Golan si scatenano le immancabili reazioni mediatiche in Europa e negli USA. Come esempio, si può riportare una autentica perla apparsa sulla pagina Facebook della rivista Limes di qualche tempo fa. La breve è apparsa così: “Israele costruirà due nuovi insediamenti nel Golan, con l’obiettivo di raddoppiare la popolazione di coloni ebrei residenti nel territorio siriano occupato nel 1967 e annesso di fatto nel 1981“. In poche righe – senza dire nulla di palesemente falso – questa pubblicazione ha la capacità intenzionale di deformare la realtà dei fatti per dare al lettore l’impressione che Israele stia compiendo qualcosa di illegale. Proviamo a focalizzarci sull’utilizzo di alcuni termini: “nuovi insediamenti”, “raddoppiare la popolazione di coloni ebrei”, “territorio siriano occupato nel 1967”. Sono tutte associazioni di parole che prese singolarmente non hanno nulla di sbagliato in sé ma come sono state contestualizzate e “montate” nella frase assumono una connotazione volutamente negativa e accusatoria. Mostreremo con un esempio analogo come si può riconfigurare la fattualità in modo programmaticamente artificioso. Immaginate di trovare scritto su un giornale una breve che descriva un piano governativo di sviluppo del Trentino Alto Adige formulato in questi termini: “l’Italia costruirà due nuovi insediamenti in Tirolo con l’obiettivo di raddoppiare la popolazione di coloni italiani residenti nel territorio austro-ungarico occupato nel 1918 e annesso di fatto nel 1920”. Nulla di quanto scritto è in sè palesemente falso ma si è non di meno alterato la realtà dei fatti per dare allo scenario una connotazione di illegalità. Faremo, invece, qui chiarezza sulla piena legalità della sovranità israeliana sulle alture del Golan. Se ci limitiamo alla loro storia degli ultimi 100 anni, possiamo vedere che queste alture strategiche (sia dal punto di vista militare che idrico) furono molto contese durante la formulazione dei Mandati di Palestina e Siria. Inizialmente fecero parte del Mandato per la Palestina (1920-1923) dal quale è nato lo Stato di Israele. In seguito, dopo grandi pressioni diplomatiche francesi, con l’accordo anglo francese del 7 marzo 1923 questo plateau fu annesso al Mandato per la Siria.
Quando la Siria divenne pienamente indipendente nel 1943, le alture ne erano parte integrante del territorio. Ne consegue che, per la norma dell’ uti possidetis iuris, questo territorio era sotto piena sovranità siriana. Nel 1948 con la nascita dello Stato di Israele, le alture del Golan furono utilizzate dalla Siria per invadere il nascente Stato ebraico. La guerra fu un palese atto di aggressione e di conseguenza un atto illegale per il diritto internazionale in aperta violazione dell’Art. 2 dello Statuto dell’ONU. I siriani furono sconfitti ma non vollero firmare un trattato di pace, ma solo un accordo per il cessate il fuoco. Nel 1967 il Golan fu nuovamente utilizzato dai siriani per aggredire militarmente Israele. Ancora una volta fu un atto illegale di aggressione. Questa volta, però, la vittoria di Israele fu più netta e permise allo Stato ebraico di conquistare le Alture. Già poche settimane dopo la vittoria nella Guerra dei Sei Giorni (e sotto grandissime pressioni internazionali), Israele si mostrò disposto a ritirarsi dal territorio occupato in cambio di un trattato di pace. La risposta della Siria, come di tutti gli altri Stati arabi, arrivò dopo la Conferenza di Khartoum del settembre 1967: “no alla pace con Israele”, “no al riconoscimento di Israele” e “no a negoziazioni con Israele”. Questa posizione della Siria non cambiò neanche successivamente all’entrata in vigore della Risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza nel novembre dello stesso anno, con la quale si poneva fine alle ostilità della Guerra dei Sei Giorni. Il dibattito all’ONU e il testo della Risoluzione 242 mostrarono inequivocabilmente come Israele fosse l’aggredito e non l’aggressore. Una nuova aggressione illegale siriana avvenne nell’ottobre del 1973 e anche questa volta l’esercito siriano fu sconfitto. Un nuovo accordo per il cessate il fuoco fu raggiunto nel 1974 ma la Siria ha continuato a rifiutarsi di intavolare delle trattative di pace rimanendo allineata ai tre no di Khartoum nonostante la Risoluzione 338 del C.d.S ribadisse quanto espressamente sancito con la Risoluzione 242.
Così, il governo israeliano, vista l’impossibilità di trattare con quello siriano e trascorsi numerosi anni dall’occupazione del Golan, nel 1981 decise di estendere la propria sovranità sulle alture. Appare evidente da quanto esposto che l’occupazione del Golan da parte di Israele è perfettamente legale per il diritto internazionale sia per i ripetuti atti di aggressione armata da parte della Siria, sia per il suo reiterato rifiuto nei confronti di ogni soluzione concordata tra le parti fin dal settembre 1967. A distanza di oltre 50 anni dalla Guerra dei Sei Giorni, rimane solo da stabilire se l’annessione israeliana del 1981 è compatibile con i principi del diritto internazionale. Questo punto è molto controverso e non trova unanimità di pareri tra i giuristi, anzi la maggior parte di essi è dell’opinione che questo atto sia illegale. Ma su cosa si basa questa opinione? Su nessuna legge internazionale formalizzata ma semplicemente su un principio generale e astratto che dichiara “l’inammissibilità di acquisizione territoriale tramite la guerra”. Questo principio è espresso anche nella Risoluzione 242. La domanda da porsi è: questo principio generale, in caso di guerra difensiva, quando lo si è applicato ad un qualsiasi conflitto avvenuto nel mondo? La risposta è, mai una sola volta. In pratica non esiste nessun caso al mondo di uno Stato che sia stato aggredito da un altro Stato e a cui sia stato imposto di ritirarsi sui confini precedenti al conflitto. Questo principio lo si vuol applicare unicamente nei confronti di Israele. Altri “esperti” sostengono una “variante” del principio in questione. La tesi è la seguente: è vero che in passato ci sono state molte guerre e chi ha vinto ha acquisito dei territori degli Stati sconfitti ma in questi casi l’annessione è stata sancita tramite trattati di pace vincolanti, quindi legittimati dal diritto internazionale, nel caso di Israele non esiste nessun trattato di pace concordato tra le parti. Anche questa tesi però è assai debole e varrebbe solo per Israele. E’ debole perché non tiene conto del fatto che è la Siria lo Stato, ripetutamente, aggressore ed è anche lo Stato che si rifiuta categoricamente di intavolare trattative di pace da oltre 50 anni. Quindi è la Siria lo Stato doppiamente colpevole di questo stato di cose. Inoltre, la comunità internazionale non ha fatto nulla in suo potere (Art. 51 dello Statuto ONU) per dirimere la questione. Accusare Israele di “occupazione illegale” a distanza di oltre 50 anni dalla guerra è del tutto pretestuoso e ingannevole e non ha basi legali ma solo ragioni politiche.
Secondo il diritto internazionale il principio di occupazione, come disciplinato con la Convenzione dell’Aia del 1907, è applicabile a situazioni “temporanee” nel tempo anche se non è specificato un arco temporale definito. Perciò invocare il principio di “occupazione” a distanza di oltre 50 anni dagli avvenimenti e soprattutto dopo che l’aggressore (la Siria) si rifiuta di trattare la pace è del tutto pretestuoso nonchè implausibile. Esistono casi nel mondo simili a questo che possono essere considerati come prova di una pratica generale accettata come diritto? Cioè come diritto internazionale consuetudinario. Si, ed è il caso delle isole Curili annesse dall’Unione Sovietica nel 1945. L’annessione di questo arcipelago appartenuto al Giappone non è mai stata ratificata con un trattato di pace tra i due paesi. Però nessuno al mondo ha mai messo in discussione la validità dell’annessione sovietica benché la Russia “occupi” da 77 anni le isole, così come mai nessuno si riferisce a quella parte di territorio russo come “territorio giapponese occupato”. E’ prassi di giornali, opinionisti o sedicenti esperti dipingere le cose non per come sono effettivamente ma unicamente in base a una agenda ideologica il cui scopo è quello di alterare i fatti, di deformare la realtà. L’importante è che Israele appaia il reo.