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Il Foglio Rassegna Stampa
13.12.2022 Alain Finkielkraut e la gender culture
Analisi di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 13 dicembre 2022
Pagina: 1
Autore: Giulio Meotti
Titolo: «Alain Finkielkraut e la gender culture»
Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 13/12/2022, a pag. 1, l'analisi di Giulio Meotti dal titolo 'Alain Finkielkraut e la gender culture'.

Informazione Corretta
Giulio Meotti

Alain Finkielkraut: racconto “in prima persona” - Mosaico
Alain Finkielkraut

Roma. Il filosofo ebreo, laico ed eterodosso Alain Finkielkraut in un libro scritto con Élisabeth de Fontenay, “En terrain miné”, scrive che la gender culture è il tentativo di egemonizzare la società sotto una nuova spinta ideologica: “Sono sorpreso per l’assenza di paura per il cambiamento avvenuto rispetto a tutte le umanità precedenti alla nostra, che consideravano una costante antropologica: il trittico del padre, della madre e del figlio. Sono traumatizzato dal disprezzo che rimediano coloro che fanno appello alla prudenza. E medito di continuo questo paradosso: più si allarga il campo del possibile più ci si dirige verso l’uniformazione dei comportamenti”. Ne sa qualcosa una maestra di ballo che la prestigiosa università parigina Sciences Po, dove insegnava da otto anni, ha messo alla porta. A Valérie Plazenet era stato chiesto di sostituire i termini “uomo-donna” con “leader-follower”, per superare quelle antiquate, cisgender e patriarcali distinzioni di genere. Tutto inizia all’apertura dell’anno accademico.

En terrain miné: une amitie conflictuelle : Fontenay, Elisabeth de,  Finkielkraut, Alain: Amazon.it: Libri

Sciences Po aveva deciso di non usare più i termini “uomo” e “donna”. “All’inizio pensavo che avessero messo le categorie in inglese in modo che fossero più comprensibili per gli studenti stranieri”. E contro la nuova nomenclatura, Valérie decide di dividere gli allievi secondo le vecchie categorie. Arrivano le lamentele degli studenti, che parlano di “osservazioni sessiste, degradanti, discriminatorie e razziste”. La docente, racconta il Parisien, si è vista recapitare una lettera dai vertici: “Considerano il suo metodo old school…”. Valérie si rifiuta di sottomettersi a tali ingiunzioni. Spiega loro che la danza è “un’arte della complementarietà” e che la natura fisica e biologica è fatta perché gli uomini ballino i ruoli di uomini e le donne i ruoli delle donne. “Con grande rammarico, ma in accordo con il mio desiderio di preservare la mia arte, il mio insegnamento e la mia libertà di amare la disciplina, non sarò la vostra insegnante di danza nella seconda metà del 2022”, ha scritto agli studenti. Dopo otto anni di servizio a Sciences Po, la docente preferisce andare in pensione piuttosto che sottomettersi agli imperativi del gender. Nella Francia di Voltaire si può dire tutto (o quasi), ma non uomo e donna? La procura di Parigi ha aperto una inchiesta sul giurista di origine armena della Sorbona, Aram Mardirossian, per “incitamento all’omofobia” perché ha difeso il matrimonio naturale. Un gruppo di giuristi ha firmato un appello sul Point contro questa “polizia del pensiero”. Un professore di Filosofia, Philippe Soual, membro della società internazionale di studi su Hegel e del centro Cartesio della Sorbona, si è visto cancellare un corso all’ateneo Jean-Jaurès di Tolosa, dopo che è stato accusato da un’associazione di studenti di essere un “portavoce della Manif pour tous”. E prima il comune di Parigi, poi quello di Lille, hanno cancellato le conferenze delle autrici del libro “La fabrique de l’enfant transgenre”, Caroline Eliacheff e Céline Masson, che al Figaro raccontano: “Una nostra cena-dibattito in un ristorante si è svolta sotto la protezione di due auto della polizia e diversi agenti di scorta”. Masson racconta una situazione allucinante. “Viviamo in un clima di terrore intellettuale dove le accuse esplodono sui social alla minima contraddizione con il discorso mainstream filtrato attraverso il politicamente corretto. Una polizia del pensiero che dà la caccia a coloro che non aderiscono a questo pseudo-progressismo vittimizzato. Siamo al dispotismo socializzato delle minoranze autodeterminate”. Monsieur, Madame, Mademoiselle, Maître, Professeur, Docteur, adieu!

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