Se Putin muore la guerra finisce Commento di Alberto Simoni
Testata: La Stampa Data: 13 dicembre 2022 Pagina: 17 Autore: Alberto Simoni Titolo: «Dal G7 nessuno spiraglio per la pace, Zelensky: 'Se Putin muore la guerra finisce'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/12/2022, a pag.17 con il titolo "Dal G7 nessuno spiraglio per la pace, Zelensky: 'Se Putin muore la guerra finisce' " l'analisi di Alberto Simoni.
Alberto Simoni
Putin
Mosca non vede «un approccio costruttivo» da parte degli Usa e dell'Ucraina e respinge la proposta vaticana di negoziati di pace; Washington da parte sua «non scorge prove che la Russia sia impegnata per la pace». Il rimbalzo delle dichiarazioni fra il viceministro degli Esteri russo Sergei Vershinin e il comunicato del G7 che fa eco alle parole che la Casa Bianca adotta ormai da settimane, sembra chiudere qualsiasi spiraglio affinché Kiev e Mosca riescano a mettere almeno in pausa i combattimenti. Eppure, dietro il muro contro muro, la diplomazia è in fibrillazione. Lo dimostrano il walzer di colloqui che il presidente ucraino Volodymir Zelensky ha avuto domenica - Macron, Erdogan e Biden - e la partecipazione ieri al G7 virtuale organizzato dalla presidenza tedesca. Zelensky si è mosso su un doppio binario: ha chiesto un ritiro delle truppe russe entro Natale e proposto un «summit della pace mondiale» per decidere come e quando «possiamo attuare i punti del nostro piano di pace». Ma dall'altra ha stilato - rito ormai consumato - la lista della spesa militare ringraziando uno a uno i leader per il supporto: «Se l'Ucraina esiste ancora è grazie a voi». «Grazie per il tempestivo apporto», ha detto rivolto alla premier Giorgia Meloni. Ai sette Grandi ha chiesto «carri armati moderni, artiglieria e missili a lungo raggio». Biden domenica sera ha avuto un colloquio telefonico con Zelensky e la nota diffusa dalla Casa Bianca è insolitamente lunga. Il presidente Usa ha assicurato che l'America provvederà ai sistemi d'arma necessari e anche alla difesa anti-aerea, che è la necessità numero uno per Zelensky che si trova un Paese dove il blackout generalizzato - causato da indiscriminati attacchi su infrastrutture civili e la rete elettrica - è considerato un'ipotesi concreta. Sono i droni iraniani a colpire e gli Usa sono determinati a stroncare questo stillicidio per aiutare gli ucraini, colpire Putin e mandare allo stesso tempo un messaggio a Teheran. Ma fra le righe, il comunicato di Biden evidenzia un elemento: ovvero l'apprezzamento per «l'apertura di Zelensky» a negoziati e a una pace da costruire sulle linee e i principi della Carta Onu. In pratica il ripristino della sovranità. Non si scende nei dettagli e quindi sospese restano la questione della Crimea, come la più urgente, ovvero il riconoscimento delle quattro oblast ucraine che Putin vorrebbe. Ma se Washington ha posto l'accento "sull'apertura" di Zelensky è perché un messaggio lo vuole lanciare. D'altronde fino a poche settimane fa, il presidente ucraino non voleva prendere in considerazione di dialogare «fino a quando Putin era al potere». «Se Putin morisse, la guerra sarebbe finita», ha chiosato ancora ieri il leader di Kiev indicando nel capo del Cremlino il solo responsabile della crisi. Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale, già una volta ha invitato il presidente di guerra a evitare questa retorica per non apparire agli occhi dell'opinione pubblica occidentale il "signor no" dei negoziati. Al netto del totale sostegno Usa, le richieste di maggiori pressioni su Zelensky aumentano. Un sondaggio diffuso dall'autorevole Chicago Council on Global Affairs registra che il 47% degli statunitensi vorrebbe che gli Usa forzassero Zelensky a un'intesa, in giugno la percentuale era del 38%. Sia Washington sia Mosca sono consapevoli che il conflitto debba chiudersi in modo diplomatico. Stando al capo degli Stati Maggiori Riuniti Mark Milley, «è improbabile che una delle due parti possa vincere sul terreno». Putin ha cancellato invece la conferenza stampa fiume che tiene ogni anno in dicembre: negli ultimi 21 anni ne ha saltate solo tre. Il G7 si sta preparando comunque a molti scenari. Ieri i Grandi hanno ribadito la condanna della «brutale guerra» di Putin, l'esistenza «di crimini di guerra», il sostegno militare a Kiev, ma hanno anche indicato che la sfida passa per la ricostruzione. Oggi a Parigi ci sarà la conferenza internazionale, nel gennaio del 2023 i Paesi donatori si incontreranno e in luglio a Londra ci sarà la Ukraine Recovery Conference. Meloni ha sottolineato che «si deve iniziare a pianificare la ricostruzione dell'Ucraina». Le tappe sono scandite. E nel frattempo per spingere Mosca verso il dialogo si tiene il bastone militare e delle sanzioni pronto a colpire.
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