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La Repubblica Rassegna Stampa
13.12.2022 Il ritorno di Stalin
Commento di Andrea Romano

Testata: La Repubblica
Data: 13 dicembre 2022
Pagina: 20
Autore: Andrea Romano
Titolo: «Per punire i 'sabotatori' una proposta di legge che esce dai manuali staliniani»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 13/12/2022, a pag. 20, con il titolo "Per punire i 'sabotatori' una proposta di legge che esce dai manuali staliniani", il commento di Andrea Romano.

Putin's stark similarities to Stalin laid bare - 5 key connections |  Politics | News | Express.co.uk
Vladimir Putin con un ritratto di Stalin

Il regime di Putin prepara una nuova stretta repressiva, provando a blindarsi dinanzi al pericolo che possano diffondersi crepe interne al suo sistema di potere, logorato dalla resistenza ucraina all’aggressione militare e dal conseguente malcontento per l’andamento dell’“operazione speciale”. Una stretta repressiva che attinge al vasto serbatoio dei reati immaginari di epoca sovietica, quando dissidenti e oppositori erano rinchiusi negli ospedali psichiatrici con diagnosi di “schizofrenia paranoide”. E se a Teheran si viene impiccati con l’accusa di aver mosso “guerra contro Dio”, in Russia rischierà pene che possono arrivare fino all’ergastolo chiunque sia riconosciuto responsabile di «promuovere, istigare, finanziare o realizzare attività di sabotaggio». È questa la sostanza della proposta di legge presentata alla Duma da tutti i parlamentari del partito putiniano Russia Unita e da numerosi rappresentanti di altre forze politiche. Primo firmatario e principale sponsor è Vjacheslav Volodin. Oggi presidente della Duma e in passato stretto collaboratore di Putin e poi segretario generale di Russia Unita, Volodin è colui che normalmente confeziona le soluzioni politiche e parlamentari necessariea dare legittimità formale alle operazionidi regime. In questo caso la chiave della stretta repressiva è nella definizione di “sabotaggio” intorno a cui è costruita la proposta di legge. Una definizione ripresa dal linguaggio militare, quella di “diversione” o “attività diversiva” (“diversija ”, “diversionnaja dejatel’nost ’”), con la quale si intende formalmente una manovra volta a trarre in inganno le forze del nemico o a minarne le capacità di combattimento. Ma nella pratica della storia russo-sovietica, con quel termine sono state tradizionalmente bollate un ampio numero di attività e soggetti, singoli o collettivi, considerati ostili al regime. In epoca staliniana l’accusa di promuovere “attività diversive” fu mossa contro centinaia di migliaia di vittime delle repressioni: ad esempio nel telegramma segreto inviato da Stalin a tutte le strutture del partito bolscevico il 2 luglio 1937, tristemente celebre perchéconsiderato l’avvio formale del Grande Terrore, si raccomandava tra l’altro di colpire “gli istigatori di ogni genere di crimine antisovietico e di atti di diversione tanto nei kolchoz e nei sovchoz quanto nei trasporti e in alcuni settori dell’industria”. Successivamente, nei decenni del “socialismo reale”, il termine si sarebbe dilatato fino a comprendere qualunque affermazione pubblica sospettata di essere contaminata dall’Occidente: “L’attività ideologica diversiva — si leggeva fino ai primi anni Ottanta nel Dizionario dell’Accademia delle Scienze dell’Urss — è una forma provocatoria di propaganda degli Stati imperialistici diffusa dalla stampa, dalla radio o dalla televisione e rivolta contro gli Stati socialisti”. La proposta di legge promossa da Volodin — destinata con tutta probabilità a essere approvata rapidamente dalla Duma — prende particolarmente di mira le attività associative, a cui riserva la maggiore dose di severità: «La creazione di associazioni dedite ad attività diversive è punita con l’ergastolo », vi si legge, indipendentemente dagli effetti reali degli atti di “sabotaggio” su cose o persone. Così come nello stesso provvedimento è previsto un ulteriore inasprimento della censura sulla stampa e sulla rete, con l’obbligo di «bloccare qualsiasi materiale informativo che contenga notizie, appelli o istruzioni utili ad attività diversive». È un salto di qualità nella strumentazione repressiva del putinismo, oltre che un richiamo diretto al linguaggio delle stagioni più sanguinose del regime sovietico, che segnala l’apertura di una nuova fase nel confronto tra il Cremlino e la società russa. Una società nella quale — se anche il consenso per il potere rimane ufficialmente stabile, per quanto possa essere misurato il consenso a una dittatura che controlla sia i mezzi di comunicazione che gli strumenti di rilevamento dell’opinione pubblica — continuano i gesti dimostrativi che prendono di mira il regime. E si fanno circolare informazioni clandestine su forme di resistenza che, in assenza di una più classica opposizione democratica, potrebbero in futuro anche diventare una minaccia alla sopravvivenza del putinismo.

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