Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Scandalo a Bruxelles Commento di Stefano Cappellini
Testata: La Repubblica Data: 13 dicembre 2022 Pagina: 8 Autore: Stefano Cappellini Titolo: «Mazzette, affari e lobby la questione morale che agita la sinistra»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 13/12/2022, a pag. 8, con il titolo "Mazzette, affari e lobby la questione morale che agita la sinistra", il commento di Stefano Cappellini.
Antonio Panzeri
Ci sono buone probabilità che Antonio Panzeri, esponente di Articolo uno, avrebbe partecipato al congresso costituente del nuovo Pd nel fronte di quanti invocano un cambio di nome: da Partito democratico a Partito del lavoro. Premura perfino coerente per un ex sindacalista della Cgil, sebbene ora accusato di aver intascato tangenti per coprire, tra le varie cose, anche e proprio le ciclopiche violazioni dei diritti dei lavoratori in Qatar. Si può fondare una ong sui diritti umani, come Panzeri, e prendere soldi dal regime qatariota? Si può usare la credibilità delle idee socialdemocratiche a vantaggio di chi calpesta lo Stato di diritto? E soprattutto: perché un politico, che ha una tessera di partito, sente il bisogno di combattere le sue battaglie tramite una ong? Non sarà già qui il baco o l’imbroglio? La ong di Panzeri, la Lega di Soumahoro, le fondazioni proliferate a margine e a valle di partiti, leader e leaderini, correnti e spifferi. Ma anche le consulenze spericolate e le intermediazioni degli ex leader della sinistra, sia quelli con pose capitaliste sia quelli con pose anticapitaliste, tutto legale, per carità, ma anche impresentabile, giù a scendere verso le storie più basse, le mazzette nelle tasche, e quelle più oscure, le banconote sotto la cuccia del cane.
Nicola Oddati, responsabile dell’organizzazione delle Agorà dem, è stato fermato all’inizio dell’anno con addosso 14 mila euro in contanti. Secondo i pm che lo hanno incriminato era una delle cinque rate di tangenti incassate per favorire un imprenditore interessato ad aggiudicarsi lavori di riqualificazione a Pozzuoli. La bio online di Oddati lo descrive laureato in Scienze Economiche, «La teoria della moneta in Marx e Keynes». La reputazione conta più delle idee. La struttura più della sovrastruttura, appunto. Questa vicenda bruxellese di mazzette e politici di sinistra al servizio di regimi stranieri ma liquidi sembra fatta apposta per alimentare gli istinti anti-intellettualisti di chi fa una gran fatica a credere che al congresso dem si prepari davvero un scontro di idee sull’ordo-liberismo, keynesiani di qua e friedmaniani di là, dirigisti contro mercatisti, o magari berlingueriani contro craxiani. I problemi più urgenti sembrano altri. Dice a Repubblica un politico esperto e intellettualmente onesto come Gianni Cuperlo: «La reazione non è di sconcerto o imbarazzo, ma di vergogna. Si è innocenti fino a prova contraria, ma il punto non è lì, in un garantismo da difendere sempre. Il tema è la questione morale che investe la sinistra e che nessuna ipocrisia o rimozione può fingere di non vedere. Partiti deboli, culture politiche sempre più fragili e classi dirigenti catturate dall’ansia di rinnovare il proprio ruolo e potere hanno prodotto una democrazia più screditata e vulnerabile. Spero che il nostro congresso non rimuova il tema». Enrico Letta, segretario uscente e arbitro della sfida congressuale, promette a Repubblica : «Tratteremo questa vicenda con la massima inflessibilità». Promessa che rischia di non restare solo sulla carta. Agli atti dell’inchiesta c’è una mail dell’eurodeputato dem Andrea Cozzolino, non indagato, che si è battuto contro le censure al Qatar ed è ma questa è un’altra storia, si spera uno dei tre eurodeputati del Pd che pochi giorni fa si sono rifiutati di votare la risoluzione dell’Europarlamento contro la Russia Stato terrorista. Cozzolino si è sospeso dagli incarichi che riguardano affari internazionali, qualunque cosa significhi e fanno sapere dal gruppo del Pd - potrebbe presto autosospendersi dal gruppo. Rischia invece il licenziamento Francesco Giorgi, ex assistente di Panzeri, ora di Cozzolino, e fidanzato della deputata socialista greca Eva Kaili, accusata di aver intascato a sua volta tangenti. Gli inquirenti belgi hanno sequestrato il cellulare di Davide Zoggia, membro dello staff dell’europarlamentare dem Pietro Bartolo e del capogruppo a Strasburgo Brando Benifei. Zoggia, non indagato, ex parlamentare del Pd, fu dirigente di punta ai tempi della segreteria di Pier Luigi Bersani. Dice Benifei: «Dato lo schifo che sta emergendo, sono contento di aver portato la delegazione che guido a tenere una posizione molto dura nelle votazioni sul Qatar». Dice Pina Picierno, vicepresidente dell’Europarlamento: «Una vicenda orrenda e immorale. Ora è il tempo della responsabilità e delle riforme, occorre dotare il Parlamento di nuovi strumenti per evitare le porte girevoli tra ex deputati e portatori di interessi. Dobbiamo evitare che tutto questo accada ancora». Il tema delle porte girevoli chiama in causa anche vicende che nulla hanno di giudiziario ma molto di affine: tra risciacquare i panni del Qatar dietro pagamento occulto e illegale e risciaquare quelli dell’Arabia Saudita dietro regolare bonifico rischia di esserci una differenza indiscutibile a livello penale e impercettibile a livello politico. La consulenza che Massimo D’Alema, punto di riferimento di Panzeri già ai tempi del Pd, sta fornendo al gruppo di investitiori del Qatar interessati a rilevare la raffineria di Priolo, ha ispirato un’amara riflessione al vicesegretario dem Peppe Provenzano: «Vedere ex leader della sinistra fare i lobbisti in grandi affari internazionali non è solo triste, dice molto sul perché le persone non si fidano, non ci credono più». E dunque, quando D’Alema interviene nel dibattito pubblico, chi parla? Il militante di Articolo uno o il procacciatore di affari? Quando Renzi vota in Senato su affari esteri prevale il mandato degli elettori o la consulenza del principe Mohammad bin Salman? Claudio Velardi, che con D’Alema ha lavorato ai tempi di Palazzo Chigi, e che di professione fa appunto il lobbista, ammette che «c’è un problema di opportunità quando Renzi è costretto a difendersi dicendo che non c’è una norma che lo vieti». Aggiunge: « Noi lobbisti stiamo organizzando per gennaio una giornata di studio sul tema politica-interessi-lobbying». Ieri, dopo un lungo silenzio, ha deciso di parlare anche il segretario d i Articolo uno Roberto Speranza: «Il quadro che emerge dall’indagine in corso a Bruxelles ci indigna profondamente. Articolo uno è parte lesa in questa gravissima vicenda. Siamo scioccati dalle ricostruzioni di queste ore». Figuriamoci gli elettori.
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