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La Stampa Rassegna Stampa
12.12.2022 'Vogliamo la fine del regime assassino'
Fiamma Arditi intervista Shirin Neshat

Testata: La Stampa
Data: 12 dicembre 2022
Pagina: 19
Autore: Fiamma Arditi
Titolo: «'Vogliamo la fine del regime assassino, il tempo delle mediazioni è finito'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 12/12/2022, a pag.19, con il titolo 'Vogliamo la fine del regime assassino, il tempo delle mediazioni è finito' l'intervista di Fiamma Arditi.

Shirin Neshat - Wikipedia
Shirin Neshat

In questi ultimi giorni gli iraniani hanno fatto sciopero in tutto il Paese. Hanno chiuso negozi, bazar, industrie. La protesta dalle strade si è allargata a macchia d'olio. Giovani artisti, hanno continuato ad esibirsi all'aperto, autisti di camion si sono ammutinati, anche chi non protesta apertamente dimostra solidarietà e ognuno a modo proprio si impegna a fare dilagare la rivolta contro un regime autoritario che massacra, tortura ed uccide i propri cittadini. Il governo risponde con minacce oltre che con assassinii. Un ragazzo che suonava il clacson della sua macchina per celebrare, in segno di protesta al regime, la sconfitta della squadra di calcio ai mondiali di Doha in Qatar, è stato freddato dalla polizia con una pallottola alla testa. Le ragazze che protestano vengono arrestate, stuprate, torturate nelle prigioni. Shirin Neshat, l'artista iraniana, che vive negli Stati Uniti del 1978, nel suo studio di Brooklyn, parla di questo momento storico del suo Paese, in cui le donne sono in prima linea per smantellare l'autocrazia dei Mullah. «Siamo ammirati da come tutto il Paese è in sciopero in maniera compatta - conferma -. Questi ultimi giorni sono cruciali: nonostante le atrocità perpetrate dal governo la gente continua a ribellarsi. E le comunità iraniane nel mondo fanno pressione per chiudere le ambasciate iraniane all'estero».

Women's protests overshadow Iran's World Cup loss | AP News

I giovani sono in prima linea. «Nel 1953 tre ragazzi dell'Università di Teheran furono uccisi dalla polizia di Reza Pahlavi perché protestavano per la visita di Richard Nixon, allora vicepresidente degli Stati Uniti, che avevano contribuito a spodestare il governo di Mossadegh. E da allora li ricordiamo. Anche o sono i giovani, le ragazze il bersaglio della polizia. Subiscono una quantità indescrivibile di intimidazioni. Vengono torturati, violentati e quando escono spesso si suicidano. Ma niente basta a fermarli. Tutto questo è eccitante e allo stesso tempo raccapricciante».

Ha notizie dirette ogni giorno dal suo Paese? «Certo, ma spesso i nostri amici artisti non possono parlare per paura che i loro telefoni siano controllati. La sensazione di tutti comunque è che la situazione cambierà. Nel frattempo, la vita comune continua: i bambini vanno a scuola, la gente lavora. Tutti sono ottimisti: le cose non torneranno indietro».

Cosa c'è di diverso oggi rispetto al 2009 quando scoppiò il Movimento Verde, che poi dilagò nella Primavera Araba? «Questo è molto più radicale, oltre al fatto che è il primo movimento di protesta delle donne. Allora molti iraniani credevano nella riforma. Nel governo stesso c'erano molti membri riformisti. Protestavano contro la frode di Mahmoud Ahmadinejad per essere rieletto. La gente sperava che una riforma del governo corrotto bastasse. Oggi non ne vuole più sapere di questo governo barbarico e terrorista. Lo vuole smantellare. I giovani vogliono separare la religione dalla politica. Non sono contro la religione, ma vogliono possa essere una libera scelta».

In che modo la Repubblica islamica ha colpito la sua vita? «Mi ha separata dalla mia famiglia. Durante questi quarantatré anni di potere il governo dei Mullah è sceso così in profondità, ha ignorato i diritti umani in maniera così radicale che i giovani non possono immaginare di vivere la loro vita così. Sono i ragazzi, le ragazze di oggi che vogliono sradicare questo potere infernale. Dobbiamo sostenerli in qualsiasi modo possiamo».

Come ha contribuito col suo lavoro a fare crescere e dilagare questa protesta? «Confesso che non vorrei usare il mio lavoro per farlo, ma quando me lo chiedono non me la sento di rifiutare. Moon Song, una foto della mia prima serie di fotografie, Donne di Allah, ai primi di ottobre è stata proiettata in gigantesco formato digitale a Piccadilly Circus a Londra e a West Hollywood a Los Angeles, dove ci sono grandi comunità iraniane. A Berlino, Klaus, Biesenbach, direttore della Neue Nationalgalerie ha fatto installare davanti al museo, il 29 e il 30 ottobre una enorme immagine della foto Unveiled. A Roosvelt Island, in mezzo all'East River, di fronte alle Nazioni Unite, il 28 novembre, nella mostra Eyes on Iran hanno scelto la riproduzione ingrandita della foto Offered Eyes, del 1993, per riprodurla sul pavimento del parco. Assieme a tanti artisti, scrittori, direttori di musei, da Marina Abramovich, a Cindy Sherman, Orhan Pamuk , Isabella Rossellini, abbiamo firmato una petizione per l'Iran. È la prima volta che sono così attiva nella protesta, del resto se lo aspettano da me e non ho scelta. Voglio mostrare la mia solidarietà».

Lo aveva fatto anche durante la rivoluzione verde. «Sì, ma adesso sono molto più attiva, do decine e decine di interviste a giornali e televisioni nel mondo. Il sessanta per cento del mio tempo adesso lo dedico a questo. Poi partecipo ogni volta che qui a New York c'è una protesta per strada. Dal 16 settembre, quando Mahsa Amini, a ventidue anni, è stata assassinata dalla polizia religiosa, sono esplose in Iran e dilagate nel mondo intero al grido Woman, Life, Freedom (Donna, Vita, Libertà)».

Che origine ha questo mantra della rivoluzione? «Fu usato per la prima volta nel 2000 dalle donne curde, che protestavano contro le persecuzioni in Iran, Iraq, Turchia, Siria. Era stato inventato da Abdullah Ocalon, leader del movimento curdo dei lavoratori (Pkk) ed è diventato virale. Si è trasformato in slogan della solidarietà per i diritti umani delle donne». Nel suo lavoro il tema del corpo femminile come campo di battaglia per il potere degli uomini è ricorrente «Il mio ultimo video The Fury e la serie di 19 fotografie con lo stesso titolo, che il 26 gennaio saranno in mostra alla galleria Gladstone di New York, parlano di questo. I corpi nudi delle donne suggeriscono da un lato bellezza e vulnerabilità, dall'altro raccontano il trauma e la violenza subita nelle prigioni iraniane. Sono allo stesso tempo oggetto del desiderio e bersaglio da colpire. Coniugano erotismo e violenza. La mostra poi viaggerà a Stoccolma, Berlino, Londra».

Cosa ha di vero la notizia che Mohammed Jaffar, procuratore generale del governo iraniano avrebbe annunciato che la polizia della morale, creata nel 2006, potrebbe essere smantellata? «È assolutamente falsa, messa in giro per distrarre l'attenzione dal movimento. Mentono mentre continuano a fare arrestare, stuprare, torturare ed ammazzare gli innocenti. Non vogliamo nessuna mediazione, vogliamo solo la fine di questo governo».

Cosa pensa della posizione del governo americano? «Dopo Obama, col patto anti-nucleare, Trump che aveva fatto assassinare Qasem Soleimani, l'orrendo leader della guardia rivoluzionaria, braccio destro del presidente Ali Khamenei, Biden ha aperto di nuovo le negoziazioni con l'Iran. Noi siamo assolutamente contrari. Non bisogna avere relazioni diplomatiche con questo regime di assassini».

Quali sono le principali fonti di informazione che ritiene attendibili? «Guardo senza sosta i canali Iran International, Bbc Persia, Manoto, che da Londra e da Washington trasmettono notizie in farsi su quello che sta succedendo nel nostro paese. Cnn qui in America ha fatto un ottimo lavoro. Poi seguo i fatti e li denuncio anche su Instagram, ma è pericoloso, non sai mai se quello che vedi e che leggi sia attendibile o no».

In tutto questo non ha mai bisogno di silenzio? «Certo. Ultimamente sono affaticata. Quando vedo tutto quello che succede mi sento paralizzata e coinvolta allo stesso tempo. È di stamattina la notizia che hanno giustiziato Mohsen Shekari, colpevole a 23 anni di essere sceso in strada a protestare. Il nostro governo non ha capito che piu' atrocita' commette e più fomenta la rivolta. Sappiamo che per ogni assassinio ci sono altre mille persone pronte a morire per sradicare la repubblica islamica».

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