Testata: La Repubblica Data: 09 dicembre 2022 Pagina: 16 Autore: Anna Lombardi Titolo: «Orrore a Teheran: impiccato un ribelle. La polizia spara sui genitali delle donne»
Riprendiamo daREPUBBLICAdi oggi, 09/12/2022, a pag.16 con il titolo "Orrore a Teheran: impiccato un ribelle. La polizia spara sui genitali delle donne", la cronaca di Anna Lombardi.
Anna Lombardi
Mohsen Shekari
Lo hanno impiccato ieri all’alba dopo averlo giudicato colpevole dimoharebeh, “inimicizia verso Dio”: un delitto previsto dalla sharia iraniana che punisce chi “offende l’Islam” o, più semplicemente, lo Stato islamico. Il primo dei circa 28 rivoltosi condannati alla pena capitale dal tribunale degli ayatollah ad essere effettivamente giustiziato per aver partecipato alle proteste seguite alla tragica fine di Mahsa Amini – la 22enne picchiata a morte dalla polizia morale iraniana perché non indossava “correttamente” il velo – si chiamava Mohsen Shekari, aveva 23 anni, lavorava in una caffetteria e amava i videogiochi. Ce ne restituisce il volto e un brandello di storia un amico, il “digital creator” Bob Aghebati, con un drammatico messaggio postato su Instagram, uno di quei social proibiti nel Paese che i giovani iraniani continuano ad utilizzare, aggirando le censure agganciandosi ai vpn. «Sono stato suo compagno di cella per 20 giorni nell’infame carcere di Evin», scrive. «Stamattina ho saputo della morte di Moshen e ora mi esplode il cervello. Mi parlava del suo amore per i videogiochi fin dal mattino. E della sua solitudine. Era gentile. Mi offriva sempre il suo cibo. Dopo l’ultimo interrogatorio mi portò pure una Coca Cola. Vorrei fosse ancora fra noi, tornato a preparare i suoi caffè. Vorrei non aver saputo della sua morte che ora mi fa odiare il mio essere vivo...». Mohsen era stato arrestato il 25 settembre, nei primi giorni di mobilitazione, con l’accusa di aver partecipato al blocco di via Sattar Khan, una delle arterie principali di Teheran, e in quell’occasione di aver colpito con un coltello un agente alle scapole. La condanna a morte era stata pronunciata il 10 novembre, e la Corte Suprema l’aveva confermata, rigettando l’appello. Ieri lo hanno condotto al patibolo senza nemmeno permettergli di rivedere i familiari. «Un processo farsa», tuona Iran Human Rights dalla sede in Norvegia. Col direttore Mahmood Amiry- Moghaddam a chiedere la risposta della comunità internazionale: «Bisogna reagire subito». Usa, Ue e i vari governi, compreso quello Meloni, condannano il regime. Amnesty International da giorni avverte che in tanti corrono lo stesso rischio di Shekari. Le proteste hanno provocato circa 18mila arresti, e una trentina sono già stati condannati a morte. «Le sentenze emesse saranno eseguite», conferma il capo della Giustizia Gholam-Hossein Mohseni-Eje’i. Fra i condannati, per ora, non c’è l’allenatrice della squadra di pallavolo Fahimeh Karimi, accusata di aver dato un calcio a un poliziotto, già compagna di cella della blogger romana Alessia Piperno (arrestata a fine settembre e poi rilasciata 40 giorni dopo). Lo dice l’Ufficio per le pubbliche relazioni del tribunale di Pakdasht: «Il caso è ancora oggetto di indagine, finora nessuna sentenza è stata emessa». All’indignazione per la morte di Shekari si aggiungono le scioccanti rivelazioni di un’inchiesta condotta dalGuardian, che ha parlato con dieci fra medici e infermieri impegnati a curare clandestinamente – e in condizioni disperate – i rivoltosi, costretti a evitare gli ospedali perché rischierebbero l’arresto. Raggi X alla mano (pubblicati dal giornale britannico), i sanitari hanno dimostrato che in piazza i miliziani Basij – che hanno già ucciso più di 30 persone compresi 40 minori – sparano a distanza ravvicinata con fucili caricati a pallini di metallo e plastica simili a quelli utilizzati per dare la caccia agli uccelli. E mirano a seconda di chi hanno davanti. Se gli uomini vengono infatti feriti soprattutto agambe, schiena e natiche, le donne sono invece colpite al volto, al seno e ai genitali. Mentre si mira indiscriminatamente agli occhi, come afferma la circostanziata denuncia firmata da 400 oftalmologi iraniani, secondo cui già almeno mille persone hanno perso così la vista. Reazioni estreme di un regime disposto a tutto pur di sopravvivere. Ma che secondo fonti diplomatiche citate da Iran International, network dell’opposizione con sede a Londra, sta già pensando a come mettere i suoi membri in salvo, se la situazione precipitasse. Trattative sarebbero in corso con il Venezuela, e già a ottobre una delegazione iraniana avrebbe visitato Caracas per discutere l’eventuale concessione d’asilo a funzionari di alto rango, nel caso che le proteste finissero per costringerli alla fuga.